Vincenzo Liarda |
di SALVO PALAZZOLO
La busta piena di parole di morte, arrivata a casa del sindacalista via posta, era stata aperta dalla moglie, e subito consegnata ai carabinieri. Lui respinge le accuse: "Sono indignato ma sereno, giusto che la magistratura faccia le sue indagini. Attendo fiducioso la verità"
I carabinieri hanno bussato a casa di Vincenzo Liarda, a Polizzi Generosa, e gli hanno mostrato un decreto di perquisizione firmato dai pm di Termini. Il sindacalista antimafia che negli ultimi anni ha denunciato decine di intimidazioni è indagato adesso per simulazione di reato. Su una delle lettere di minacce, gli investigatori del Ris hanno trovato una sua impronta. Non hanno dubbi i carabinieri del Ris, l'impronta sulla lettera di minacce è di Vincenzo Liarda. Un'impronta che non avrebbe dovuto esserci su quel foglio. Perché la busta piena di parole di morte, arrivata a casa del sindacalista via posta, era stata aperta dalla moglie, e subito consegnata ai carabinieri.
La busta piena di parole di morte, arrivata a casa del sindacalista via posta, era stata aperta dalla moglie, e subito consegnata ai carabinieri. Lui respinge le accuse: "Sono indignato ma sereno, giusto che la magistratura faccia le sue indagini. Attendo fiducioso la verità"
I carabinieri hanno bussato a casa di Vincenzo Liarda, a Polizzi Generosa, e gli hanno mostrato un decreto di perquisizione firmato dai pm di Termini. Il sindacalista antimafia che negli ultimi anni ha denunciato decine di intimidazioni è indagato adesso per simulazione di reato. Su una delle lettere di minacce, gli investigatori del Ris hanno trovato una sua impronta. Non hanno dubbi i carabinieri del Ris, l'impronta sulla lettera di minacce è di Vincenzo Liarda. Un'impronta che non avrebbe dovuto esserci su quel foglio. Perché la busta piena di parole di morte, arrivata a casa del sindacalista via posta, era stata aperta dalla moglie, e subito consegnata ai carabinieri.
Nei giorni scorsi, dopo la scoperta degli investigatori in camice bianco, il procuratore di Termini Imerese Alfredo Morvillo ha deciso di disporre la perquisizione. Da casa di Liarda è stato portato via un computer, adesso i carabinieri sono a caccia di riscontri all'ipotesi pesante che si fa avanti. Un'ipotesi choc per un sindacalista che è stato protagonista di tante battaglie civili, la più importante quella per il riutilizzo del feudo Verbumcaudo, confiscato al "papa" della mafia, Michele Greco. È una sola l'ipotesi al vaglio della procura di Termini: quella lettera di minacce, la più pesante, sarebbe stata scritta dallo stesso Liarda. E, adesso, più di un sospetto comincia ad aleggiare anche sulle altre intimidazioni denunciate. Sono state vere minacce o solo una brutta messinscena? Una cosa è certa. Di quella lettera giunta a Liarda non si occupa più la direzione distrettuale antimafia di Palermo, ma quella di Termini Imerese. Ed è solo Liarda sotto accusa.
A Polizzi, la notizia della perquisizione a sorpresa dei carabinieri della Compagnia di Petralia Sottana ha fatto presto il giro del paese. Ed è arrivata anche a Palermo. Ma sottovoce. Perché Liarda è ormai diventato uno dei protagonisti della lotta alla mafia nelle Madonie. Da dirigente della Cgil, da presidente del consorzio madonita per la legalità e lo sviluppo. E dopo l'eco delle minacce, Liarda ha iniziato a ricoprire anche incarichi a livello nazionale per il sindacato. Sono una ventina gli atti intimidatori denunciati. Non solo lettere anonime, in passato anche l'incendio di un'auto e un raid in un terreno dove vennero tagliati degli alberi. Una vera e propria escalation mentre Polizzi Generosa era attraversata da polemiche infuocate sull'antimafia, che hanno poi portato anche allo scioglimento del Comune per infiltrazioni di Cosa nostra. Liarda era sempre lì, in prima fila, nel denunciare i boss. E dopo ogni presa di posizione, arrivava sempre l'ennesima lettera di minacce.
Scattò pure la scorta per il sindacalista, ma non durò a lungo. E si sollevò una dura protesta, sostenuta da alcune associazioni. Venne anche chiesto l'intervento del ministro dell'Interno Angelino Alfano. E, intanto, il sindacalista dichiarava: "Io la scorta non l'ho voluta, mi è stata imposta. E adesso mi viene revocata". Polemiche su polemiche. I carabinieri del Gruppo Monreale e la procura antimafia di Palermo non hanno mai smesso di indagare sulle minacce. Cercando di risalire in tutti i modi agli autori delle intimidazioni. Ma non è mai emerso niente. Fino alla sorpresa, emersa nel laboratorio del Ris. E da allora l'inchiesta non cerca più mafiosi che minacciano. "Noi ci limitiamo ai fatti oggettivi che emergono", dicono alla procura di Termini. Per il resto, nessun commento ufficiale. A breve partirà l'esame sul computer del sindacalista. Si cerca nella memoria del pc, tra i file cancellati. "Sono indignato, ma sereno ed è giusto che la magistratura faccia gli accertamenti dovuti. Respingo con chiarezza e fermezza l'accusa di simulazione di reato, di cui ho avuto notizia dalla stampa, ipotizzata dalla Procura di Termini Imerese. Attendo con fiducia l'esito delle indagini". scrive in una nota il sindacalista della Cgil.
"La notizia appresa oggi su Repubblica Palermo, che riguarda Vincenzo Liarda, ci lascia sconcertati. Abbiamo piena fiducia nella magistratura. Auspichiamo che l'ipotesi, grave, di reato contestata a Liarda venga nel più breve tempo possibile chiarita, ferma restando la validità delle battaglie per l'affermazione della legalità della Cgil, della Flai e di tutto il movimento antimafia, storicamente condotte nella nostra provincia e nella nostra regione, che hanno portato tra gli altri risultati alla riconsegna alla collettività del feudo di Verbumcaudo, sequestrato e confiscato alla mafia, e oggi utilizzato a fini sociali". Lo afferma in un comunicato il segretario della Cgil di Palermo, Enzo Campo.
La Repubblica, 11 giugno 2015
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