Cosmo Di Carlo |
DINO PATERNOSTRO
Non è facile per me scrivere questa nota per ricordare l’amico
e il compagno Cosmo Di Carlo, che ci ha lasciati proprio alla vigilia di
Ferragosto. Non è facile perché la mia mente è affollata da mille pensieri e da
mille ricordi. Ho ricordi che mi legano a lui dalla fine degli anni ’60, quando
giocavamo insieme a calcio nel campetto dell’oratorio della Chiesa Madre, la
stessa chiesa dove lunedì pomeriggio saranno celebrati i suoi funerali. E poi
il liceo, la politica (per anni siamo stati consiglieri comunali insieme, io
nelle fila del Pci e lui nelle fila del Psdi), il lavoro come dipendenti del
Distretto sanitario di Corleone. E infine la passione per il giornalismo. Cosmo
era un cronista nato: cercava la notizia, scavava per trovare i collegamenti
tra i fatti, ricostruiva e scriveva. Per tanti anni - fino alla fine dei suoi
giorni – è stato corrispondente del Giornale di Sicilia. Ma aveva cominciato
col Giornale L’Ora nel 1990, dove si era cimentato con una grossa inchiesta
sulla diga Piano di Campo, appaltata dal Consorzio Alto e Medio Belice e mai
costruita.
Ma a fare il giornalismo, io e Cosmo, l’avevamo imparato
nelle strade di Corleone, tra i morti ammazzati degli anni ’70-’80-‘90
intermezzate dalle pax mafiose con i suoi assordanti silenzi. L’avevamo
imparato a Corleone a fare i cronisti, fondando prima Corleonese-Notizie e poi
Città Nuove. Con la sua rubrica “Il Passator Scortese”, che i lettori
aspettavano ogni mese con tanto interesse, ironizzava sui difetti della
politica cittadina, sferzando personaggi veri che sembravano finti: il profeta
Mariano, don Vito da Rondello, Satanacolomba, etc.
Insieme abbiamo sperimento la paura e praticato il
coraggio, dopo l’incendio della redazione di Città Nuove, nella notte tra il 16
e il 17 aprile 1991. Da cronisti dilettanti, insieme a Pino Governali, Leoluca
Pollara, Biagio Bonanno e pochi altri, avremmo potuto ritenere conclusa la
nostra avventura (tanto non ci guadagnavamo mica il pane con quel mestiere li…).
Invece, grazie alle tante solidarietà, abbiamo provato a “gridare” in Italia e
nel mondo che a Corleone c’era mafia, ma anche forze sane che la volevano
combattere. E abbiamo fatto gli ambasciatori di questa nuova Corleone. Quante
volte siamo stati al nord: in Piemonte (Vinovo, Nichelino), In Emilia-Romagna
(Reggio Emilia, Scandiano), in Lombardi (Mantova, Brescia).
Sono stato la prima persona a cui Cosmo ha telefonato la
notte del 24 settembre 2002, quando “qualcuno” pensò di incendiare il portone
di casa sua, terrorizzando sua moglie e i suoi figli. Ed è stata la prima
persona a cui ho telefonato la notte del 28 gennaio 2006, quando i “soliti”
ignoti hanno incendiato la mia macchina parcheggiata sottocasa. Avevi
cominciato a fare il cronista anche per la piccola ma battagliera “Telejato” e
questo a “lorsignori” dava fastidio. Avevo animato una forte opposizione al sistema
di raccolta dei rifiuti; avevo scritto “I Corleonesi”: e neanche questo piacque
a “lorsignori”…
Ne abbiamo passate insieme, caro amico mio, caro compagno
di lotte e di ideali. Oggi una brutta e inesorabile malattia ti ha strappato
alla tua cara moglie Antonella e ai tuoi figli Salvatore e Innocenzo, ti ha
strappato a tutti noi che ti abbiamo voluto bene. Ma diceva lo scrittore Cesare
Pavese nei suoi “Dialoghi con Leucò”: «L' uomo mortale, Leucò, non ha che
questo d'immortale. Il ricordo che porta e il ricordo che lascia». Anche tu,
Cosmo, amico mio, sicuramente hai d’immortale il ricordo che lasci, che noi mai
dimenticheremo. Ciao. Un abbraccio… (dp)
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