di Agostino Spataro
Pubblico alcuni brani
tratti da un mio libro per evidenziare
l’errore compiuto, intenzionalmente, dalla classe dirigente italiana (governanti,
leader politici, parlamentari, giornalisti di grido e loro editori, capitani
d’industria, banchieri, ecc. ) per avere voluto o subìto la guerra alla Libia. Solo ora, qualcuno l’ammette
senza, per altro, un minimo di autocritica. Le disastrose conseguenze sono
sotto gli occhi di tutti e le stanno pagando le masse di disperati in mano a
schiavisti ingordi e senza scrupoli e i diversi Paesi del Mediterraneo, in
primo luogo la Libia
e l’Italia. Se volete, date
un’occhiata sotto e non abbassate la guardia poiché, forse, stanno preparando
un’altra guerra contro quel che resta della Libia.
(dal capitolo II “La Libia che ha trovato e che
ha lasciato” - pag. 29-33)
“Gheddafi
avrebbe dovuto intuire che la sua sorte personale era segnata. Gli ex amici
gliela avrebbero fatta pagare con la vita, per tappargli la bocca. In un
articolo dell’agosto 2011,
in piena guerra civile libica, affrontai questo tema,
anche alla luce dell’uccisione di Osama Bin Laden in Pakistan da parte delle
forze speciali Usa.
Un
articolo, antecedente all’assassinio del Colonnello che, riporto di seguito
poiché mi pare conservi tutta la sua amara attualità, anche a correre il
rischio di apparire il solito “io l’avevo
detto”.
A tale proposito,
desidero far notare che quando si valutano le responsabilità di un errore, a
dare spiegazioni non deve essere chi lo aveva preavvertito, ma chi lo ha
compiuto, nonostante l’avviso.
Se a compiere
l’errore è una personalità pubblica, questi non può tentare di cambiare le
carte in tavola e/o mostrarsi infastidito con chi gliene ricorda la
responsabilità, ma dovrebbe semplicemente ammettere la colpa e lasciare l’incarico.
Purtroppo,
l’esperienza insegna che i previdenti sono spesso emarginati, dileggiati,
mentre gli imprevidenti persistono nell’errore e nel comando.
Ma
andiamo all’articolo, apparso in “Il Dialogo. org” dell’agosto 2011.
E’ un po’ lungo, ma forse aiuterà a riflettere.
“Gheddafi farà la
stessa fine di Osama Bin Laden? Probabilmente, sì. Alcuni lo auspicano, taluni
ministri degli esteri lo minacciano, apertamente.
Se ciò dovesse
accadere, non sarà certo per “spirito di vendetta degli “insorti”. Quali
ragioni avrebbero di vendicarsi quei suoi sodali che fino all’altro ieri, per
42 anni, hanno comandato e condiviso col dittatore potere e ricchezza?
Sarebbe ucciso per
tappargli la bocca, per evitare che in un processo equo e pubblico potesse
chiamare in correità i suoi ex amici, libici e internazionali.
Del resto, tale
soluzione sarebbe in linea con la sorprendente decisione, assunta dalla
presidenza Usa, di far assassinare Bin Laden, facendone addirittura sparire (in
mare) il corpo.
Per tale decisione
molti hanno esultato per lo scampato pericolo...
Con
Gheddafi bisognava chiudere qualche anno fa, invece…
“Con
Gheddafi il copione potrebbe ripetersi, per evitare che parlando in un processo
possa creare molti imbarazzi e bloccare fulminanti carriere politiche in Libia
e all’estero.
Soprattutto, di tanti
capi di Stato occidentali i quali, nonostante il dittatore libico avesse
ammesso la tremenda responsabilità per i due attentati agli aerei civili nei
quali perirono circa 600 persone innocenti, lo hanno premiato accogliendolo nel
club esclusivo dei loro amici e protetti..
Con Gheddafi,
bisognava chiudere allora, isolandolo e invocando il principio di giustizia.
Invece, non se ne fece nulla. Nemmeno al solerte Tribunale dell’Aja hanno
aperto un fascicolo di atti relativi.
È bastato che il
colonnello pagasse un indennizzo alle famiglie delle vittime (che era la
conferma agghiacciante della sua responsabilità) per fare esattamente il
contrario di quanto andava fatto.
Si è
avviata, infatti, fra i capi di Stato e di governo dell’Occidente una gara a
chi per prima riusciva a “sdoganare” un terrorista reo confesso, a riceverlo
presso le più prestigiose cancellerie, baciandogli persino la mano. Tutti, non
solo Berlusconi.
Compresi
i signori Sarkozy, Obama e i premier inglesi che come “cadeau” gli hanno
consegnato libero l’unico imputato libico detenuto in Gran Bretagna per la
strage di Lockerbie.
Il
problema, dunque, che si pone non è nominalistico, ma di coerenza politica e
morale e di rispetto dei principi della legalità internazionale e della nostra
civiltà giuridica che condannano le ingerenze esterne e la barbarie delle
esecuzioni sommarie e i processi- farsa...
