La notizia del GdS delle prime indagini sulla mafia nigeriana a Palermo |
Ad uno sguardo superficiale ragazze in
abiti succinti ed ammiccanti imparano a fare il mestiere più antico del mondo,
vengono da uno dei tanti sperduti villaggio di Benin City, sono giovani e
talvolta anche minorenni, ma hanno imparato ad atteggiarsi in modo provocatorio
per catturare i clienti che passano dalla favorita o nel centro storico di
Palermo con le loro macchine. Il cliente si ferma le adocchia e come
in un mercato del sesso che si rispetti, sceglie la ragazza che, per le sue
fattezze, gli sta più a genio.Le ragazze nel cuore della notte lungo
il foro italico o al porto della Cala o lungo via Lincon, sono questi i posti a
loro riservati, si avvicinano alle macchine che rallentano, sollecitano i
clienti che indugiano a prenderle in macchina e così per tutta la notte o per
tutto il giorno a seconda del turno loro assegnato, portano avanti l’industria
del sesso che va a gonfie vele nonostante la crisi economica e la povertà che
incalza.
Ma se ci fermiamo a riflettere sulla
organizzazione che si assicura cospicui guadagni e come questa macchina
infernale possa funzionare senza alcun problema apparente, scopriremo un mondo
del quale pochi sanno o vogliono sapere.
Circa 500 ragazze nigeriane vivono a Palermo
in condizione di schiavitù, terrorizzate dalle loro maman si sono rassegnate a
pagare il loro “debito” (dai 40.000 alle 100.000 euro) senza ribellarsi.
Ribellarsi significa per loro fuggire,
dai loro carnefici, con il rischio per loro famiglie di origine di rappresaglie
molto pesanti come l’uccisione di un loro fratello o la distruzione della casa
paterna, o la persecuzione delle loro famiglie.
A tutto questo si aggiunge la paura e
il terrore per le minacce che possano arrivare dal voodoo che ha trattenuto in
ostaggio, durante il rituale a cui hanno partecipato, una ciocca di
capelli o altro a loro appartenente.
Le ragazze sono prigioniere di una
organizzazione potente che non scherza a cui si deve obbedire sino all’estinzione
del debito.
Le ragazze affidate per gruppi di 4 o
5 e talvolta sino a 9 sono affidate alle “cure” di una maman.
Ma ci sono anche le mini-maman, coloro
che non possono permettersi che una o due ragazze, che acquistano dai grossi
mercanti del sesso e che gestiscono in proprio.
La maman è una donna esperta che, il
più delle volte, è stata essa stessa una vittima. Riscattatasi dai suoi
carcerieri dopo aver pagato il debito, ha intrapreso il
ruolo di protettrice con l’avallo della confraternita.
La confraternita è una struttura
verticistica composta a Palermo da non più di venti nigeriani di ambo i sessi.
Sono essi che gestiscono i grossi
profitti e che vigilano sul comportamento delle ragazze, sono essi che
intervengono quando ci sono “problemi”.
Sono essi che, in contatto con le
altre confraternite di altre città o di altri paesi, riescono a spostare le
ragazze da una città all’altra o da un paese all’altro.
Sono essi che instaurano rapporti con
la malavita locale per concordare il luogo dove collocare le ragazze per strada
o in appartamenti affittati.
Gli uomini e le donne della
confraternita te li trovi dove meno te l’aspetti. Essi frequentano la chiesa, pregano
con le loro vittime, godono di rispetto e di grande autorità presso la loro
comunità.
La posta in gioco è alta, il profitto,
soltanto a Palermo per l’industria del sesso è di circa 10 milioni di euro l’anno.
Ma assieme al sesso spesso c’è anche la droga.
Negli ultimi anni la situazione va
mutando. Molte ragazze sono costrette a prostituirsi non più per strada ma in
“case chiuse”. Le case chiuse sono più di venti soltanto a Palermo.
Le ragazze costrette a vivere in un
appartamento sono più controllate e non sono raggiungibili dalle unità di
strada. Ma la cosa più preoccupante è
che le ultime arrivate sono sempre più giovani, 15 o 16 anni al massimo. Merce
“fresca”, più appetibile per il mercato, più controllabili dalle carceriere,
più manovrabili e obbedienti alle maman.
nino rocca
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