Ha vinto Syriza. Ha perso la Troika. Le intromissioni dei poteri forti europei,
le ingerenze del ministro tedesco Wolfgang Schauble, i moniti “a votare bene”
del presidente Juncker, il fango dei media ellenici che ammonivano dal
“demagogo”, le favole sulla Grexit, le minacce dei mercati finanziari. Tutto
inutile.
L’attuale emergenza umanitaria nel Paese ha spinto i cittadini a dar
retta alla pancia e alle proprie condizioni di disagio materiale. “I
greci non
avevano nulla da perdere che le proprie catene”, è la citazione. Hanno
votato in massa un’idea di cambiamento. Syriza era la sola speranza di
discontinuità in una Grecia che ha fatto da cavia della Troika. Un
laboratorio
delle politiche del rigore palesatasi in smantellamento del welfare,
distruzione del pubblico, tagli, privatizzazioni e compressioni
salariali. Una
“cura da cavallo”. In nome dei conti in regola, eppure – oltre agli
immani
disastri sociali – anche i numeri non quadrano: tasso di disoccupazione
al 26%,
quello giovanile quasi al 60, le famiglie hanno perso il 40% del potere
d'acquisto negli ultimi cinque anni e il rapporto tra debito e Pil resta
altissimo, vicino al 170%. Mentre i tossicodipendenti sono aumentati del
300%,
raddoppiati i suicidi e sanità e istruzione sono diventati un lusso per
pochi
greci. Un disastro, il fallimento dell’austerity.
In campagna elettorale, Tsipras andava ripetendo: “La ricetta che ci hanno imposto dalla leadership europea sarà insegnata nelle facoltà di Economia, e diranno: Avete visto come si sono mossi? Ecco, fate il contrario”. Il voto greco era il terreno di scontro tra due diverse ideologie e due idee di società contrapposte in Europa. Tsipras contro Angela Merkel. “Due fortini che si combattono: uno del capitale e dei mercati, l’altro dell’unione dei popoli d’Europa. Lo scontro sarà decisivo”, prometteva il nuovo premier greco prima del voto.
Un referendum ellenico sulle politiche della Troika: proseguire sulla stessa strada o cambiare rotta? Ha vinto la seconda opzione.
Contro quell’Europa a due velocità, che ha ampliato le diseguaglianze sociali e imboccato un vicolo cieco verso l’insostenibilità e la deflagrazione dell’eurozona stessa. Syriza è l’alternativa. Un’alternativa all’Europa egemonizzata dai mercati e dalla finanza rispolverando lo spirito originario di un’Europa fondata su ricette keynesiane, sul lavoro, sui diritti e sul principio di solidarietà e supremazia della politica. Ma alternativa anche alla scorciatoia nazionalista e xenofoba capeggiata da Marine Le Pen in Francia e dalla Lega di Matteo Salvini in Italia che in maniera ipocrita ora esultano alla vittoria di Tsipras. Mentre in Grecia ha impedito l’ascesa di Alba Dorata che pur restando la terza forza del Paese passa dal 9% del 2012 al 6. Syriza è una terza via. Europeista e anti-austerity.
Questa opzione ha trionfato perché Tsipras è stato capace di modernizzare e innovare Syriza (in greco significa “coalizione della sinistra radicale”) ed ha avuto il merito di mantenere la barra dritta in questi anni: mentre Pasok (i socialisti sono di fatto spariti in Grecia) e Neo Demokratia imponevano i memorandum, il Paese veniva attraversato da pesanti scontri e contestazioni organizzate da studenti, anarchici e sindacati. Piazza Syntagma il luogo delle mobilitazioni, il Palazzo preso d’assalto dai manifestanti inferociti e senza più un futuro.
