Rosario Crocetta ha chiesto una inchiesta sulla
notizia dell’Espresso che
riferisce il brano di una conversazione telefonica che il presidente della
Regione avrebbe avuto con il suo medito, Matteo Tutino, durante la quale Tutino
avrebbe detto che Lucia Borsellino, allora assessore alla sanita’, avrebbe
meritato di fare la fine del padre, Paolo, ucciso in un attentato in Via
D’Amelio con i suoi cinque uomini e donne della scorta.
Crocetta sostiene di essere vittima di un golpe, un tentativo di farlo fuori politicamente,
e che non c’e’ alcuna prova o indizio che dimostrino la veridicita’ di quanto
sostenuto dal settimanale l’Espresso. Se hanno la registrazione della
telefonata, allora la consegnino alla magistratura, altrimenti ne risponderanno
davanti all’autorita’ giudiziaria.
E poi, rivolto al suo partito, il Pd, Crocetta avverte
che sfiduciandolo, i dem diverrebbero complici di una montatura, di un
autentico golpe.
Il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, leader del
Ncd, il cui partito ha chiesto le dimissioni del governatore, ha detto davanti
alle telecamere dei maggiori network nazionali che l’episodio non può
riguardare solo il comportamento del presidente della Regione. Se la frase
minacciosa fosse stata pronunciata, allora dovrebbe dimettersi chi l’avrebbe
ascoltata senza fiatare, ma se cio’ non fosse avvenuto, non dovrebbe dimettersi
nessuno?
La dichiarazione di Alfano arriva dopo l’ennesima
smentita della Procura della Repubblica che ha escluso l’esistenza della
conversazione telefonica nei suoi atti e che esistano documenti secretati sulle
indagini che hanno interessato Matteo Tutino.
“Quell’intercettazione non esiste”, ha ribadito
Leonardo Agueci, Procuratore
aggiunto di Palermo, a conferma della nota firmata da Francesco Lo Voi, il capo
della Procura. “È una bufala”, ha aggiunto, “lo ripetiamo da due giorni,
come lo dobbiamo dire in versi?”
L’Espresso non si tira indietro, a sua volta. Il
direttore ed il redattore capo, intervenuti nella vicenda, sostengono che i
loro cronisti hanno ascoltato l’intercettazione, che essa dunque esiste e che
farebbe parte di atti secretati, risalenti al 2013. Per questa ragione, la
Procura di Palermo, perciò, non li avrebbe trovati fra le sue carte, facendo
parte di un altro filone di indagini.
La Procura ha aperto un fascicolo, ma non ha iscritto
alcuno nel registro degli indagati. Manca “il corpo del reato”, cioè la
notizia. Se non esiste l’intercettazione, gli inquirenti non possono
indagare su di essa. Hanno accertato che non c’è. Ma a questo punto il
giallo rischia di diventare una commedia pirandelliana, perche’ “ciò che non
esiste” potrebbe provocare una mozione di sfiducia, le dimissioni del
Presidente della Regione e la fine prematura della legislatura. E’ vero che la
conversazione incriminata non c’entra niente con il rapporto deteriorato fra il
Pd e Rosario Crocetta, ma è altrettanto vero che il sospetto non è affatto
ininfluente ai fini della decisione.
Anche l’Espresso dovrebbe avere interesse che la vicenda
si concluda in un modo o in un altro. Compete al settimanale consegnare
l’intercettazione alla Procura o segnalare il luogo in cui essa è depositata.
Una volta chiarita la vicenda, il Parlamento, i
partiti, lo steso governo potranno assumere le decisioni che riterranno
opportune, senza l’aiuto di un intercettazione che non cambia lo stato delle
cose. Se la maggioranza non “tiene”, il governo non ha la fiducia del partito
di riferimento, il contesto denunciato da Lucia Borsellino prima, e il
fratello, Manfredi dopo, sono giudicati una buona ragione per tornare alle
urne, è bene che l’altalena delle intenzioni si fermi per dare alla Sicilia la
stabilità che serve.
Siciliainformazioni.com, 19 luglio 2015
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