di NICOLA CIPOLLA
Su
Repubblica di venerdì 10 aprile è comparso un comunicato del Dipartimento
Energia della Regione (DRE) che riportava i dati dell’adesione di 212 Comuni
siciliani (il 54% del totale) che hanno già inviato all’IRC (Jont Research
Center) il loro Piano Energetico sottoposto al Comitato del Covenant of Majors
Office. Altri 113 comuni hanno già
inviato l’adesione ma non ancora approvato il
PAES (Piano d’Azione Energia Sostenibile), tra cu i Palermo e Trapani:
siamo cioè al 75% dei Comuni. I due organismi dell’UE hanno considerato perciò la
Sicilia un caso di eccellenza.
Una
volta tanto le bistrattate istituzioni autonomistiche e l’Isola nel suo
complesso, di solito nelle prime posizioni nelle statistiche riguardanti
inefficienza, scandali e corruzione, si trovano in una posizione di
avanguardia, in un settore, come quello dell’ambiente, e in una fase storica in
cui, alla fine del 2015 a Parigi, una conferenza mondiale di tutti gli Stati
affronterà il problema di un intervento obbligatorio che sostituisca gli
accordi di Kyoto in modo da evitare, come già i disastri locali che si
moltiplicano annunciano, che il superamento dei 2° C. della temperatura apra
una fase di irreversibilità del disastro ambientale.
Questi
dati sono importanti, io credo, primo perché
dimostrano che c’è almeno una piccola parte dell’amministrazione
regionale che funziona. Secondo: che i sindaci e i comuni siciliani
rappresentano, come è già avvenuto in passato, una forza determinante e propulsiva
capace di continuare a recepire la
grande spinta popolare a favore dell’acqua pubblica, contro il nucleare e per
le energie rinnovabili e contro la privatizzazione dei servizi sociali che si è manifestata con il referendum del 12 e 13
giugno 2011. Ricordiamo che in Sicilia esistono condizioni più favorevoli,
che in Germania e nei Paesi Nordici, per
l’utilizzazione delle energie rinnovabili (idroelettrico, eolico e soprattutto
solare FV) e che nell’Isola erano sorte negli anni scorsi
industrie, come la STM Elettronics e la Enel Green Power, nell’Etna Valley, o
imprese piccole e medie come quella di Moncada con migliaia di addetti
qualificati, che però sono costrette a
lavorare oggi per l’estero e non possono
espandersi a causa dei blocchi alle rinnovabili operati dai governi nazionali dal 2012 in poi.
Questa
volontà e queste iniziative dei Comuni sono in contrasto, invece, con l’azione che il
governo Berlusconi, prima, e Monti, Letta e Renzi, poi, hanno tentato di
portare avanti per ostacolare la trasformazione energetica che nel 2011 aveva
portato l’Italia, per esempio, al primo posto
nel mondo per installazione di pannelli solari con 9.000 MW di potenza.
Per
la redazione di questi piani il DRE ha utilizzato 7 milioni e mezzo di finanziamenti
comunitari. Ma ora per la loro realizzazione
occorreranno non milioni ma
decine di miliardi ed anche una modifica radicale della politica dei governi, nazionale e regionale, che blocca le energie
rinnovabili e favorisce le trivellazioni e l’estrazione di petrolio e metano. Anche
in questo caso il governo regionale si è
accodato pedissequamente agli orientamenti di Roma.
In
questa prima fase della legislatura Crocetta e i deputati dell’ARS, maggioranza
e minoranza, si sono scontrati tra di loro più volte fino al punto di
determinare tre successive modifiche della compagine assessoriale e, in ultimo,
l’annuncio di una mozione di sfiducia nei confronti di Crocetta che porterebbe
al terzo scioglimento anticipato dopo quelli di
Cuffaro e Lombardo. Ciò però contrasta con la preoccupazione degli
attuali parlamentari di non potere più, in caso di elezioni anticipate, ritornare
all’ARS.
Se
si vuole dare un senso alla continuazione della legislatura occorre, venire
incontro ai deliberati delle amministrazioni comunali con un Piano Energetico
Regionale che superi gli intrallazzi dei
governi Cuffaro e Lombardo che hanno
favorito prestanome, come Nicastri, di mafiosi come Matteo Messina Denaro.
Questi
personaggi incapaci di costruire e gestire le
autorizzazioni di grandi impianti di eolico e solare, le hanno cedute
a grandi monopoli italiani ed esteri del
settore, incauti acquirenti o addirittura complici, di simili personaggi. Bisogna
sostenere, invece, impianti piccoli e medi ubicati sui tetti degli edifici
pubblici e privati capaci di ottenere dalle industrie siciliane pannelli
solari, minieolico, mini idroelettrico, accumulatori di energia, batterie per
auto elettriche per diventare “prosumer”, come dice Rifkin, cioè produttori e consumatori dell’energia
prodotta e liberarsi, così, per sempre dal pagamento delle bollette .
Occorre
un Piano di “Zero rifiuti” per la
trasformazione in biogas dei rifiuti
liquidi e solidi e una forte azione per il risparmio energetico.
Per
finanziare la realizzazione di questo Piano bisogna utilizzare le risorse
comunitarie per la ricerca, la sperimentazione e lo sviluppo
delle imprese. E soprattutto, attraverso un mutuo, a basso tasso di
interesse (1%), con la BCE, rimborsabile in dieci anni, fornire un fondo
di rotazione stabilito presso l’IRFIS che dia ai Comuni, alle imprese, ai
condomini e alle famiglie le anticipazioni necessarie, per realizzare questa
grande conversione energetica che creerà decine di migliaia di nuovi posti di
lavoro e collocherà la Sicilia nella grande
mobilitazione internazionale che coinvolgerà assieme alla UE, i paesi del
Mediterraneo e del Medio Oriente, per
contribuire così al successo della Conferenza
di Parigi e alla salvezza della vita umana sul pianeta.
Nicola
Cipolla
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