NICOLA CIPOLLA
L’Assemblea regionale approva la legge
che applica il referendum del 2011: “minimo vitale” di 50 litri a persona e
fondo per i poveri.
Mentre ferve il problematico dibattito suscitato dalla
domanda posta da Norma Rangeri: “C’è vita a sinistra?”, per contrastare il tentativo di Renzi di
trasformare il PD in un partito di centro-destra e modificare la Costituzione
per realizzare in Italia una “democratura”
tipo la Russia di Putin, il quotidiano “Il Manifesto” del 12 agosto a
pag. 2 e 3 ha dedicato un paginone sul grande avvenimento verificatosi all’ARS
(Assemblea Regionale Siciliana) che
riguarda l’approvazione della legge per la ripubblicizzazione della gestione
del servizio idrico, che dimostra che in Sicilia esiste la possibilità di
portare avanti un progetto di avanguardia unico finora in Italia.
C’è quindi sicuramente
vita nella Regione Siciliana. Nelle stesse pagine, accanto all’articolo che
illustra il percorso che ha portato
all’approvazione della legge e all’intervento di Alfio La Rosa del Forum
Siciliano per l’Acqua pubblica e i beni comuni che sottolinea gli aspetti
positivi ma anche i limiti della legge approvata, è stato anche inserito un
articolo, da Reggio Emilia, di Giovanni Stinco dal titolo “Dopo il successo
del referendum oggi il PD ha cambiato idea”
che sottolinea l’azione, che purtroppo sembra avere successo, di Renzi sul PD emiliano per reintrodurre la
privatizzazione dell’acqua malgrado il forte contributo dato dalle popolazione
emiliane al successo del referendum del 12 e 13 giungo 2011. Questa azione di
Renzi ha trovato in Sicilia, però, una vincente
opposizione.
La legge
sull’acqua pubblica ha prodotto il miracolo della resurrezione politica di
Rosario Crocetta che era stato sottoposto da Renzi e non solo dai suoi, come
Faraone, ad un attacco concentrico che addirittura portava anche ad una ipotesi
di incriminazione per motivi abbietti a causa delle sue amicizie con un ambiente
medico sottoposto a procedimenti giudiziari. Questa ipotesi è stata scongiurata
dall’atteggiamento della magistratura e soprattutto, come abbiamo detto, dal
fatto che è stata approvata la legge
contro la privatizzazione dell’acqua.
Crocetta
perciò, a pagina 3 de Il Manifesto in un’intervista di Giorgio Mastrandrea, può
rivendicare l’attuazione di un punto fondamentale del suo programma elettorale
la ripubblicizzazione dell’acqua “che
certamente gli avrà dato i consensi che il PD da solo non avrebbe potuto
ottenere” oltre, naturalmente, alla vittoria delle primarie.
Come è stato
possibile realizzare dall’oggi al domani questa svolta a 180° in un’ARS che
fino a quel momento era stata considerata addirittura da sopprimere? Non solo
da gente come Buttafuoco ma anche da più sereni ed autorevoli rappresentanti
della sinistra.
Quattro
motivi: il primo lo Statuto dell’Autonomia siciliana, elaborato dopo la Liberazione e approvato dal governo di unità nazionale prima della Costituente
su proposta di una consulta formata da forze politiche democratiche unitarie
(contro il separatismo mafioso sostenuto dall’Amgot di Poletti) e da movimenti
sindacali, Conferderterra e CGIL in primo luogo, che portavano avanti la lotta
nelle campagne contro il latifondo e per la
realizzazione dell’ESE (Ente Siciliano di Elettricità) a cui furono
concesse tutte le acqua da raccogliere in un sistema di dighe che oggi può
fornire oltre un miliardo di mc di acqua alle popolazioni e all’economia
siciliana.
Questo Statuto
corrispondeva alla visione gramsciana della questione meridionale e dell’autonomismo del partito di
Lussu in Sardegna. Impostazione capovolta però dall’avvento in Sicilia, in nome
del centralismo democratico nel PCI, di personaggi come Occhetto e i suoi
sostenitori contro la politica autonomista di Li Causi e di La Torre.
Secondo
motivo. Lo Statuto può funzionare però se c’è una forza che mobilita lavoratori
e popolazioni su progetti di rinnovamento. Questo ruolo lo ha assunto il “Forum siciliano dell’acqua
pubblica e dei beni comuni” che nel corso della raccolta delle firme per i
referendum del 12 e 13 giugno del 2011 propose una legge di iniziativa popolare,
sulla base dell’art. 14 dello Statuto, sotto cui furono raccolte
trentaquattromila firme di cittadini e soprattutto il voto unanime di 135
consigli comunali e di un consiglio provinciale in gran parte guidati da liste
civiche di tutti i partiti (anche di centrodestra), uniti nella difesa degli interessi colpiti dalla
privatizzazione dell’Ente Acquedotti Siciliano e dalla sua sostituzione con
varie iniziative locali e soprattutto con quella centrale di Veolia che pretendeva
e pretende di aver acquisito da Cuffaro per 40 anni, con un contratto chiaramente
incostituzionale, la gestione di un patrimonio di impianti idrici costato centinaia
di miliardi pubblici della Regione.
