Immigrati... |
di Agostino
Spataro
Ma quanti ne dovranno morire per cambiare politica?;
Chiudere il capitolo del soccorso in mare e aprire quello dell’immigrazione
regolare; Non serve recriminare, ma proporre giuste soluzioni; Accordi
bilaterali e multilaterali d’immigrazione; L’atto di richiamo. Perché no?; La
cooperazione per aiutarli a restare e per organizzare il futuro del mondo.
MA
QUANTI NE DOVRANNO MORIRE PER CAMBIARE POLITICA?
Avverto che sarò lungo, necessariamente. Se volete, potete evitare la lettura di questa riflessione scaturita mentre ero in preda al turbamento per l’inquietante notizia (in corso di accertamento giudiziario) degli immigrati cristiani gettati in pasto agli squali da una quindicina di compagni di sventura di fede islamica e alla quale se n’è aggiunta un’altra, più terribile e agghiacciante, di un nuovo naufragio che potrebbe aver provocato la morte di 700 (900?) immigrati.
A
fronte di tali tragedie e di altre che si annunciano, viene da chiedersi: ma
quanti migranti devono ancora morire per mettere fine a questo vergognoso
mercimonio di esseri umani che, da circa vent’anni, si sta svolgendo nel
Mediterraneo, intorno e dentro la nostra civilissima Europa?
Come
da copione, le reazioni sono state da un lato le dichiarazioni commosse,
lacrimevoli, ipocrite o talvolta sincere, di autorità, ministri e ciambellani
che, per tutto questo tempo, si sono limitati a gestire la parte finale del
turpe mercimonio e dall’altro lato il bieco odio razzista di chi cavalca la
tigre anti-immigrati per calcoli meramente elettorali.
C’è
poi una categoria di benpensanti che cosparge d’invettive l’universo mondo che
prima di pontificare avrebbe il dovere di meglio documentarsi su fenomeno,
sulle sue origini e soprattutto sulle ragioni che alimentano il crescente
malcontento popolare.
Reazioni,
posizioni diverse per gravità, ma un po’ tutte ripetitive e inconcludenti
poiché - come si vede - non hanno risolto il problema, semmai l’hanno
aggravato, fino a farlo diventare esplosivo come oggi appare.
CHIUDERE
IL CAPITOLO DEL SOCCORSO IN MARE E APRIRE QUELLO DELL’IMMIGRAZIONE REGOLARE
La
condanna delle strumentali posizioni di Lega nord e di taluni esponenti della
destra deve far pensare che se queste forze si spingono a tali estremi è perché
trovano un certo riscontro (facendosene
megafono assordante) in settori non trascurabili dell’opinione pubblica.
Dall’altra
parte, risulta poco credibile la posizione diciamo maggioritaria di
“centro-sinistra” che, in sostanza, propone un “miglioramento” del servizio di
trasporto in mare delle masse crescenti di migranti manipolati da sfruttatori
crudeli e senza scrupoli.
Visti
i risultati catastrofici, penso che bisognerebbe terminare questa tragica e
inconcludente esperienza e cambiare completamente registro nel campo della
politica di accoglienza degli immigrati, per superare positivamente questa
“emergenza” che continuano a chiamare umanitaria.
Emergenza?
Per essere tale, dovrebbe svolgersi (aprirsi e chiudere) entro un limite
temporale breve oltre il quale si trasforma in un inferno disumano e ingovernabile.
Da
tempo, quel limite è stato superato e la realtà affiora con nettezza, per
quella che è: un barbaro sistema schiavistico, ben collaudato e lucroso, che -
come hanno dimostrato diverse inchieste giudiziarie e giornalistiche- parte da
territori lontanissimi per approdare sulle nostre coste, passando, in gran
parte, per la Libia
“liberata” dalle armate inviate da alcuni stolti governi della Nato, fra cui
l’Italia.
NON
SERVE RECRIMINARE, MA PROPORRE GIUSTE SOLUZIONI
Di
fronte alla tragedia in atto e ai pericoli di varia natura che s’intravvedono non
è tempo di recriminare, ma di pensare alle migliori soluzioni possibili.
Che
fare? Questo è il vero, urgente problema.
La
risposta non è a portata di mano e comunque spetta darla alle forze politiche e
sociali, alle autorità preposte, italiane ed europee.
A
noi, cittadini di Sicilia che assistiamo, attoniti e impotenti, agli sbarchi di
disperati o dei loro cadaveri, non resta che ricordare- per ciò che può valere-
l’iniziativa politica e parlamentare intrapresa, negli anni ’80, dal PCI ossia
dal più grande partito della sinistra italiana.
Il
nostro criterio ispiratore, il metro di misura era quello di assicurare agli
immigrati gli stessi diritti (e doveri) richiesti per i lavoratori italiani
all’estero.
Perché
gli emigrati in cerca di un lavoro onesto sono tutti uguali!
Lo
ricordo non per nostalgia, ma per tentare d’indicare una via più umana, più
giusta.
Si
partì con l’organizzazione, a Palermo, della prima conferenza nazionale e
unitaria sull’immigrazione araba alla quale presero parte- come si può notare
dalla documentazione allegata - rappresentanti dei governi centrale e
regionale, di ambasciate arabe, di
partiti, sindacati, associazioni e delle diverse confessioni di fede.
Un
evento talmente importante da indurre il ministero dell’interno a pubblicarne e a diffonderne gli atti
integrali.
ACCORDI
BILATERALI E MULTILATERALI D’IMMIGRAZIONE
In
base alle riflessioni e alle ipotesi scaturite dalla conferenza, alcuni parlamentari
comunisti presentammo alla Camera dei Deputati un disegno di legge (n. 2990 del
24 nov. 1981) ) all’insegna di due valori fondamentali: la solidarietà e la
legalità.
