Vincenzina Butera e Nicolò Catalano |
di
ANTONINO GIUSEPPE MARCHESE
Quando
i nostri nonni mangiavano pane e cipolla (e godevano una buona salute)
Più
che i geni è la dieta in chiave mediterranea, basata sul modello della
restrizione calorica, a determinare il fenomeno della vita sana e lunga nei
paesi del “Triangolo del Triona”, ove la signora Vincenzina Butera di Chiusa
Sclafani (110 anni) e il signor Nicolò Catalano di Giuliana (106 anni),
veterano della Seconda guerra mondiale, detengono in atto il record di
longevità massimale di genere in Sicilia. A riguardo, ospitiamo volentieri un
articolo del medico-scrittore giulianese Antonino Giuseppe Marchese, che da anni
indaga tale fenomeno in sintonia col team di ricercatori del professor Calogero
Caruso della Scuola di Medicina dell’Università di Palermo.
«Agli anziani verrà dato il dono dei sogni», leggiamo
nella Bibbia (Gioele, 3, 1);
tuttavia, dal mito di Gilgamesh al transumanesimo biotecnologico di Fukuyama
(passando per il Faust di Goethe e la
commedia L’affare Makropulos di Karel
Capek), il vero sogno coltivato dagli uomini è stato quello dell’immortalità
(e/o dell’eterna giovinezza), che, al di là degli intenti di coloro che
lavorano “seriamente” a tale progetto, rimane pur sempre un pio desiderio. Ma,
a parte gli inconvenienti previsti da Umberto Eco in un suo assunto («E’
proprio pensandomi centenario che inizio a scoprire gli inconvenienti
dell’immortalità»), vale la pena in proposito ricordare il pensiero del grande
genetista Edoardo Boncinelli, autore della Lettera
a un bambino che vivrà 100 anni (Rizzoli 2010): «Non saremo eterni, e,
temo, neanche necessariamente felici, ma sempre alla ricerca di qualcosa».
Questo “qualcosa” è stato certamente trovato da una
supercentenaria di Chiusa Sclafani, Maria Santa Butera vedova Catalano, meglio
nota presso la comunità locale come la zia Vincenzina, la quale ha raggiunto,
il 2 dicembre 2014, la veneranda età di 110 anni. «Bona sugnu», ha detto ai
cronisti durante il momento conviviale, nei locali attigui alla chiesa di Santa
Caterina, ove, accanto all’affetto (scontato) dei suoi quattro figli superstiti:
Giuseppe, Giuseppina, Letizia (suor Alessia) e Gina (l’inseparabile angelo
custode), dei dieci nipoti (in primis
Nino Doria, figlio della figlia Giuseppina) e dei cinque pronipoti (con la
protezione dalla gloria dei cieli del marito, morto 36 anni fa, e delle due
figlie Concetta e Franca, decedute anch’esse già da tempo), è letteralmente
esploso il calore dei chiusesi: dalle scolaresche alle autorità municipali (il
sindaco Giuseppe Ragusa e il presidente del consiglio comunale Giuseppe Giglio)
sino alle autorità regionali (con la presenza dei deputati Nello Musumeci,
presidente della Commissione antimafia, e Giovanni Joppolo, membro della Commissione
sanità), che si sono raccolti nella monumentale chiesa per assistere alla
cerimonia liturgica presieduta dal vicario della curia di Monreale don Antonino
Dolce, con la concelebrazione del parroco don Bernardo Giglio; mentre
l’arcivescovo monsignor Michele Pennisi e il presidente dell’Assemblea
regionale Ardizzone hanno voluto inviare i loro telegrammi gratulatori.
Non
poteva mancare, infine, la benedizione particolare di papa Francesco, un atto
dovuto per una supercentenaria, quale la zia Vincenzina, una donna tutta casa e
chiesa, con la grande passione per il ricamo, che già alcuni anni fa ha voluto
mettere la fede in Dio al primo posto nel “paniere” dell’elisir di lunga vita,
durante un’intervista rilasciatami ai fini di uno studio sul fenomeno della
longevità nei Monti Sicani, da me condotto in sintonia con il team di ricercatori del professor
Calogero Caruso, della Scuola di Medicina dell’Università di Palermo.
