di Alberto
Spampinato
In ricordo di chi ha perso la vita per cercare la verità dobbiamo rendere più sicure le condizioni di lavoro dei cronisti. Le proposte di OssigenoL’informazione e la professione giornalistica hanno indubbiamente valore e interesse pubblico. Ma la legge italiana non lo riconosce esplicitamente come sarebbe necessario. Anche per questo motivo l’Italia non riflette abbastanza sui rischi che i giornalisti devono affrontare. Anche per questo motivo l’Italia non affronta i problemi più drammatici connessi allo svolgimento di questa professione. Anche per questo motivo in Italia pochi si rendono conto che chi minaccia un giornalista colpisce un interesse pubblico. La Giornata della memoria dei giornalisti uccisi offre l’occasione per riflettere su queste cose.
In ricordo di chi ha perso la vita per cercare la verità dobbiamo rendere più sicure le condizioni di lavoro dei cronisti. Le proposte di OssigenoL’informazione e la professione giornalistica hanno indubbiamente valore e interesse pubblico. Ma la legge italiana non lo riconosce esplicitamente come sarebbe necessario. Anche per questo motivo l’Italia non riflette abbastanza sui rischi che i giornalisti devono affrontare. Anche per questo motivo l’Italia non affronta i problemi più drammatici connessi allo svolgimento di questa professione. Anche per questo motivo in Italia pochi si rendono conto che chi minaccia un giornalista colpisce un interesse pubblico. La Giornata della memoria dei giornalisti uccisi offre l’occasione per riflettere su queste cose.
Questa
manifestazione, indetta dalle Nazioni Unite e celebrata ogni anno in Italia per
merito dell’UNCI, ha innanzitutto lo scopo di ravvivare il ricordo dei tanti
giornalisti che hanno perso la vita perché hanno svolto con coraggio, con onore
e nell’interesse pubblico il compito di informare l’opinione pubblica su fatti
che i cittadini hanno il diritto di conoscere, che devono conoscere per
partecipare consapevolmente alla vita pubblica.
Queste
celebrazioni non sono semplici commemorazioni. Servono a fare il punto. A
verificare quanti e quali, fra i problemi costati la vita a tanti coraggiosi
giornalisti, attendonouna soluzione. In altre parole, queste cerimonie ci danno
l’occasione di discutere per trovare quale sia il modo migliore di proteggere
efficacemente i cronisti dai rischi prevedibili che la loro professione
comporta.
I RISCHI –
Ovviamente chi riferisce informazioni positive o già trattate da altri non
corre rischi. Invece chi doverosamente racconta vicende controverse, vizi del
potere, comportamenti criminali incorre spesso in minacce, intimidazioni,
ritorsioni, accuse strumentali di diffamazione o denunce di violazione di
segreti che non è tenuto a custodire. Questi rischi sono reali e sono evidenti.
Eppure è convinzione diffusa che occorra proteggere soltanto i giornalisti che
vanno in zone di guerra. Non è così. I nomi che ricordiamo oggi dimostrano che
occorre una più alta protezione anche per chi lavora in paesi pacifici come
Italia. Soprattutto per chi fa la cronaca delle vicende di mafia, della
criminalità politica, del terrorismo e della corruzione; ma anche per chi
doverosamente riferisce affari sporchi che coinvolgono politici, imprenditori e
criminali, o scandali, o comportamenti poco chiari di amministratori pubblici.
E’ rischioso trattare per primi o in esclusiva queste notizie. Chi lo fa
colpisce precisi interessi e suscita forti reazioni. Sono migliaia i cronisti
che ai nostri giorni subiscono minacce e ritorsioni per questi motivi e ne
patiscono le conseguenze.
Da sette
anni Ossigeno per l’Informazione racconta le intimidazioni e gli abusi che si
verificano in Italia. Riferisce gli episodi e pubblica i nomi delle vittime.
L’elenco, sebbene incompleto, è lunghissimo. Comprende oltre 2300 nomi. È consultabile sul
sito web di Ossigeno insieme alla storia di ogni vittima. È stato faticoso
raccogliere questa documentazione, ma è servito a porre il problema con
l’evidenza dei fatti. La documentazione di Ossigeno ha superato il vaglio della
Commissione Parlamentare Antimafia nel corso di due legislature ed è alla base
di due indagini parlamentari che hanno approfondito il fenomeno. Ormai questa
documentazione è conosciuta e apprezzata anche dalle organizzazioni
internazionali che difendono la libertà di espressione, di parola e di stampa,
che ne traggono spunto per approfondire il problema.
Su questa
ampia documentazione si basa la richiesta di creare in Italia un quadro
legislativo meno punitivo per chi fa informazione nell’interesse pubblico e di
definire condizioni di lavoro più sicure per chi lo fa per professione. Dunque
parlare di protezione dei giornalisti è necessario, anche in Italia. Ma occorre
inquadrare bene la situazione.
