Padre G. Calcara mentre pronuncia il suo discorso |
Carissime/i
il mio fraterno ed affettuoso saluto a tutti voi, qui
presenti, venuti per ricordare un martire e testimone della giustizia, il
sindacalista Filippo Intili, trucidato per volontà della mafia il sette agosto
1952. Un particolare saluto ai nipoti di Filippo Intili, che
sono a Caccamo per la prima volta, a venerare il loro nonno, nel ricordo di
quel barbaro omicidio mafioso, alla ricerca (perchè no?) di dare una risposta a
degli interrogativi che sicuramente si saranno posti dopo avere ascoltato i
racconti della loro nonna e dei genitori. Perchè è stato ucciso? Perchè la ferocia e le modalità
disumane dell'omicidio? Perchè l'accanimento nel lasciare il suo cadavere in
preda agli animali ? Perchè il lungo e omertoso silenzio sulla sua vicenda?
Credetemi cari nipoti, sono anche i nostri interrogativi,
di quei caccamesi che non hanno trovato risposta se non nel coraggio di uomini
e donne come Vera Pegna e Ciccio Dolce che ne hanno ricordato la vicenda umana,
il coraggio con cui affrontò la mafia e subì il martirio per cui, come lo ho
definito l'anno scorso, egli è un “crocifisso della storia” che con il muto
silenzio e il sacrificio della sua vita, ancora oggi dovrebbe inquietare la
nostra coscienza anche nella luce, per i credenti, delle parole di Gesù: ”Non
c'è amore più grande che dare la vita i propri amici”. Ha creduto in valori
quali la giustizia, il rispetto delle leggi, la libertà. Per questo è stato
ucciso dalla mafia.
Come affermava papa Francesco proprio come oggi nella
festa di San Gaetano da Thiene, venerato a Buenos Aires patrono del pane del
lavoro: “Il lavoro è sacro, se Dioha dato il dono del pane e della vita nessuno
può toglierci il dono di guadagnarlo. Il lavoro come il pane deve essere diviso
fra tutti”.
Ciccio Dolce (sindacalista della CISL, negli anni 70-80)
ne parlò in diverse occasioni, ma come sappiamo “Nessuno è profeta nella sua
patria” e poi, come dice qualcuno, di certe cose “è meglio non parlarne”. Ne
aveva parlato prima “una fimmina tinta” come Vera Pegna “eroina comunista,
atea”, venuta a Caccamo “a sfidare la mafia”. Ma è meglio ricordarla per le
sviste del suo libro e per tutto quello che “non capisce e non può comprendere”
delle cose e degli uomini di Caccamo.
La novità è che invece il sindaco e l'amministrazione di
oggi (guidata da Andrea Galbo), come anche i giovani del Partito Democratico
della locale sezione e altre associazioni, hanno sentito il bisogno e la
necessità di avviare un processo di riflessione storica e culturale non solo e
soltanto sulla mafia, intesa come organizzazione criminale ma come “fenomeno
sub-culturale” di un modo di credere, sentire, la realtà secondo criteri che
sono contro la dignità umana e sono contrari al vangelo, così come ci ricorda
papa Francesco.
Il primo atto significativo di un anno fa, perchè teso a
riacquistare la verità dei fatti, è stata la collocazione di un cippo a Piani
Margi, sul luogo del barbaro assassinio.
Oggi, si aggiunge un'altro tassello che, speriamo ci
porti a fare un passo in avanti verso il recupero della verità di quanto
accaduto e verso la presa di coscienza, come ha detto ieri il presidente
Mattarella, di come sia importante “vivere senza compromessi nella legalità”.
E' un atto di giustizia e di verità anche verso tutti
quelli che hanno creduto che con la violenza, il silenzio, e la paura potesse
essere occultata la memoria di quest'uomo che, forse senza saperlo ha vissuto
la beatitudine del vangelo: “Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia,
perchè saranno saziati”.
Il card. Pappalardo ci ha spronato ad uscire “dal sonno
della coscienza e della ragione” e che esiste un abbisso incolmabile tra
cristianesimo e mafia.
Incominciamo a dare dei piccoli segnali come per esempio
intitolare una via (come è stato gia fatto per Mico Geraci), un edificio, dei
luoghi pubblici a queste vittime della mafia e a quanti con la loro vita sono
stati dei testimoni che meritano di essere ricordati per la loro coerenza e il
loro sacrificio.
Il Bene comune non è una chimera, ma è una ricerca continua
che tutti ci accomuna quando sappiamo e vogliamo, mettere da parte il nostro
interesse e il nostro amor proprio.
Il vangelo è sempre dalla parte delle vittime e degli
esclusi, la storia la fanno loro e non i potenti.
P. Giovanni Calcara, o. p.
Nessun commento:
Posta un commento