Dopo le recenti elezioni comunali, sembra
sia giunto ad Agrigento un carico speciale della nobile sostanza per incensare
il “vincitore unico” ossia un sindaco che è anche deputato dell’Udc.
di AGOSTINO SPATARO
“Siete mai stati nel paese di
Magan?... Giù a sud-ovest nel paese di Ofir, nei paraggi del reame di Punt,
dove dalla corteccia di un arbusto nano si estraevano ingenti quantità
d’incenso che inondava del suo profumo templi e palazzi dei Faraoni e di tutte
le civiltà mediterranee…”. (da un mio
reportage dall’Oman: “Nel paese di
Sindbad”, in settimanale “Avvenimenti” del 11/7/97)
Le vie
dell’incenso si dipartivano dall’Arabia meridionale e raggiungevano le corti
più rinomate d’Oriente d’Occidente.
Di questa rara
resina aromatica si faceva largo consumo, specie nell’arte della mummificazione
dei cadaveri e nelle solenni cerimonie religiose e nei “trionfi” militari.
Insomma, roba
d’altri tempi, riservata a Dei, a re e a imperatori. Oggi, se ne fa parco uso
solo in certi riti religiosi e nulla di più.
Vi chiederete:
perché questo richiamo all’incenso, ai fasti antichi?
Perché mi
pare che, dopo le recenti elezioni comunali, sia giunto ad Agrigento, forse
nascosto in uno dei tanti barconi d’immigrati, un carico speciale della nobile
sostanza per incensare il “vincitore unico” ossia un sindaco che è anche deputato
dell’Udc.
Ferme restando le differenze di
visione politica e- se permettete- anche ideologiche, personalmente non nutro
pregiudizi di sorta verso questo o quell’altro sindaco, assessore, ministro, ma
nemmeno soffro di ansie di ossequiosa deferenza. Anch’io gli ho augurato di fare un
buon lavoro, per Agrigento e per gli agrigentini. Da un sindaco è lecito
aspettarsi soltanto una buona
amministrazione, per il bene comune. Dovrebbe essere normale che chi è eletto
dal popolo a un incarico di rappresentanza e/o di governo agisca nel migliore
dei modi per il bene della comunità rappresentata. Non è normale, e pertanto
deprecabile, quando l’eletto opera pro domo sua e con metodi opachi e discutibili.
Perciò non si comprendono taluni,
eccessivi entusiasmi (per fatti che dovrebbero accadere) o gli ottimismi di maniera che, come i pessimismi,
sono forme aleatorie, stati d’animo che inducono alla commozione del pensiero.
E in politica con un pensiero “commosso” non si va da nessuna parte.
Meglio
sarebbe attendere gli eletti alla prova dei fatti, dei programmi e, nel
frattempo, dare una mano per realizzare gli obiettivi condivisi, per risolvere
i tantissimi problemi che attanagliano la città e, in particolare, i suoi ceti
più deboli.
Invece, a dispetto della sobrietà, della
prudenza, in questi casi d’obbligo, abbiamo visto bruciare cataste d’incenso,
che hanno impregnato giornali e tv di odori dolciastri e melliflui, per celebrare,
osannare il passato, il presente e anche il futuro di una persona cui vengono
attribuite virtù quasi taumaturgiche che- penso- nemmeno l’interessato ritiene
di possedere.
Ma tant’è!
Ora, ognuno è libero di continuare a usare il turibolo. La mia modesta opinione
è che tutto
questo incenso bruciato è troppo e quando è troppo “sdigna” e anche l’incensato
se ne può adontare. Perciò, sobrietà compagni, conserviamo un po’ d’incenso per
i risultati. Se verranno.
(5 giugno 2015)
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