Il capitano Mario D'Aleo |
Nell'agguato di via Scobar furono uccisi anche l'appuntato Giuseppe Bommarito e il carabiniere Pietro Morici
Domani 13
giugno 2015 ricorrerà il 32° anniversario dell’omicidio del Capitano Mario
D’ALEO, dell’Appuntato Giuseppe BOMMARITO e del Carabiniere Pietro MORICI. Alle
ore 10:30 a Palermo in via Cristofaro Scobar, sul luogo dell’eccidio, saranno
resi gli onori ai militari e verrà deposta una corona d’alloro. A seguire, alle
ore 12:00 a Monreale, in via Venero n. 1 verrà deposto un fascio di fiori
ai piedi della lapide che ricorda i tre appartenenti all’Arma. Il Capitano
Mario D’ALEO, 29enne Comandante della Compagnia Carabinieri di Monreale venne
assassinato da un commando di sicari di “Cosa Nostra” giunti a bordo di due
motociclette sotto la sua abitazione in via Cristoforo Scobar a Palermo, mentre
l’Appuntato Giuseppe BOMMARITO ed il Carabiniere Pietro MORICI che attendevano
l’Ufficiale, furono uccisi in macchina, a poca distanza dal portone.
D’ALEO
animato da senso del dovere ed attaccamento alle istituzioni, aveva sostituito
nel ruolo di Comandante della Compagnia, il Capitano Emanuele BASILE, ucciso
tre anni prima sotto gli occhi della moglie e della figlia. Da lui ereditò le
indagini che aveva avviato il suo predecessore, sui traffici illeciti gestiti
dalle famiglie mafiose di San Giuseppe Jato, Altofonte e Monreale.
Giuseppe Bommarito |
Il primo segnale il giovane Capitano lo ricevette il 7 gennaio 1982, quando
osò arrestare Giovanni BRUSCA, responsabile di alcuni attentati intimidatori,
allora rampollo della famiglia di San Giuseppe Jato, che era agli inizi della
sua carriera criminale e oggi collaboratore di giustizia.
Pietro Morici |
Il nonno del boss, Emanuele BRUSCA, si presentò allora in caserma per
“rimproverare” il giovane Capitano per quello che aveva fatto al nipote che
definiva “un bravo ragazzo”.
La Mafia
uccidendo D’ALEO volle fermare l’azione dello Stato che avrebbe potuto ledere
gli interessi ed il prestigio di Cosa Nostra sul territorio, tra l’altro,
l’Ufficiale stava mettendo in pericolo la latitanza di due boss del calibro di
Bernardo BRUSCA e Salvatore RIINA.
Quanti hanno avuto l’onore di conoscerlo, lo ricordano per le
indagini sulle cosche mafiose ma anche per il suo sorriso che lo
contraddistingue in ogni foto scattatagli durante la permanenza in Sicilia,
velato dalla malinconia di chi presagisce la sua sorte.
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