Palermo – Lunedì 22 giugno ricorre il 68° anniversario dell’uccisione di
Giuseppe Casarrubea e Vincenzo Lo Iacono e dell’assalto alle Camere del Lavoro
di Borgetto, Carini, Cinisi, Monreale, San Giuseppe Jato. Alle 10 un
corteo partirà dalla Camera del Lavoro di via Roma 29, a
Partinico, per raggiungere in Corso dei Mille, al numero 321, la
vecchia sede della Camera del Lavoro del 1947, luogo dell’eccidio,
dove sarà deposta una corona di fiori. Alla commemorazione, alla quale
partecipano i familiari delle due vittime, e che prevede l’intervento del
segretario della Cgil di Palermo Enzo Campo, è invitata l’amministrazione
comunale. A Casarrubea e Lo Iacono sono intitolate a Partinico due strade e
l’aula consiliare.
Il 22 giugno del 1947 un “commando” terroristico
prese d’assalto a colpi di mitra e di bombe a mano la sede della Camera del
Lavoro di Partinico, In quella strage furono assassinati i dirigenti sindacali
Giuseppe Casarrubea, 47 anni, falegname, comunista, e Vincenzo Lo Iacono, 38
anni, contadino, e ferite altre quattro persone. “Quest’anno il ricordo delle
due vittime della strage di Partinico del 22 giugno del 1947 acquista un
valore più alto perché l’appuntamento cade a pochi giorni di distanza dalla
morte del figlio di una delle vittime, il professore Giuseppe Casarrubea, lo
storico che ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca di verità e
giustizia per questa strage e per la morte di tutti i sindacalisti uccisi in
quegli anni – dichiara il segretario della Cgil di Palermo Enzo Campo – Noi,
per proseguire sulla scia di questo grande impegno, chiediamo che la mole
di documenti conservata negli archivi di Casarrubea non venga
dispersa ma sia acquisita e ospitata in locali pubblici, per essere messa
a disposizione di studenti e ricercatori. Da quest’anno la Cgil è
particolarmente impegnata nel ricordo di tutti i suoi morti, per togliere quel
velo di silenzio calato sui tanti esponenti sindacali, alcuni dei quali poco
conosciuti e mai commemorati prima, che in quegli si sono esposti da soli con
le loro battaglie contro la mafia e fino a perdere la vita. Vogliamo far
riemergere la storia di un movimento sindacale, fatto di contadini e lavoratori,
dai fasci siciliani in poi, che ha avuto come bandiera quei valori di legalità
e democrazia che sono state le basi su cui si è fondato il
movimento antimafia degli anni Novanta”.
“I documenti di Casarrubea, molti dei quali acquisiti dai servizi segreti
americani, inglesi e sloveni - aggiunge Dino Paternostro, responsabile del dipartimento
Legalità della Cgil di Palermo - rappresentano un importantissimo patrimonio,
su cui Casarrubea aveva cominciato a rivelare verità importanti
circa il clima in Sicilia nell’immediato dopoguerra, allorquando mafia, agrari,
forze di destra e pezzi di servizi segreti anche stranieri operarono per
destabilizzare la Sicilia, da Portella della Ginestra agli assalti alle Camere
del Lavoro. Tra le notti del 22 e del 23 giugno vari raid interessarono i
paesi vicini con bombe esplose dietro le caserme e sventagliate di mitra
dietro le porte delle sezioni delle Camere del lavoro”.
“Per noi è molto importante il ricordo dei nostri martiri e dei nostri
valori: ci aiutano in quel ruolo di forza sociale a tutela dei
lavoratori che la Cgil da oltre 100 anni svolge - dichiara il segretario
della Camera del Lavoro di Partinico Giuseppe Gagliano - Abbiamo un debito nei
confronti di Casarrubea e di Lo Iacono, attivisti sindacali, che
ogni anno ricordiamo per estenderne la memoria alle nuove
generazioni. Sono loro le nostre radici. Sarebbe bello
e utile che il Comune, o un altro ente pubblico, accogliessero la
richiesta di renderlo fruibile”.
A seguire una nota di Dino Paternostro:
“Giuseppe Casarrubea e Vincenzo Lo Iacono”, ap. “Una strage ignorata - sindacalisti agricoli uccisi dalla mafia in
Sicilia 1944-48” (pagg.154-157), Ed. AGRA, Roma 2014
Giuseppe
Casarrubea e Vincenzo Lo Iacono
Il 22 giugno 1947, un “commando”
terroristico prese d’assalto a colpi di mitra e di bombe a mano la sede della Camera
del Lavoro di Partinico, che allora ospitava anche la sezione del Pci. In
quella strage furono assassinati i dirigenti sindacali Giuseppe Casarrubea nato
il 1 ottobre 1899 a Partinico (Palermo), falegname, comunista, e Vincenzo Lo
Iacono, nato a Partinico il 12 novembre 1909, contadino, e ferite altre quattro
persone, che si trovavano davanti la sede sindacale. Dopo la strage, la CGIL nazionale
dichiarò uno sciopero nazionale di mezz’ora e le fabbriche si fermarono in
tutta Italia per protestare contro il fatto di sangue, attribuito al tentativo
della mafia e delle forze politiche neo fasciste di impedire il cammino della
nuova Italia repubblicana. La matrice terroristica dell’attentato fu
sottolineata anche dal quotidiano “L’Unità” del 24 giugno 1947, che riportava
in prima pagina il titolo Sanguinose aggressioni fasciste in Sicilia e
un articolo di fondo di Pietro Ingrao sulle Forze del disordine.