In terzo
luogo queste amministrazioni comunali nel corso di questi
anni hanno mobilitato la lotta delle popolazioni per impedire, spesso fisicamente,
il passaggio degli acquedotti alle varie gestioni privatizzate.
Quattro. Con
le ultime elezioni regionali all’ARS è
entrato in crisi il bipolarismo consociativo e si sta affermando un tripolarismo sostenuto per giunta da una
forza che, almeno in Sicilia, si è
rivelata portatrice di progetti di
rinnovamento radicale: il M5S, l’unica
forza politica che nel corso della campagna elettorale e subito dopo ha difeso
i risultati del referendum del 2011. Naturalmente
ha sostenuto la moralizzazione della
vita pubblica utilizzando gran parte
delle indennità dei suoi parlamentari per fini pubblici come è avvenuto, con
ampia ricaduta mediatica, ad esempio, per la costruzione della trazzera di Caltavuturo.
Crocetta,
però, portatore di una visione arretrata dello sviluppo economico siciliano è
rimasto invischiato e condizionato dai suoi rapporti con il PD. Ciò ha portato
alla sua sconfitta a Gela nelle elezioni de 14 e 15 giugno 2015.
Il M5S ha
conquistato due importanti comuni Gela e Augusta, due poli di quello sviluppo
subalterno che negli anni ’50 e ’60, mentre nel nord si verificava il miracolo
economico, avevano assegnato alla Sicilia il ruolo di “pattumiera chimica”. Il
polo petrolchimico di Gela era in crisi da parecchio tempo e si era ridotto ad una raffineria non di
greggio ma di micidiale petcoke con poche centinaia di dipendenti. L’ENI
di Scaroni voleva chiudere questa raffineria, e Crocetta mobilitò tutti
i sindacati per impedirla. Però la nuova amministrazione dell’ENI riconfermò,
malgrado questi accordi, la chiusura e propose la trasformazione della
raffineria in un impianto di lavorazione dell’olio di palma di importazione per
la produzione di biofuel. Il movimento ambientalista e il M5S
rappresentate da Domenico Messinese,
ingegnere della Telecom, hanno sostenuto, invece, che non bisognava lavorare un prodotto ottenuto con la distruzione delle foreste dell’emisfero sud
ma utilizzare i canneti da impiantare nell’estuario del fiume Salso-Imera
meridionale e dei residui delle coltivazioni agricole della
zona mantenendo e sviluppando l’occupazione. Questa impostazione è risultata
vincente anche perché Crocetta sulla questione del Muos di Niscemi aveva fatto
marcia indietro su pressioni di
Napolitano e dei governi nazionali e aveva sostenuto anche le
concessioni petrolifere davanti alla costa meridionale della Sicilia (anche a
Gela) andando contro il movimento No Triv.
Su queste tre
questioni Crocetta e il suo partito hanno perso l’amministrazione comunale a
favore di M5S.
Nel frattempo
i 135 Comuni, a cui se ne sono aggiunti un
altro centinaio, hanno aderito al PAES (Piano d’Azione per l’Energia
Sostenibile), promosso dalla UE, inviando
all’IRC (Jont Research Center) il loro Piano Energetico sottoposto al
Comitato del Covenant of Majors Office, cominciando
ad elaborare, anche con i contributi comunitari, i Piani energetici comunali. Ad oggi praticamente quasi la totalità dei Comuni
siciliani hanno aderito ponendo
la Sicilia al primo posto rispetto a tutte le altre regioni dell’Europa! Questi
Piani prevedono, contrariamente alle iniziative dei governi Cuffaro e Lombardo
che assegnavano prevalentemente autorizzazioni per grandi impianti eolici e FV a società come quelle di Nicastri, condannato poi come prestanome di Matteo Messina Denaro,
la realizzazione di piccoli impianti di solare FV ed eolico da collocare sopra
i tetti degli edifici pubblici e privati
ne le altre aree disponibili, la riduzione dei consumi dell’illuminazione
pubblica e degli altri usi, l’utilizzazione a livello comunale o di piccoli
consorzi dei rifiuti al fine di produrre
biogas. La realizzazione di questi impianti potrebbe non solo esonerare i Comuni e i privati dal
pagamento delle bollette del gas e della luce ma anche produrre un surplus di
energia per valorizzare iniziative
economiche locali. Mentre il governo Renzi e il governo regionale
sostengono i consumi di energie fossili e le trivellazioni, il Forum Siciliano
per l’acqua pubblica e i beni comuni, il
Cepes e Zero Waste, hanno elaborato un progetto dI legge di iniziativa popolare
per assicurare attraverso un nuovo Piano energetico regionale (il precedente è
scaduto nel 2012) poteri e finanziamenti necessari per l’attuazione di Piani
comunali.
