di GIUSEPPE GAROFALO
“Non scrivere mai per piacere al pubblico, ma per piacere a te”. Credo sia
stato eccessivamente fedele a tale aforisma di Wilbur Smith, l’autore
dell’articolo “Damnatio Corleone” comparso mercoledì pomeriggio sul noto
giornale online Live Sicilia. Già, è abbastanza chiaro che quanto scritto piace
più al suo autore che ai suoi destinatari. Anzi ai destinatari non piace per
niente! Ed è ciò che mi ha spinto a scrivere queste righe, dar voce alle decine
di commenti all’articolo, univoci, pregni d’indignazione. Proprio questo stato
d’animo, ha colpito tutti coloro che, terminata la lettura, le macchioline di
sangue le hanno viste trasudare dalla propria dignità, offesa, uccisa. Se
volete scrivere, scegliete un argomento pari alle vostre forze, diceva un certo
Orazio. Non credo che, in questo caso, l’autore abbia fatto tesoro di questo
monito. La dimostrazione sta nel fatto che, chi scrive ha conosciuto molti
Siciliani e non, che pronunciando “Corleone” hanno espresso il desiderio di
visitare un posto che si dice sia bellissimo.
La storia non si cancella, specie le pagine nere, anzi, guai a condannarle all’oblio! La giornata della memoria è maestra a riguardo. E’ per ciò che, per nulla in silenzio, coloro che da me condotti nella Corleone che ha dato i natali, tra tutti a San Bernardo e San Leoluca, hanno chiesto della mafia (in minuscolo). Sì, perché come dice l’autore, la Mafia (in maiuscolo) a Corleone è nata, c’è stata ma adesso (questo non lo dice) s’è spostata. Qualcuno dice a Roma, chissà… certo è che la mafia che ho potuto mostrare è storica, una vera delusione per chi si aspettava di essere accolto con la coppola e la lupara. Si recupera facilmente, tuttavia, dopo aver mostrato la Corleone delle 100 chiese, le cascate, l’ex carcere e la vita che i frati francescani conducono al suo interno, la villa comunale, le gole del drago, il museo civico, il panorama mozzafiato!
Questo è stato il miglior antidoto per cancellare definitivamente quella paura, quel terrore che emergono impetuosi dalla penna del Sig. Puglisi. Sembra più urgente, a questo punto, agire sulle coscienze di coloro che nutrono pregiudizi. Solo così, e non scrivendo articoli thriller, si può combattere la mentalità mafiosa, l’omertà e l’assordante silenzio delle vittime dei mafiosi moderni (rigorosamente in minuscolo) presenti, anche a Corleone.
Essere corleonesi, caro scrittore, non è per niente una colpa, è motivo d’orgoglio, chi dice “vado a Corleone” non se ne vergogna, ne va fiero. I giovani nativi, nutriti a pane e antimafia, talvolta perfino ingozzati (cit.), lungi da essere succubi di una rieducazione forzosa, non devono per nulla scontare un inemendabile peccato, ma sanno di dover portare in alto il nome della loro Città e non paesello…
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