SALVO PALAZZOLO (La Repubblica)
Arrivano i
carabinieri al Comune di Corleone, su ordine della Direzione distrettuale
antimafia di Palermo. I militari sono alla ricerca di riscontri agli spunti
emersi dalle intercettazioni. Le microspie hanno registrato i boss mentre
parlavano di lavori pubblici, ma anche di rapporti con esponenti della giunta
diretta da Lea Savona. Top secret il contenuto degli atti richiesti dai
carabinieri del nucleo Investigativo di Monreale e dai colleghi della Compagnia
di Corleone, sembra però che le indagini del pubblico ministero Sergio Demontis
stiano approfondendo alcuni aspetti dell'appalto per la ristrutturazione del
campo sportivo. In quella struttura, il custode era davvero particolare,
quell'Antonino Di Marco che faceva il capomafia di Corleone. E proprio Di Marco
parlava con l'allora assessore ai Lavori pubblici Ciro Schirò, sollecitando
alcune assunzioni. In un'altra intercettazione, allegata agli atti
dell'inchiesta che venerdì ha portato a sei arresti, Di Marco si vantava
addirittura di avere «un canale di collegamento diretto con il capo ufficio
tecnico di Corleone - così è scritto nel provvedimento di fermo della procura -
il dirigente lo avrebbe tenuto costantemente aggiornato sui nuovi appalti edili
banditi dal Comune».
È il capitolo più riservato dell'inchiesta, che ripercorre
le relazioni dei mafiosi con la politica e con la burocrazia. E al centro
dell'inchiesta resta il fratello del sindaco Lea Savona, Giovanni, che nelle
intercettazioni è stato sorpreso a parlare con il boss di Chiusa Sclafani
Vincenzo Pellitteri.
Intanto, la
pubblicazione delle intercettazioni su Repubblica ha provocato un terremoto al
consiglio comunale di Corleone. Lunedì sera, si è tenuta una seduta
straordinaria dell'assemblea. I sei consiglieri del Pd, all'opposizione,
chiedono le dimissioni del primo cittadino. «Il caso Corleone deve diventare
questione nazionale», dice il consigliere Dino Paternostro, memoria storica del
movimento antimafia. Di sicuro, oggi, del caso Corleone si occuperà la segreteria
provinciale del Partito Democratico. Prosegue Paternostro: «L'indagine della
magistratura ha messo in evidenza fatti gravi, che potrebbero anche portare
allo scioglimento dell'amministrazione per il rischio di infiltrazioni
mafiose». Ma il sindaco non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro.
L'ha ribadito in un'intervista a Tele Jato: «Nessuno metta in discussione il
mio impegno antimafia», dice. E difende il fratello, sorpreso dalle
intercettazioni a incontrare il boss Pellitteri. «Chi lo sapeva che era un
mafioso? Ufficialmente era solo un esponente della Coldiretti e mio fratello è
titolare di un laboratorio caseario».
Le
intercettazioni sono una vera miniera per chi indaga. Anche per decifrare gli
ultimi equilibri di mafia. Nel corso di un dialogo, un esattore della cosca,
Francesco Paolo Scianni, diceva al capomafia Di Marco: «Questo Messina Denaro
non può essere mai il capo, perché uno di fuori la provincia... deve essere la
città più grande che c'è nella Sicilia ed hanno il capo ». E insisteva: «È
difficile che fa il capo di tutti, questo mi raccontava Chinuzzo ieri sera».
Chinuzzo è
Rosario Lo Bue, autorevole mafioso di Corleone. Dunque, la fonte
dell'informazione era autorevole.
s.p.
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