Ventotto
giornalisti italiani sono stati uccisi dal 1960 a oggi mentre erano impegnati a
informare i cittadini su vicende di mafia e terrorismo, su fatti controversi,
su verità scomode sulle quali gravava una cortina di silenzio. Undici
giornalisti sono stati uccisi in Italia, 17 sono morti all’estero
nell’adempimento del loro lavoro. La storia di ognuno di loro (leggi i loro nomi) e di altri che sono
stati aggrediti e hanno riportato ferite a causa del loro lavoro durante gli
anni del terrorismo è raccontata nel ‘Libro della memoria’ realizzato nel 2008
dall’Unione Nazionale Cronisti Italiani scaricabile gratuitamente a
questo link.
Ognuno di
questi giornalisti era impegnato a scoprire vicende importanti che altri
volevano fossero taciute, erano impegnati a riferirle ai cittadini con immagini
e parole. Questi cronisti svolgevano la loro attività di informazione
nell’interesse pubblico. Lo facevano sapendo che era pericoloso. Ognuno di loro
ha accettato il rischio di osservare i fatti direttamente e da vicino, come si
richiede a ogni cronista ogni volta che ciò è necessario per consentire ai
cittadini di partecipare consapevolmente alla vita pubblica, di esercitare i
propri diritti e di fare le proprie scelte sapendo ciò che accade.
UN PROBLEMA
ATTUALE- Anche nel 2015 i cronisti corrono alti rischi intimamente connessi
alla raccolta e diffusione di informazioni delicate, controverse che altri
vorrebbero tacere. Dal 1 gennaio Ossigeno ha aggiunto altri 155 nomi all’elenco
dei giornalisti italiani minacciati. In tutta Italia, molti altri cronisti a
causa del loro lavoro subiscono intimidazioni, minacce, ritorsioni, abusi che
non hanno la forza di denunciare e rendere pubblici. Molti cronisti devono
difendersi da querele false e pretestuose presentate da persone che vogliono
semplicemente intimidirli, da persone che vogliono bloccare notizie di pubblico
interesse sfruttando una legge punitiva verso i giornalisti che, fra l’altro,
impone spese legali al di là della portata di molti cronisti. Altri cronisti
subiscono minacce gravissime. A causa di minacce di morte almeno 15
giornalisti, vivono da anni sotto scorta delle forze dell’ordine.
Ossigeno per
l’informazione segue e racconta le vicende di tutti i cronisti che subiscono
minacce e abusi. L’Osservatorio lo fa nella convinzione che la visibilità aiuti
a resistere e inoltre contribuisca a portare sulla scena pubblica un problema
che indebolisce la nostra democrazia. Ossigeno assiste questi cronisti,
promuove la solidarietà nei loro confronti. Ma la solidarietà, bisogna dirlo,
in molti casi è debole e non rompe l’isolamento di chi subisce minacce e abusi.
UN PROBLEMA
TRASCURATO – Da anni, oltre ad analizzare le cause delle minacce, Ossigeno
propone misure di protezione per i cronisti più esposti. Alcune di queste
proposte potrebbero essere adottate con poco sforzo dalle istituzioni, dalla
politica, dai legislatori, dalle redazioni dei giornali, dagli editori se solo
ci fosse più attenzione per queste cose. Invece, sebbene l’elenco delle cose da
fare sia noto da tempo, in questi anni nessuna misura è stata adottata. I media
non parlano di queste cose. Molti ignorano il problema e così l’idea che sia
necessario prevenire i rischi non guadagna terreno mentre le intimidazioni
aumentano. Molti cronisti continuano a sopportare in silenzio e in solitudine
intimidazioni e ritorsioni. Molti cronisti vivono momenti difficili, di fronte
a un rischio prevedibile devono decidono in solitudine se fronteggiarlo invece
di rifugiarsi nell’autocensura che spesso appare l’unica prevenzione
disponibile e viene accettata anche se allontana dai doveri deontologici. Sono
scelte drammatiche che si riflettono sull’informazione rendendola incompleta.
Ma non si parla pubblicamente di queste cose. Un tabù lo impedisce. Dobbiamo
romperlo perché di fronte al silenzio generale, di fronte al problema concreto
di prevenire un rischio impellente, ognuno si difende come può, fa scelte
giuste e compromessi sbagliati nell’indifferenza generale. I direttori dei
giornali e gli editori inventano caso per caso le regole da seguire quando un
loro giornalista è minacciato. Non è saggio rinviare ancora queste discussioni.
COSA FARE –
Nel 2012 e poi nel 2014 Ossigeno ha fatto una serie di proposte alla Commissione
Parlamentare Antimafia e ora, in occasione della celebrazione a Firenze della
Giornata della Memoria dei giornalisti uccisi Ossigeno propone che su di esse
si sviluppi un ampio confronto pubblico sulle scelte da fare, sulle misure di
protezione più opportune da adottare. Ossigeno propone che i risultati di
questo confronto siano verificati nel 2016, quando si celebrerà la nona
edizione della Giornata della Memoria, affinché la dedica della manifestazione
ai giornalisti minacciati non sia una pura formalità.
ASP
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