L'intervento del sen. Giuseppe Lumia |
A Sciacca, nel pomeriggio del 21 marzo,
presso l’Istituto professionale industria e artigianato “I.p.i.a. Accursio
Miraglia”, si è svolta la “Giornata della memoria e dell’impegno in
ricordo delle Vittime di mafia”, manifestazione voluta ed organizzata
dalla “Fondazione Accursio Miraglia” e dall’associazione nazionale “I cittadini
contro le mafie e la corruzione”. A introdurre e coordinare i lavori,
Enzo Alessi. Al tavolo dei
relatori si sono alternati rappresentanti di associazioni, uomini politici,
sindacalisti, testimoni di giustizia, familiari di vittime innocenti di mafia,
rappresentanti della società civile, mentre il gruppo dei MALARAZZA ha suonato
e cantato dal viso un pezzo scritto interamente da loro su don Pino Puglisi. GUARDA L'ALBUM FOTOGRAFICO
Tra gli intervenuti il senatore Beppe
Lumia che ha illustrato la figura di Accursio Miraglia, sindacalista
ucciso dalla mafia e del quale era presente tra i relatori il figlio Nico, che ha
rimarcato la necessità di mantenere alto il livello di attenzione verso i
rischi derivanti da sempre possibili infiltrazioni mafiose.
Anche in questa sede si è parlato
delle discrasie di una legge che distingue le vittime di mafia da quelle del
terrorismo mafioso, finendo con il penalizzare le prime. Un tema che ha trovato
sensibile all’argomento l’onorevole Tonino Moscatt che si è impegnato affinchè
si possa arrivare all’equiparazione tra vittime che in quanto tali non possono
appartenere a categorie diverse creando disparità tra le une e le altre,
sottolineando come sia necessario vedere il politico in maniera diversa da come
fino ad ora lo si è visto e che lo stesso deve assumersi le responsabilità
anche di quanti lo hanno preceduto. E sempre in ambito politico si registra
l’intervento del parlamentare regionale Matteo Mangiacavallo, che ha
sottolineato come sia necessaria la presenza e l’impegno del mondo politico per
ricercare le soluzioni a chi già ha pagato caro l’impegno sociale proprio o
quello dei propri cari.
Secondo Antonino Turri , Coordinatore
nazionale di “I cittadini contro tutte le mafie”, associazione che con la
“Fondazione Miraglia ha organizzato l’evento, è necessario che la popolazione
sia partecipe e protagonista come cittadinanza attiva nella lotta alla
criminalità organizzata. Un impegno necessario se realmente vogliamo sperare
che in futuro le mafie possano essere definitivamente sconfitte.
Acute le
riflessioni di Dino Paternostro, direttore del giornale on line “Città nuove” e
segretario della Camera del Lavoro di Corleone, che ha illustrato ai
presenti come concetto di antimafia sia antico quanto la mafia stessa,
ricordando come lui sia riuscito a vincere una sua personale scommessa facendo
urlare a Corleone che la mafia fa schifo. E per chi conosce Corleone e la
storia dei corleonesi, non v’è dubbio alcuno che non si è trattato di un
risultato di poco conto.
Bontorno Alessio, responsabile della
Consulta Giovanile di Sciacca ha ricordato come l’arma dei giovani è la cultura
pura , la purezza con la quale si affrontano i conflitti giornalieri ignari
delle logiche complottiste che esistono.
È stato poi il turno di Gian J. Morici
che in collegamento Skype da Parigi ha spiegato le ragioni che hanno
spinto lui e Fabio Fabiano a scrivere un libro sulle vittime di mafia. Una
critica a chi scrive di mafiosi e pentiti facendone delle star, alla quale ha
fatto seguito l’accusa rivolta a quegli organi stampa che hanno atteggiamenti
omertosi quando si tratta di denunciare all’opinione pubblica fatti gravi che
riguardano personaggi noti e potenti.
