L'intervento del sindaco Savona |
L'ARTICOLO DI REPUBBLICA: Marcia indietro del Comune di Corleone
Marcia
indietro del Comune di Corleone non sarà parte civile contro i nuovi boss
È un
processo delicato quello in corso al tribunale di Palermo, perché per la prima
volta a Corleone un imprenditore ha denunciato il pizzo. È il motivo per cui al
palazzo di giustizia si sono presentati i rappresentanti di Addiopizzo, del
centro Pio La Torre, dell'associazione antiracket Paolo Borsellino e della Fai,
la federazione antiracket italiana. Tutti oggi parte civile contro l'impiegato
del Comune di Corleone che interpretava alla perfezione il ruolo di temuto
boss. Tutti tranne l'amministrazione comunale. E in udienza, il pubblico
ministero Sergio Demontis l'ha sottolineata questa assenza durante la sua
requisitoria. «Dispiace non vedere le amministrazioni interessante », ha detto.
E adesso non c'è più tempo per la costituzione di parte civile. Demontis ha già
fatto le sue richieste di pena: 16 anni per Antonino Di Marco, 14 anni per
Pietro Paolo Masaracchia, 12 anni per Nicola Parrino, 10 anni per Franco D'Ugo,
dieci anni per Pasqualino D'Ugo, dieci anni per Ciro Badami, cinque per Antonio
Lo Bosco. In totale, quasi 80 anni di carcere.
Dopo
la requisitoria della procura, toccherà alle parti civili chiedere un
risarcimento. «Sarà un modo per stringerci attorno all'imprenditore che ha
denunciato », dice Vito Lo Monaco, il presidente del centro Pio La Torre.
L'avvocato Ugo Forello, di Addiopizzo, aggiunge: «È un momento davvero delicato
per l'antimafia. Da una parte, qualcuno cerca di fare carriera; dall'altra, c'è
un rinnovato disinteresse. È davvero un segnale negativo la mancata
costituzione di parte civile del Comune di Corleone, che peraltro in questa
vicenda aveva anche una diretta cointeressenza per la presenza di un dipendente
imputato per il reato di associazione mafiosa».
Da
tre anni, il Comune di Corleone è retto da una giunta di centrodestra guidata
da Lea Savona: risultò vincitrice con un vantaggio di 16 voti su Pippo
Cipriani, il sindaco che ha segnato una lunga stagione di impegno antimafia a
Corleone. Proprio con le prime costituzioni di parte civile del Comune nei
processi alla Cosa nostra dei "corleonesi" Totò Riina e Bernardo
Provenzano.
Ragiona
Vito Lo Monaco: «La costituzione di parte civile non può essere portata a
vessillo, da sola non pulisce l'immagine di un'amministrazione. Per un ente
locale, dovrebbe essere piuttosto la logica conseguenza di un impegno concreto
nel quotidiano. In questo senso, la costituzione di parte civile è un atto che
ha un effetto simbolico importante ». Comunque la si voglia intendere
sull'antimafia, nell'aula del tribunale di Palermo dove si processano gli eredi
di Riina e Provenzano (poco importa che non siano sanguinari come loro) il
Comune di Corleone non ci sarà. «Davvero un'occasione mancata — ribadisce Vito
Lo Monaco — esserci nel processo vuole dire anche conoscere a fondo la nuova
mafia che avanza ». Una cosa è certa, i nuovi boss di Corleone avevano una
grande capacità di infiltrazione nella pubblica amministrazione. Di Marco aveva
costituito una sorta di personalissimo feudo nel vicino Comune di Palazzo
Adriano, anche grazie alla complicità di alcuni funzionari. Ma neanche il
Comune di Palazzo Adriano si è costituito parte civile. E neppure la Regione
Siciliana. Eppure, proprio la Regione era «parte offesa». Le intercettazioni
dicono che Antonino Di Marco si diede un gran da fare per le elezioni all'Ars.
Salvo Palazzolo
La Repubblica-Palermo 15.10.2015
Salvo Palazzolo
La Repubblica-Palermo 15.10.2015
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