Agostino Spataro in una storica foto con il leader dell'OLP Yasser Arafat |
Sembra che la folla sia stata di nuovo
ingravidata di un seme maligno, quando prima potrebbe partorire un nuovo duce.
Speriamo in un aborto!
Partito o movimento?
“La clamorosa affermazione elettorale
del “grillismo” ha riproposto un antico dilemma: partito o movimento? Nella
fase attuale, la tradizionale forma-partito vive una crisi drammatica, forse
irreversibile. D’altra parte, nemmeno i
movimenti, alla fin fine, risultano abbastanza convincenti. In
realtà, partiti e movimenti tendono a eludere il problema centrale che è quello
di progettare una fase superiore della democrazia ossia forme nuove della
partecipazione democratica dei cittadini alle scelte politiche e strategiche,
all'elezione degli organi costituzionali. Perché
così vogliono i padroni (committenti di entrambi) per non avere le mani legate
da… fastidiose pratiche democratiche.
La questione non si pone solo in Italia, ma in Europa e nel mondo. Da lungo tempo è presente in Argentina, dove predomina il “peronismo” ossia il movimento per eccellenza, cui molti, nel mondo, si riferiscono senza ammetterlo.
Perciò, segnalo il punto di vista del
prof. J.P. Feinmann (1) il quale, partendo appunto dalla realtà argentina,
delinea le differenze sostanziali tra partito e movimento. Ecco una sintesi.
Un partito è una parte, una parte non
è il tutto. Il partito, dunque, è una parte che ha deciso di differenziarsi. Un
partito è una differenza. Una differenza con tutto l’altro che è. Qualcuno
appartiene a un partito perché aderisce a una determinata visione della
politica. Questa “determinazione” da al partito una maggiore tendenza identitaria…
Un
partito è una fissità: è qualcosa e, essendolo, non è, non può essere molte
cose. Un partito non assomma, ma toglie. Fissa un’identità, forse un’ideologia,
però, per esserlo, esclude troppo.
La
pratica del “duce” è l’unità dei diversi. Unire i diversi e sommare. Sommare é
accumulare potere.
Un movimento è elastico, si muove, si
espande, incorpora, non esclude. Un movimento più che essere, diviene. Il movimento non “è”. Il movimento è
azione, mobilità, inclusione costante, espansione illimitata. Il movimento è
divenire puro.
Il partito “è”: ha un' identità chiara
però non si espande, non somma, non diviene. Il movimento non “è”: si muove, diviene. La sua identità è debole. Da
qui la sua vicinanza col populismo. Un partito si basa su una teoria,
questa teoria esprime la sua razionalità. Un movimento populista si esprime con
una serie di formulazioni vitali, di valore, di proposte che cercano di suscitare
più l’adesione sentimentale, l’emo-zionalità che la fredda apoditticità (?)
della ragione.
Perciò,
si richiede la figura del leader come punto unico di confluenza.”
(1)
J. P. Feinmann, “Pagina 12” del 24/7/2004, Buenos
Aires
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