L’Assemblea Costituente
sospese i lavori ed espresse la condanna contro i mandanti e gli assassini. Lo
stesso ministro dell’Interno Mario Scelba, anche se indicava nel bandito
Giuliano la pista su cui indagare, informava De Gasperi sulla natura
terroristica degli attentati del 22 giugno e la Presidenza del Consiglio dei
Ministri si rivolgeva al Governo siciliano parlando apertamente di “minaccia terroristica”.
Gli assalti del 22 giugno rappresentarono la diretta prosecuzione della strage
di Portella della Ginestra, come dimostrarono i giudici di Viterbo che
unificarono le indagini giudiziarie relative ai due gravi fatti e li
esaminarono come unico episodio di una stessa manovra stragista. “Dopo l’assalto
alla Camera del lavoro in cui mio padre perse la vita (allora avevo poco più di
un anno) io e mia madre restammo soli”, ha raccontato in una struggente lettera
del 22 settembre 2002 Giuseppe Casarrubea, insegnante e dirigente scolastico
per 40 anni. Adesso è in pensione, ma continua a dedicare il suo tempo alla ricerca
storica sul movimento contadino e sulla catena di stragi e omicidi del secondo
dopoguerra. È autore di diversi saggi storici e, da qualche anno, insieme a
Mario Cereghino, ha costruito un imponente archivio che contiene documenti
desecretati dei servizi segreti americani, inglesi e sloveni. Ecco come
prosegue il suo racconto: «Abitavamo in una piccola casa a Partinico, in via La
Perna, che ricordo ancora benissimo, come gli inverni, il vento furioso che
scuoteva le porte e filtrava attraverso le fessure; le notti in cui ero
accucciato con lei, che mi dava, col suo respiro caldo, una certezza interiore
che non ho mai smarrito: mi teneva abbracciato come se avesse paura che
qualcuno le togliesse l’unica cosa che le era rimasta, anche questa
indifendibile. Le notti della mia infanzia sono state notti di continui
soprassalti e di persistenti certezze: i soprassalti della violenza che
sentivamo attorno a noi per l’uccisione di mio padre; la certezza che i
mandanti e persino i killer erano ancora liberi, e magari ci guardavano di
giorno commiserandoci; il soprassalto del trauma che accompagnò mia madre dopo
la tragedia, lo scuotimento che la travolse lasciandole addosso i segni dell’angoscia
e della paura; la certezza del suo affetto e le sue mani sempre protese verso
di me, come un tesoro da custodire in uno scrigno. Ma c’è in questa memoria la
luce solare delle estati, i fichi secchi della vicina stesi al sole, la vita
quotidiana delle famiglie della borghesia di Partinico....
L’alba era segnata dal
rituale dei carri che si uscivano dalle stalle e s’attaccavano ai cavalli, dal
rumore delle ruote che lentamente scorrevano lungo i selciati e si
allontanavano verso le campagne. Poi ci eravamo trasferiti da mia nonna, anche
lei vedova, a pochi metri dalla sede del PCI/Camera del Lavoro presa d’assalto
quel giorno, e dove mio padre era stato portato dopo la strage in cui aveva perso
la vita anche un altro militante sindacale comunista: Vincenzo Lo Iacono.
Ricordo quando le due povere donne andarono a Viterbo nel 1950-’51, perché
erano state citate come testimoni al processo che si doveva tenere in quella
città. Ero rimasto solo, per qualche tempo, con mia nonna e di quel processo
non ho altro ricordo che il regalo che mi portò mia madre quando finalmente fu
di nuovo con me. Ai giudici disse: “Voi che mi state interrogando ne sapete più
di me. Cosa volete che vi dica io? Consegnatemi gli assassini e i mandanti dell’uccisione
di mio marito”. Allora erano stati convocati anche i feriti presenti a
Portella, in quanto il processo per le due stragi era stato unificato».
Le vedove Casarrubea e Lo
Iacono rimasero alcuni giorni a Viterbo, poi ritornarono deluse a Partinico. «I
giudici non ci consegnarono nessun mandante; assolsero i mafiosi e presero atto
che i principali testimoni che avrebbero potuto dire la verità erano stati già
ammazzati – si disse – in regolari conflitti a fuoco. Ma le stragi non si
cancellano col passare del tempo, la nostra memoria è scritta sulla nostra
pelle e nessun morto va in prescrizione».
Testo di Dino Paternostro, tratto dal volume “Una strage ignorata
- sindacalisti agricoli uccisi dalla mafia in Sicilia 1944-48” (pagg.154-157),
Ed. AGRA, Roma 2014
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