Missioni
umanitarie più disastrose dei crimini dei dittatori
“Andiamo
ora a questo ennesimo intervento militare “umanitario” che in realtà si sta
dimostrando per quello che è: una guerra della Nato, con gli “insorti” al
seguito, i quali come ha detto efficacemente
Edward Luttwak:“sparano per i cameraman delle televisioni”.
E poi, conti alla
mano, si è dimostrato che questi interventi hanno provocato più morti e
distruzioni di quelle provocate dai carnefici che si vorrebbero bloccare e
punire.
Basta guardare
l’abisso in cui sono stati trascinati l’Iraq, la So malia, l’Afghanistan e ora la Libia.
Il caso
dell’Iraq è davvero emblematico: Saddam Hussein è stato impiccato perché
accusato di avere ordinato la strage di alcune migliaia di poveri sciiti,
mentre la guerra di Bush junior, fino ad oggi, ha provocato diverse centinaia
di migliaia d’innocenti vittime irachene.
C’è chi
parla di circa 600.000!
Anche la soppressione
ingiusta di una sola persona dovrebbe far inorridire la coscienza di ognuno di
noi. Tuttavia, se i numeri e la vita
degli uomini hanno ancora un senso, tremila o cinquemila vittime di Saddam non
sono la stessa cosa delle trecento o cinquecentomila provocate dall’invasione
militare di Bush e della coalizione internazionale che com’è comprovato
hanno deliberatamente falsato le prove per invadere l’Iraq.
Se Saddam ha pagato i
suoi crimini con l’impiccagione, perché non devono pagare coloro che hanno
provocato questo più grande sterminio? Perché l’ineffabile tribunale dell’Aja
non ha aperto un fascicolo, un’inchiesta?”
La
guerra a debito delle grandi potenze
“Tutto
ciò è inaccettabile, immorale per una società libera e democratica. Si stanno
devastando i bilanci degli Stati, contraendo debiti sopra debiti per finanziare
guerre, nient’affatto umanitarie.
Perché deve essere
chiaro che queste “grandi potenze” fanno le guerre a debito ossia con i soldi
prestati dalla Cina e dai risparmiatori nazionali e stranieri…
Inoltre,
ribadisco che l’Italia partecipando alla guerra in Libia ha solo da perdere sul
piano dell’immagine politica e su quello delle sue relazioni economiche e
commerciali. Per certi aspetti, questa guerra è anche contro l’Italia.
Ovviamente,
il nostro discorso è prima tutto politico, umanitario; coerente con il
pacifismo insito nell’articolo 11 della nostra Costituzione che non può essere
oscurato da quel vergognoso codicillo introdotto per vanificarlo.
Oggi,
anche i grandi giornali italiani che hanno incitato alla guerra scrivono,
allarmati, di come si potrà spartire il “bottino” ossia il tesoro del popolo
libico: i grandi giacimenti d’idrocarburi e a quanto si dice le cospicue
riserve finanziarie, anche in oro, e in titoli azionari, ecc.
Tutto sarà deciso a
Parigi, su iniziativa di Sarkozy, il principale promotore del progetto
“insurrezionale”, che vorrà fare la parte del leone, in accordo con gli altri
due paesi della triade bellicista (GB e USA).”
Si
può vincere la guerra, ma perdere il dopoguerra
“Non sappiamo che
cosa sia stato promesso alle più alte Autorità italiane per indurle a far
entrare il Paese in questa avventura, mettendo a disposizione navi, aerei e
diverse basi italiane.
A
quanto si vede, gli “insorti” preferiscono trattare con la triade e trascurano
il governo italiano.
Se la
tendenza dovesse essere confermata, si aprirebbero scenari molto problematici per
l’Italia.
Il
governo e il ceto politico italiano (di destra e di centrosinistra),
stranamente unito in questa scelta improvvida, sapevano a quali conseguenze si
andava incontro e avrebbero dovuto chiarirlo al Paese, al Parlamento. Non è
stato fatto.
Perciò, crescono le inquietudini
nell’opinione pubblica. È tempo che i nostri responsabili rispondano ai tanti
quesiti che la gente si pone e fra questi alcuni davvero pregnanti e
prioritari:
quale sarà il futuro
dei nostri rifornimenti d’idrocarburi derivati dalla Libia (circa il 25% del fabbisogno totale italiano);
quali squilibri si
potranno determinare nella bilancia commerciale italo- libica, unica in
equilibrio con un paese petrolifero;
che fine faranno gli
ambiziosi programmi d’investimento (in ricerca e produzione) di Eni e il ruolo
stesso di questo colosso dell’energia (al 70% privatizzato) che fa ombra a
molti all’estero e purtroppo anche in Italia.
cosa ne sarà
dell’accordo d'indennizzo e di cooperazione firmato da Berlusconi e Gheddafi
con un costo per l’Italia di cinque miliardi di euro in 20 anni;
come spiegano,
infine, il rifiuto della Germania, paese membro della Nato e locomotiva
dell’Unione Europea, di partecipare all’avventura libica.
Insensibilità o
preveggenza della signora Merkel?
Le risposte,
probabilmente, non verranno poiché questi signori si sentono invincibili con… i
deboli. Attenzione, però, perché si può vincere la guerra ma perdere il
dopoguerra.” [1]
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