Calogero Cangelosi |
Caro Dino, cari amici della CGIL. Quando ho appreso che il
primo di aprile avreste commemorato mio
nonno ho provato sentimenti di commozione e orgoglio, gli stessi che tre anni
fa provai quando davanti alla sua tomba, in un caldo e assolato pomeriggio
d’estate, un tecnico del teatro Massimo di Palermo, incontrato lì per caso,
ebbe a ricordarne la figura. La cosa, devo ammettere, mi colpì. Che un uomo sui
sessant’anni, che mai conobbe in vita, conservasse una immagine così nitida e
chiara di un personaggio quale lui fosse stato, in una terra dove i martiri
purtroppo non mancano, era il segno tangibile che la gente di Sicilia non
dimentica mai i figli che per lei hanno avuto il coraggio di compiere sacrifici
estremi. E’ sacrosanto che il valore di un tale gesto superi il muro del tempo
in quanto esso rappresenta l'essenza stessa di ciò che significa un'idea e un
ideale per cui vale la pena di cessare, consapevolmente, la propria esistenza
e di condizionare quella dei propri cari.
Ecco perché è un dovere
ricordarne la figura straordinaria e coraggiosa, facendone un esempio
soprattutto per i più giovani, verso i quali vige l’obbligo morale di
perpetuare quanto accadde quella sera di 67 anni fa. Mio nonno pretendeva per i
braccianti solo giustizia e libertà, parole che in Sicilia hanno sempre fatto
paura perché avrebbero significato affrancamento dall'oppressione malavitosa
dei padrini. Ho sempre vivi nella mente i racconti di mia nonna, la sua adorata
e devota Francesca. Quando parlava di lui scoppiava a piangere lacerata dal
dolore immenso per averlo perduto così giovane e ingiustamente. Ma se
continueremo a ricordarlo, come voi fate oggi, allora la sua morte e il suo
sacrificio non saranno stati vani e il suo messaggio di libertà e giustizia
supererà, intatto, le generazioni.
Con affetto e gratitudine infinita…..
SONIA GRECHI
Grosseto 01 aprile 2015
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