Il boss Vincenzo Graziano |
di PATRIZIO MAGGIO
”L’esplosivo
per Di Matteo dovete cercarlo nei piani alti”: così a detto ai
finanzieri della Valutaria che lo stavano accompagnando in carcere
il boss Vincenzo Graziano, capomandamento di Resuttana, fermato
con l’accusa di essere l’organizzatore del piano di morte per il pm Nino Di
Matteo, e in particolare l’uomo che avrebbe nascosto i 200 chili di tritolo
nascosti a Palermo e ancora non ritrovati, nonostante le
numerose perlustrazioni ordinate dalla procura di Palermo. Cosa voleva
dire il boss ai finanzieri con quella frase sibillina?
E’ quello che si
domandano in questo giorni gli investigatori alle prese con la ricerca
dell’esplosivo che secondo il pentito Vito Galatolo ”è ancora a Palermo, e
rende sempre attuale il rischio di un attentato” al pm della trattativa
Stato-mafia. Era una battuta quella di Graziano? Era un riferimento ai
”piani alti” della mafia o ai vertici delle istituzioni? I pm lo hanno
chiesto direttamente al boss, tirato in ballo dalle dichiarazioni di Galatolo,
nell’interrogatorio di garanzia effettuato davanti al gip Luigi Petrucci. Il
costruttore ora smentisce di aver pronunciato quella frase. E le domande su
quella frase enigmatica restano tutte aperte.
Galatolo racconta che nel dicembre del
2012 il boss Graziano, insieme a Alessandro D’Ambrogio (capomafia
di Porta Nuova) e Girolamo Biondino (fratello dell’autista di Totò
Riina) fu protagonista di alcune riunioni nelle quali fu letta una lettera
di Matteo Messina Denaro, con l’ordine di uccidere Di Matteo. Dal
boss latitante di Castelvetrano infatti era arrivato l’input di organizzare
l’attentato nei confronti del magistrato palermitano, che andava eliminato
perché’ ”era andato troppo oltre”.
Galatolo ha poi riferito che i boss fecero
una colletta per comprare il tritolo, raccogliendo circa 600 mila euro. E
che proprio Graziano si sarebbe occupato di procurare dalla Calabria
il tritolo per poi conservarlo in previsione dell’attentato.
Già nelle
scorse settimane, subito dopo l’inizio della collaborazione di Galatolo,
le forze dell’ordine avevano fatto scattare numerose perquisizioni e
scavi con i cani anti-bomba ed i metal detector nelle borgate palermitane
e nelle campagne circostanti, a caccia dell’esplosivo: le ricerche si
erano concentrate, in particolare, nella zona di Monreale, dove ha una casa di
campagna, con un terreno agricolo, proprio Graziano, arrestato il 23
giugno scorso, assieme a Galatolo, nel blitz Apocalisse, e tornato in libertà a
luglio, dopo che il tribunale del riesame lo scarcerò per mancanza di gravi
indizi di colpevolezza.
Al boss di Resuttana veniva contestato, sulla base delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Sergio Flamia, anche di avere affiliato altri uomini d’onore mentre si trovava in carcere.
Al boss di Resuttana veniva contestato, sulla base delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Sergio Flamia, anche di avere affiliato altri uomini d’onore mentre si trovava in carcere.
Galatolo, in
realtà, non ha mai fornito certezze sull’ubicazione e sul nascondiglio del
tritolo: la perquisizione nel terreno e nella villetta di Graziano
era stata disposta dagli inquirenti in base al calibro mafioso del personaggio
e al suo ruolo nei summit mafiosi del dicembre 2012 durante la
preparazione della strage per Di Matteo.
Vincenzo
Graziano, ritenuto
specializzato nella gestione delle slot machines, era già stato
condannato per mafia, e aveva finito di scontare la pena nel 2012, poco
prima di finire in manette nel blitz Apocalisse. Per gli inquirenti, il boss di
Resuttana sarebbe stato regista del monopolio delle macchinette mangiasoldi e
delle scommesse online, che avrebbe imposto nei bar di mezza città,
proprio lavorando in società con Galatolo. Un business che è diventato negli
ultimi anni una cospicua fonte di finanziamento per le famiglie mafiose.
Secondo gli inquirenti, Graziano avrebbe preso il posto di Galatolo
nell’organigramma palermitano di Cosa nostra.
L’Ora quotidiano, 2 gennaio 2015
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