Per
gli immigrati chiedevamo il massimo ossia l’equiparazione con i diritti
acquisiti dai lavoratori italiani mediante le dure lotte del biennio 1968-69,
ma eravamo contro l’immigrazione irregolare, il traffico degli esseri umani, il
mercato nero delle braccia, le
discriminazioni razziali e/o religiose, ecc.
Per
non restare nel vago indicammo all’art.10 sanzioni adeguate contro i profittatori locali
e internazionali, contro ogni illegalità.
Tenendo
conto delle esperienze più evolute d’Europa, l’impianto propositivo era basato
sull’esigenza di programmare e regolare i flussi secondo le esigenze del Paese,
garantendo, al contempo, diritti e una accoglienza dignitosa agli immigrati
mediante accordi bilaterali con i paesi d’origine.
Paradossalmente,
quella proposta non fu approvata perché ritenuta giusta, umana, forse troppo
umana, giacché equiparava gli immigrati ai lavoratori italiani.
Questa
la verità sussurrata, ma non dichiarata da padroni e padroncini che temevano una
legge siffatta perché annullava la “convenienza” economica dell’immigrazione.
Come
oggi, anche allora si preferiva un’immigrazione illegale, clandestina per alimentare
il mercato nero del lavoro, abbattere i costi di produzione e, se del caso, usare
come clava per indebolire, demolire il sistema di tutele e dei diritti dei
lavoratori italiani. Il Job Act è figlio di tale contesto.
L’ATTO
DI RICHIAMO. PERCHE NO?
Certo,
dal 1981 a
oggi, molte cose sono cambiate e le proposte vanno adeguate alle nuove condizioni
createsi, tuttavia solidarietà e legalità restano punti di riferimento validi
che debbono procedere di pari passo.
Per
favorire e regolarizzare il processo di accoglienza si potrebbe fare ricorso
(perché no?) a un classico istituto caduto in disuso: il famoso “atto di
richiamo” che consentiva a un immigrato regolarizzato di potere “chiamare” un
parente, un amico assumendosene gli oneri del viaggio, di vitto e alloggio e aiutandolo
a trovare un lavoro entro un tempo congruo.
Il
richiamante s’impegnerebbe, verso lo Stato e la società d’accoglienza, a
garantire l’identità e la buona condotta del richiamato. Si eliminerebbero,
così, la clandestinità e i tanti disagi che travagliano la convivenza,
soprattutto nei quartieri popolari delle nostre città. Poiché i ricchi hanno le
scorte e le ville ben munite per evitarli.
L’ideale
sarebbe non solo un’armoniosa convivenza, il rispetto reciproco e la
solidarietà anche politica fra lavoratori italiani, europei e immigrati per
affrontare insieme i problemi comuni.
All’occorrenza,
di tale istituto potrebbero avvalersi coloro che per esigenze di lavoro o anche
per spirito umanitario desiderano aiutare un immigrato a venire in Italia.
Immagino
che qualcuno potrebbe storcere il muso. Ma ricordo che per molti decenni,
l’atto di richiamo consenti a milioni di lavoratori italiani e d’altra
nazionalità di espatriare in maniera regolare verso le Americhe e i più
importanti paesi europei.
LA
COOPERAZIONE PER
AIUTARLI A RESTARE E PER ORGANIZZARE IL FUTURO DEL MONDO
A
conclusione della riflessione, desidero segnalare una differenza che di solito
sfugge a commentatori e sostenitori delle diverse tendenze.
Negli
anni ’80 del secolo scorso l’immigrazione aveva un senso poiché giungeva in
Italia e in Europa dopo le grandi ristrutturazioni tecnologiche dell’industria,
in una fase di crescita economica e dei consumi; oggi comporta qualche problema
poiché avviene in una fase critica, addirittura recessiva, che provoca dismissioni
di attività e livelli di disoccupazione e d’inoccupazione (giovanile) mai visti
nell’ultimo mezzo secolo.
Non
è necessario essere grandi economisti per capire la differenza. In ogni caso, l’emigrazione
è un dramma, spesso una tragedia, per i popoli meno sviluppati del Pianeta.
Noi
che veniamo da famiglie di emigrati e che ci siamo occupati del fenomeno fin
dal suo nascere, sappiamo bene che nessun uomo desidera emigrare, abbandonare
la famiglia, il proprio Paese se non vi è costretto dal nero bisogno.
Perciò,
resto convinto che il miglior modo di aiutarli concretamente é quello di contribuire
a risolvere i problemi dei loro Paesi, alcuni dei quali possiedono risorse e
potenzialità davvero interessanti.
Un
esempio? La Nigeria
galleggia sopra un mare di petrolio e di gas, di diamanti, ecc.
In
certi ambienti si conoscono bene certe previsioni secondo le quali, nei
prossimi decenni, sarà l’Africa il
continente a più elevato indice di sviluppo.
Allora,
invece di indurli a scappare, bisognerebbe aiutarli a restare, per organizzare
il loro futuro.
Come
aiutarli? Certamente non con le guerre, con le missioni militari “umanitarie”,
né con la carità pelosa, ma con la cooperazione economica e culturale, reciprocamente
vantaggiosa, con gli scambi commerciali, con i trasferimenti di tecnologie, di
capitali leciti.
Perché
l’umanità si salva tutta intera o non si salva. Altrimenti verranno nuovi,
micidiali conflitti razziali, religiosi e la maledetta Guerra ossia la fine di
tutto.
(20
aprile 2015)
Documentazione
allegata in:
http://montefamoso.blogspot.it/2015/04/parole-chiare-sullimmigrazione.html
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