ULTIMO GIORNO PER LA COALMA. OGGI POMERIGGIO L’AZIENDA, FERMA GIA’
DA UN ANNO, CHIUDE IL RAPPORTO DI LAVORO CON GLI ULTIMI 45 DIPENDENTI. IL
MARCHIO IN VENDITAPalermo 16 dicembre 2014 – Un anno fa era stata firmata la cassa
integrazione straordinaria. Oggi, che anche l’ultima speranza di ripresa
è svanita, la Flai Cgil firma gli atti di transizione di fine rapporto di
lavoro per gli ultimi 45 dipendenti, tra amministrativi e operai, ancora
rimasti. Con quest’atto conclusivo scompare la Coalma Spa, azienda
ittico conserviera che ha operato in via Tiro a Segno 70, a
S. Erasmo, da tre generazioni. Ma lo storico marchio, nato nel 1922,
quando il primo proprietario, Francesco Macaluso, avvia la
produzione di conserve del pesce azzurro e del tonno di tonnara pescato nel Mar
del Mediterraneo, può continuare a sopravvivere.
“Siamo riusciti a prevedere anche un piccolo incentivo economico per i
lavoratori. L’azienda chiude per cessazione di attività. Con senso di
responsabilità siamo riusciti a scongiurare il fallimento, che avrebbe
decretato la fine del marchio, che oggi invece può essere riutilizzato –
dichiarano il segretario Flai Cgil Palermo Tonino Russo e Rosi Pennino,
della Flai Cgil di Palermo - Vanno ringraziati sia i lavoratori, alcuni dei
quali hanno iniziato a lavorare a 16 anni da stagionali, che il sindacato:
un fallimento del marchio avrebbe reso tutto ancora più nero. L’accordo è
a tutela dei lavoratori: prevede che se domani la Colama dovesse
riprendere l’attività, deve assumere gli stessi lavoratori, che in questi
anni hanno dimostrato un grande attaccamento per questa fabbrica”.
La firma di fine-rapporto, questo pomeriggio.“Oggi è comunque una
giornata triste, per il sindacato, per i lavoratori e per la città di
Palermo – aggiungono Totnono Russo e Rosi Pennino peR la Flai - La Coalma
aveva creato occupazione nel cuore di Brancaccio, in tempi d’oro aveva
anche 160 dipendenti, di cui la metà donne, e nei giorni della pesca del
tonno si arrivava a 250. Lavoratori di un quartiere di periferia, ad
altissimo tasso di povertà. E’ un altro colpo all’occupazione,
dovuto alla crisi, alle nuove normative che hanno vietato la pesca del tonno rosso
e alle condizioni capestro praticate dalle banche nei confronti delle
piccole e medie aziende in crisi mostrando pochissime aperture di
credito”.
Una crisi iniziata nel 2006. Nel 2009 l’azienda voleva licenziare le sue
75 lavoratrici, lasciando al lavoro solo 40 operai. Una decisione
“discriminatoria” contro la quale insorsero tutti i dipendenti.
L’attività è stata sospesa un anno e mezzo fa e a ruota sono
scattate prima la cassa integrazione ordinaria e poi tre tranche di mobilità:
la prima per i più anziani, la seconda per 36 dipendenti nell’aprile
2012, con incentivi all’uscita, l’altra per altri 36 dipendenti. Ci sono
anche 11 lavoratori che hanno avviato un contenzioso con l’azienda.
Quindi la cig straordinaria. Oggi scatta la mobilità per gli ultimi
lavoratori, che vanno a casa. “Oggi per la Coalma è l’ultimo
giorno. Io ho iniziato nel 1974 e sono andata via nel 2012. Per pochi
mesi, ringraziando la Fornero, sono rimasta senza pensione – dichiara Antonella
Quartuccio, Rsu storica della Flai Cgil - Il nostro era un tonno
d’eccellenza, di prima scelta, si lavorava a mano. I proprietari dicono che la
colpa della chiusura sia delle banche. Ma a pagarci siamo stati sempre e
solo noi operai. Purtroppo il futuro della fabbrica era scritto da tempo. Io ho
lasciato alla Coalma il 70 per cento del mio udito, perché ho lavorato
per 34 anni alle macchine. C’è chi ha perso dita, chi un occhio.
Abbiamo dato e pagato abbastanza per questa ditta. Spesso capitava di dover
lavorare a 42 gradi in estate e sottozero in inverno. Per noi valeva il
motto: più l’operario soffre, più rende. Ma è stato il nostro lavoro e siamo
rimasti senza. A me dispiace anche perché vivo proprio accanto a questa
fabbrica sul mare che spero di rivedere aperta”.
1 commento:
Tonno scadente con pezzi di latta tagliente dentro.
Per di più non producono a Palermo, lasciando per la strada tutti i lavoratori.
Comunicazione marketing pessima e magazzino che lavora e vende in nero.
Giulia p.
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