Da sx: Roberto Clemente, Franco Mineo e Nino Dina |
Riccardo Lo Verso
L'accusa piomba addosso a due onorevoli in carica, ad
un ex deputato dell'Ars e ad un altro indagato che sfiorò l'elezione al Comune
di Palermo. Roberto Clemente, Franco Mineo, Nino Dina e Giuseppe Bevilacqua sono
ai domiciliari
PALERMO -
Palazzo dei Normanni trema. Un'inchiesta giudiziaria mina, ancora una volta, la
credibilità della politica e del Parlamento siciliano. In alcuni casi si parla di
posti di lavoro, in altri di manciate di euro: sempre e comunque in cambio di
preferenze elettorali. La pesante accusa di voto di corruzione elettorale
piomba addosso a due deputati regionali in carica: Nino Dina, eletto nell'Udc e
oggi presidente della commissione Bilancio dell'Ars, e Roberto Clemente del
Cantiere popolare-Pid, ma anche sull'ex onorevole Franco Mineo, già deputato di
Grande Sud, e su Giuseppe Bevilacqua che sfiorò, sempre per il Pid Cantiere
popolare, la vittoria al Comune di Palermo. Sono finiti tutti agli arresti
domiciliari al termine di un'indagine dei finanzieri del Nucleo speciale di
polizia valutaria. Ai domiciliari pure un finanziere accusato di corruzione per
alcuni favori resi a Bevilacqua.
I
pubblici ministeri di Palermo, coordinati dal procuratore Francesco Lo Voi e
dall'aggiunto Vittorio Teresi, sono certi di avere scoperto il malaffare
che avrebbe ammorbato le elezioni regionali e le amministrative del 2012.
L'inchiesta è partita dalle microspie piazzate dai finanzieri che cercavano di
ricostruire i nuovi assetti mafiosi in una grossa fetta della città. Ad un
certo punto, però, una cimice avrebbe captato l'impegno di alcuni soggetti
considerati vicini a Cosa nostra per convogliare il consenso elettorale su
Bevilacqua, in corsa per uno scranno a Sala delle Lapidi, sede del Consiglio
comunale di Palermo. Il candidato, nonostante il ragguardevole numero di
preferenze ottenuto, risultò il primo dei non eletti.
La partita, però, non si sarebbe chiusa visto che le microspie dei finanzieri diretti dal colonnello Calogero Scibetta continuarono a registrare le conversazione anche nel post amministrative. E cioè nella fase che ha separato il voto di maggio, a Palermo, da quello di fine ottobre per le regionali. Il pacchetto di voti che non bastò all'aspirante consigliere comunale sarebbe stato sfruttato dai tre candidati a Palazzo dei Normanni. Come? Promettendo denaro e posti di lavoro in cambio di preferenze. Ci sarebbero state persone disposte a vendere il voto in cambio di pochi euro. Altri, invece, avrebbero garantito un impegno più consistente. Alzando, però, il prezzo fino a chiedere un impiego. Impiego che sarebbe stato promesso e questo già basta a configurare il reato. La corruzione elettorale punisce, infatti, il politico che paga, o semplicemente promette, denaro o altra utilità. Ed è questo reato che la procura guidata da Lo Voi contesta agli indagati. Gli arresti sono stati chiesti dai pm Luise, Scaletta, Picozzi e Del Bene.
Non si trattava di un impiego stabile, ma in un momento di fame di lavoro fanno gola anche i posti nei progetti di alcune associazioni finanziate con fondi dell'Unione europea. Interventi a pioggia che sarebbero stati sfruttati e piegati agli interessi, elettorali e illeciti, di alcuni candidati. A proposito di associazione, Bevilacqua già due anni fa era stato raggiunto da un avviso di garanzia per malversazione e appropriazione indebita: avrebbe utilizzato per fini propri, fra cui la campagna elettorale, i generi alimentari (pasta, formaggi ed altro) del "Banco opere di carità" destinati ai poveri.
La partita, però, non si sarebbe chiusa visto che le microspie dei finanzieri diretti dal colonnello Calogero Scibetta continuarono a registrare le conversazione anche nel post amministrative. E cioè nella fase che ha separato il voto di maggio, a Palermo, da quello di fine ottobre per le regionali. Il pacchetto di voti che non bastò all'aspirante consigliere comunale sarebbe stato sfruttato dai tre candidati a Palazzo dei Normanni. Come? Promettendo denaro e posti di lavoro in cambio di preferenze. Ci sarebbero state persone disposte a vendere il voto in cambio di pochi euro. Altri, invece, avrebbero garantito un impegno più consistente. Alzando, però, il prezzo fino a chiedere un impiego. Impiego che sarebbe stato promesso e questo già basta a configurare il reato. La corruzione elettorale punisce, infatti, il politico che paga, o semplicemente promette, denaro o altra utilità. Ed è questo reato che la procura guidata da Lo Voi contesta agli indagati. Gli arresti sono stati chiesti dai pm Luise, Scaletta, Picozzi e Del Bene.
Non si trattava di un impiego stabile, ma in un momento di fame di lavoro fanno gola anche i posti nei progetti di alcune associazioni finanziate con fondi dell'Unione europea. Interventi a pioggia che sarebbero stati sfruttati e piegati agli interessi, elettorali e illeciti, di alcuni candidati. A proposito di associazione, Bevilacqua già due anni fa era stato raggiunto da un avviso di garanzia per malversazione e appropriazione indebita: avrebbe utilizzato per fini propri, fra cui la campagna elettorale, i generi alimentari (pasta, formaggi ed altro) del "Banco opere di carità" destinati ai poveri.
LiveSicilia.it, mercoledì 27 Maggio 2015
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