E’ naturale
che l’ANCI Sicilia diventi promotrice di questa mobilitazione e il Presidente
dell’ARS e i gruppi politici presenti siano chiamati a partecipare a questo
processo, per approvare la nuova riforma entro il 2017.
L’iniziativa
siciliana può svilupparsi solo se si collega con le forze che nazionalmente e
in campo europeo possono contribuire a rovesciare la situazione attuale. Dopo
gli accordi di Kyoto nei paesi del nord Europa si sono sviluppati impianti di
energie alternative in particolare in Germania (400 mila nuovi posti di lavoro
nelle rinnovabili), Danimarca (100% rinnovabili entro il 2030), Svezia, ed
anche in Inghilterra e Francia con i
grandi impianti eolici nel Baltico, nel Mare del Nord e in Normandia. La parte mediterranea dell’Europa
e soprattutto dell’Africa, che pure avrebbero le condizioni più favorevoli
rispetto al nord Europa per la maggiore forza che IL SOLE DEL MEDITERRANEO gratuitamente
trasferisce su queste zone, ha avuto
bloccato il promettente sviluppo, ad
esempio, del solare FV che in Italia nel 2011 aveva raggiunto il primo posto
nel mondo.
Lo stesso pannello FV che in
Germania produce 800 kw l’anno in Sicilia, nell’Italia ed Europa Meridionale ne
produce 1.600 kw e in Africa addirittura
supera i 2.000 kw il
che renderebbe possibile la realizzazione di grandi impianti di dissalazione e
la creazione nelle aree desertiche di industrie capaci di occupare centinaia di
migliaia di lavoratori, oggi destinati all’emigrazione, e di sviluppare,
attraverso l’utilizzazione dell’idrogeno come combustibile, la produzione di
centinaia di milioni di mc di acqua per fare diventare verdi i deserti.
Partendo da
queste premesse ci si propone di indire nei prossimi mesi un’iniziativa da
sviluppare anche in vista della Conferenza internazionale di Parigi che nel
dicembre prossimo, rivelatesi
insufficienti le misure proposte dagli accordi di Kyoto anche per
l’ostruzionismo degli USA di Bush,
dovrebbe proporre un nuovo patto
capace di contenere l’aumento dell’inquinamento atmosferico e in
particolare CO2 che ha raggiunto alla
fine del 2014 le 300 parti su un milione (in base alla denuncia del V rapporto
dell’ IPCC a 350 parti si supera quel livello di 2° centigradi che
rappresenta il limite oltre il quale si
inizia un processo irreversibile di mutamenti dell’ambiente che possono portare
alla fine della vita umana sul pianeta).
Hanno preso
posizione in modo clamoroso per ben due volte il Presidente Obama, in contrasto
con la maggioranza del Senato e della Camera dei rappresentanti non solo del
partito repubblicano ma anche della destra del suo partito, e, soprattutto,
Papa Francesco che con la sua enciclica “Laudato sii” ha dichiarato peccato
mortale ogni reato contro la natura ed ha indicato, venendo incontro
alle esigenze proposte dai movimenti ambientalisti più avanzati, iniziative a
livello centrale e locale per scongiurare questo immane pericolo.
Malgrado
questi autorevoli appelli la Conferenza di Parigi rischia di non raggiungere le
decisioni cogenti necessarie per
scongiurare questi pericoli e ciò per le resistenze che vengono opposte dalle
forze interessate ciecamente alla difesa immediata degli interessi dei monopoli
delle energie fossili a livello europeo e anche a livello italiano.
Ci si propone
perciò all’insegna de IL SOLE DEL MEDITERRANEO, come è già avvenuto in passato,
di organizzare un incontro a Palermo a cui invitare non solo le forze locali
impegnate nella realizzazione della legge e del Piano energetico regionale ma
anche tutte le forze politiche, sociali, ambientaliste a livello nazionale,
europeo e dei paesi dell’area mediterranea per dare un contributo di orientamento
in vista, appunto, della Conferenza di Parigi.
Nicola
Cipolla
a nome del CEPES “Associazione rosso-verde promossa
da Pio La Torre”.
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