I militanti di Syriza affollavano quelle piazze, si sono contaminati coi movimenti facendo proprio il “conflitto sociale”. E soprattutto, mentre i greci allo stremo si vedevano negati il diritto alla salute o all’istruzione, o la penuria economica rendeva impossibile mangiare e pagare le bollette di luce e gas, Syriza grazie alla sua gamba sociale, l’associazione Solidarity for All, ha messo in campo pratiche di mutualismo supplendo alle manchevolezze dello Stato: mense popolari, farmacie e ambulatori gratuiti, cooperative socio-lavorative, scuole popolari, riallacci delle utenze per i bisognosi (sfidando quindi la legalità). Per non parlare del sostegno alle fabbriche fallite e successivamente riaperte, recuperate ed autogestite dagli operai rimasti disoccupati. La forza di Syriza: un partito radicato socialmente, vicino ai movimenti, e coerente. Durante la crisi economica e morale – con un tasso di corruzione altissimo in Grecia – Syriza ha avuto la pazienza di saper aspettare il proprio turno, rimanendo all’opposizione e non cedendo alle sirene del Pasok. E’ nata nel 2004 in contrapposizione al centrodestra e al centrosinistra, “entrambi figli del neoliberismo”, a questo principio non è mai venuta meno.
Va respinto al mittente ogni tipo di comparazione tra il nostro Matteo Renzi e il “loro” Alexis Tsipras, così qualsiasi tentativo di salire sul carro del vincitore. La “sintonia” di cui parla qualche renziano è lontana per storia personale, programmi e schieramenti politici. Lo scorso anno quando Tsipras si candidava a presidente della Commissione di Bruxelles, il Pd sosteneva il tedesco Martin Schulz e mentre i socialisti europei votavano in un regime di larghe intese coi popolari la nomina di Junker, Tsipras rimaneva all’opposizione tra le fila della sinistra europea e tra i banchi del Gue. Infine la stessa dichiarazione del leader greco è inequivocabile: “Renzi presenta un forte dualismo, è come se si trattasse, quasi, potremmo dire, di una personalità scissa: a parole è contro l’austerità, ma le sue riforme sono fissazioni neoliberiste”. E poi ancora: “Credo che sia il neoliberismo a rappresentare la grande minaccia europea: la politica del Ppe, che viene sfortunatamente seguita dalle socialdemocrazie, sta mettendo in pericolo la costruzione continentale. Noi vogliamo parlare di un’Europa solidale i cui perni siano la redistribuzione delle ricchezze, la democrazia, l’ecologia, i cittadini. Loro i numeri, noi le persone”.
Syriza ha vinto. Per un soffio non ha stravinto. E’ andata oltre le più rosee speranze ma due seggi sotto la maggioranza assoluta in Parlamento. Una legge elettorale proporzionale con sbarramento al 3 e un premio di maggioranza di “soli” 50 scranni al primo partito. Adesso si aprirà il valzer delle alleanze. La cosa più logica sarebbe chiedere il sostegno dei comunisti del Kke che però hanno sempre respinto l’ipotesi di dialogo con Syriza, accusata di essere un partito “opportunista, riformista e borghese”. Difficilmente quindi si convinceranno i settari (filo-sovietici) del Kke. L’ipotesi più accreditata è l’accordo esterno di To Potami (“Il Fiume”), una forza liberal-centrista capeggiata dal giornalista Stavros Theodorakis, una sorta di “Grillo” greco per l’odio avversato finora contro il sistema partitocratico. Altra possibilità i “Greci Indipendenti”, una destra anti-austerity. Si vedrà nelle prossime ore. Di certo, si chiede il sostegno dei cittadini, di “continuare a camminare insieme”.
“La Grecia è il Paese di Sofocle, che con l'Antigone ci ha insegnato che esistono momenti in cui la legge suprema è la giustizia”, le prime parole dei dirigenti di Syriza. Così è stato. Adesso si aprirà una nuova fase: “La Troika è il passato”. Per la Grecia, per l’Europa e forse per l’Italia. Infine Tsipras, nel primo discorso post voto, ha anche teso la mano alla Ue: “Troveremo con l'Europa una nuova soluzione per far uscire la Grecia dal circolo vizioso dell'austerità e per far tornare a crescere l'Europa. La Grecia presenterà ora nuove proposte, un nuovo piano radicale per i prossimi 4 anni”. La sfida dell’esecutivo, la vera sfida. Forse la più temuta. Far rispettare quel programma di speranza e cambiamento, molto ambizioso. Se Syriza, da opposizione, non ha sbagliato un colpo, ora ha il compito dal governo di non deludere le aspettative. Intanto, nel dubbio, benarrivato Tsipras.
(MicroMega, 26 gennaio 2015)
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