A volte percepisco
sulle mie piccole spalle di scienziato borderline il peso di dover essere
l’unico — fra tutti quelli che scrivono su un quotidiano nazionale italiano
o un telegiornale - a sentire il dovere di dare certe
notizie. Notizie evidentemente così scomode, per chi è al servizio
della verità-purché-mainstream, da doverle tacere o scrivere
in carattere piccolissimo in una pagina interna, o biascicare di sfuggita
in pochi secondi dopo la mezzanotte. Si vede che è il mio karma. Un oscuro
blogger che di mestiere insegna in università, che non ha la tessera di
giornalista italiano (ho quella americana per i miei trascorsi statunitensi),
e che quindi fa un po’ quello che può, come può. Comunque procedo
e sarò volutamente lapidario.
ISIS. Le statue “antichissime”
sulle quali i neroincappucciati si sono accaniti a colpi di
mazza suscitando lo Sdegno Universale erano quasi tutte copie in gesso
e di scarso valore degli originali. Lo smazzamento è avvenuto
a Mosul, le statue vere sono a Baghdad. Bastavano due occhi
e un cervello onesto per verificare. Mi spiace per tutti i media
e i milioni che sui social hanno guaito di dolore all’unisono: avete sprecato
un’indignazione. Va beh che tanto gli occidentali, massimo gli italiani, si
indignano molte volte alla settimana, quindi c’è abbondanza.
Certo che quest’ISIS
è davvero lo start-up peggio riuscito agli americani, come amaramente
constata Hillary Clinton: quanti soldi sprecati! Qui l’articolo:
anche, è dell’anno scorso, scritto quindi quando l’ISIS non andava
molto di moda. Qualcuno potrebbe obiettare che si tratti della solita
teoria del complotto. Ma la voce dell’ex Segretario di Stato Americano,
appunto Hillary Clinton, in un’intervista rilasciata a metà agosto
2014 a Jeffrey Goldberg del giornale web The Atlantic,
è ben chiara: “L’Isis è roba nostra, ma ci è sfuggita di mano”.
Letterale (per i più increduli): «È stato un fallimento.
Abbiamo fallito nel voler creare una guerriglia anti Assad credibile. Era
formata da islamisti, da secolaristi, da gente nel mezzo. Il fallimento
di questo progetto ha portato all’orrore a cui stiamo assistendo oggi
in Iraq». Kenneth O’ Keefe, un ex ufficiale delle forze armate
USA, ci dice poi che “Lo
Stato Islamico è “la creazione di un mostro, di un Frankenstein creato da
noi statunitensi”: gli estremisti dell’ISIS, ISIL o EL, che operano
in Iraq ed in Siria, siano stati finanziati dagli USA attraverso i suoi
rappresentanti come il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita.
“In realtà tutti questi miliziani sono una nuova veste ribattezzata di Al
Qaeda, che di sicuro non è niente più che una creazione della CIA”.
I jihadisti hanno ricevuto dagli Stati Uniti “il miglior equipaggiamento
nordamericano” come il sistema di blindatura personale, i blindati
da trasporto truppe e l’addestramento, ma gli è stato anche permesso
di diffondersi attraverso le frontiere in molti altri paesi del Medio
Oriente. “Tutto questo è stato fatto sotto l’auspicio di rovesciare il
regime di Bashar al-Assad in Siria. Lo stesso padrone si vede in Iraq ed in
Afghanistàn”.
Pensate che gli istruttori
della CIA non han fornito a costoro neppure le basi per impersonare
credibilmente dei mussulmani. Tipo: quando si prega ci si sdraia tutti
dalla stessa parte. Perché la Mecca è una. In compenso, hanno ricevuto
bellissimi pick-up fuoristrada Toyota, made in USA, nuovi di fabbrica
e tutti uguali, per le loro fotografie stile selfie collettivo da
inviare sul web. Sono proprio il modello made in USA, come ci dicono
quelli che se ne intendono di pickups. Strano, vero? Ecco fatto. Compitino
finito. Ora tocca agli altri, quelli “veri”: di nuovo titoloni a nove
colonne, eh: se no non è corretto. E dovreste, se conoscete il
verbo, chiedere scusa e vergognarvi.
Post-scriptum
Intanto ha riaperto il Museo Nazionale di Baghdad. Mancano all’appello ancora centinaia e centinaia dei 15mila reperti conservati sino alla caduta di quel pericolosissimo Saddam. Ma si potranno ammirare al British di Londra, a New York e soprattutto dispersi (e persi per il mondo comune) nelle tante collezioni private dei tanti clienti dei trafficanti di reperti archeologici, che in combutta coi “democratici liberatori” di Baghdad hanno inferto un colpo ben più terribile al patrimonio archeologico della Mesopotamia che non i quattro imbecilli dell’ISIS a frantumar copie in gesso di statue. Può comunque darsi — visto il livello di imbecillità e bestialità di questi incappucciati — che neppure sapessero cosa stavano prendendo a mazzate: eseguivano gli ordini di qualche loro capetto, mentre il regista che poi doveva mandare il filmato in rete controllava le luci e il suono. Squallore ai massimi livelli: un falso stato che frantuma false statue, e tutti che stanno allo squallido gioco.
Intanto ha riaperto il Museo Nazionale di Baghdad. Mancano all’appello ancora centinaia e centinaia dei 15mila reperti conservati sino alla caduta di quel pericolosissimo Saddam. Ma si potranno ammirare al British di Londra, a New York e soprattutto dispersi (e persi per il mondo comune) nelle tante collezioni private dei tanti clienti dei trafficanti di reperti archeologici, che in combutta coi “democratici liberatori” di Baghdad hanno inferto un colpo ben più terribile al patrimonio archeologico della Mesopotamia che non i quattro imbecilli dell’ISIS a frantumar copie in gesso di statue. Può comunque darsi — visto il livello di imbecillità e bestialità di questi incappucciati — che neppure sapessero cosa stavano prendendo a mazzate: eseguivano gli ordini di qualche loro capetto, mentre il regista che poi doveva mandare il filmato in rete controllava le luci e il suono. Squallore ai massimi livelli: un falso stato che frantuma false statue, e tutti che stanno allo squallido gioco.
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