Lotta da più di 23 contro la
‘ndragheta, Franco Gaetano Caminiti, imprenditore calabrese che ha presentato
più di 55 denunce, subendo anche due attentati alla vita. L’imprenditore che più
volte ha scritto alla Commissione Antimafia e alla Procura di Reggio Calabria
per essere sentito, senza mai avere ottenuto una convocazione né una risposta,
nonostante ciò continua a viaggiare ad andare in giro per l’Italia per
diffondere la cultura antimafia fra i giovani…
Catania Graziano familiare di vittima
di mafia, Il cui padre rimase ferito durante l’agguato al boss locale, denuncia
lo stato di abbandono, chiede la prova tangibile sul territorio da parte dello
Stato e di poter conoscere su cosa e come si faccia antimafia.
A denunciare
come lo Stato conceda privilegi nei confronti dei collaboratori di giustizia in
termini di denaro e presenza, dimenticando di garantire gli stessi nei
confronti dei familiari delle vittime o dei testimoni di giustizia, è stata
Angela Ogliastro, il cui fratello sparì per “lupara bianca”. Parole toccanti
quelle di Angela che non ha mai trovato conforto neppure nel poter piangere
dinanzi la tomba del fratello visto che il corpo non è mai stato ritrovato.
Fabio Fabiano ha invece parlato delle
storie delle vittime di mafia inserite nel libro. Vittime innocenti, vittime
dimenticate perché figlie di un dio minore. Fabiano che ben conosce le vicende
di mafia che hanno riguardato il territorio nel quale lavora e ha lavorato da
poliziotto, non ha usato mezzi termini nel condannare quegli “ominicchi” che si
ritengono potenti grazie alla loro arroganza, alla bestiale violenza e al
timore a volte reverenziale da parte di chi ne ha timore.
Giuseppe Ciminnisi e Nico Miraglia
sono intervenuti in merito alla tanto deprecata legge che finisce con il creare
vittime di serie A e vittime di serie B, tracciando poi l’evoluzione del
fenomeno mafioso fino ad arrivare ai “colletti bianchi” che rappresentano quel
livello superiore che troppo spesso si finge di ignorare. Ciminnisi ha aggiunto
che sarebbe “carino” il prossimo anno poter leggere i nomi dei mafiosi
anziché i nomi delle vittime…
Incisivi gli interventi di Agostino
D’Amato, rappresentante dell’associazione Pio La Torre Centro Studi e di
Salvatore Tripi ( Presidente FLAI CGIL).
L’incontro,
nel corso del quale non sono mancate critiche a chi dell’antimafia ha fatto
passerella a proprio uso e consumo, ha attirato l’attenzione della platea anche
per un giallo imprevisto. Antonino Vassallo, fotografo di professione, ha
narrato infatti come si trovò sul posto pochi istanti dopo l’attentato al
Giudice Giovanni Falcone. In quella circostanza Vassallo scattò diverse
fotografie. Il rullino venne immediatamente sequestrato da due persone in
borghese che si qualificarono come agenti di polizia. Solo a distanza di tempo,
Vassallo scoprì che quelle immagini non arrivarono mai sul tavolo degli
inquirenti che indagavano sulla strage. Che fine fece il rullino fotografico di
Vassallo che conteneva le immagini dei primi istanti subito dopo l’attentanto?
Chi erano gli uomini che sequestrarono quelle fotografie? Tutte domande senza
risposta. Domande inquietanti se messe in relazione con i più recenti fatti che
hanno visto coinvolti pezzi delle istituzioni in presunte trattative tra lo
Stato e la mafia.
Giorno 21 a Sciacca non c’è stato
posto per passerelle e antimafia di facciata. Si è trattato di un momento di
commemorazione, di vera giornata della memoria, non discriminante e selettiva,
che, in quanto tale, deve essere rappresentata dai familiari delle vittime
innocenti di mafia. Unica memoria che grazie alla testimonianza dei familiari
delle vittime può gettare le basi, in particolare con le nuove generazioni,
affinchè la nostra terra possa sottrarsi al terribile giogo delle mafie. Ma si
è trattato anche di un momento di forte denuncia perché i temi dell’antimafia
non possono essere monopolizzati da nessuno, men che meno da quanti
strumentalizzano il dolore per fare inutili passerelle o che sfruttino
l’antimafia di facciata per fare carriera.
Fonte: http://www.lavalledeitempli.net/
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