Al secondo posto pare che vi sia il latte di capra, munto
fresco tutte le mattine, da sempre presente nella dieta della zia Vincenzina,
con un incredibile parallelismo con i centenari dell’isola greca di Ikaria e
dell’area dell’Ogliastra in Sardegna, che riconoscono nel formaggio di latte di
capra il loro elisir di longevità. Al terzo posto metterei la serenità e il
senso positivo della vita (che sottendono i sacri valori della famiglia),
elementi che si riscontrano pure nel “collega” di Giuliana Nicolò Catalano
(prossimo al traguardo dei suoi 106 anni), ma con una marcia in più costituita
dallo spiccato senso di humour col
quale questi ha cercato di prendere in giro la fatica del vivere (oltre al duro
lavoro nei campi, la partecipazione alla guerra Italo-etiopica del 1935-36, nel
corso della quale riportò serie ferite nella battaglia di Taga-Taga, del 12
febbraio 1936, e poi al Secondo conflitto mondiale, allorché fu fatto
prigioniero dagli inglesi ed internato per circa sette anni nel campo di concentramento
di Zondelwater, nel sud Africa).
Attualmente, la signora Butera di Chiusa Sclafani e il
signor Catalano di Giuliana detengono il primato di longevità massimale di
genere in Sicilia. Più che nel patrimonio genetico (peraltro non dissimile da
quello dell’intera popolazione siciliana), il segreto della loro longevità
risiede tuttavia nei fattori ambientali, con particolare riguardo al regime
alimentare, in chiave mediterranea. Un segreto estensibile agli altri centenari
dei paesi del “Triangolo del Triona” (Bisacquino, Chiusa Sclafani, Giuliana,
noto ormai come il triangolo della lunga vita), che con l’1,5 per mille di
centenari (ovvero 15 centenari distribuiti su una popolazione complessiva di
diecimila abitanti) supera di gran lunga sia la media regionale (0,20 per mille)
che nazionale (0,25 per mille). L’alimentazione di questi nostri centenari è
piuttosto semplice e frugale, “ristretta” dal punto di vista calorico, e
tuttavia con spiccati caratteri antinfiammatori per l’organismo: pane e pasta, legumi,
verdura e frutta, formaggi e latticini (la cosiddetta dieta mediterranea, già
studiata, nel dopoguerra, relativamente all’area del Salento, dal medico
americano Ancel Keys, esperto nutrizionista nonché professore all’Università di
Minnesota, cui si deve l’invenzione della razione kappa, il kit per il
fabbisogno calorico giornaliero dell’esercito americano).
L’alimento base è il pane bianco di frumento,
analogamente agli antichi greci (cui si deve peraltro la colonizzazione
dell’isola, a partire dall’VIII sec. a.C.) i quali si qualificavano come
“mangiatori di pane”, stando ad un passo di un’ opera di Esiodo (Le opere e i giorni, 82), mentre la
grande “assente” risulta essere la carne rossa, un’assenza che è il retaggio di
un atavico status di povertà legato
al vecchio mondo contadino, allorché la si mangiava (quannu si quannu no) soltanto nella ricorrenza delle grandi feste
religiose (sappiamo bene come, oggi, le morti per malattie causate da iperalimentazione
abbiano superato quelle carenziali del passato). Le uova erano, invece,
destinate ai bambini (tuttavia, “cu ‘a scusa du figliolu ‘a mamma si mangia
l’ovu”).
La pasta (con la verdura, l’estratto di pomodoro, le fave
e le lenticchie) ha una presenza pressoché quotidiana nella mensa dei
centenari, accanto al consumo di verdure cotte (cavoli e cicoria conditi con
olio d’oliva), alla frutta secca (fichi, noci, mandorle), a parte i formaggi (pecorino,
tuma) e il latte (quello di capra è, come abbiamo visto, il preferito dalla zia
Vincenzina), non mancano le olive da mensa (famose le “giarraffe” di Giuliana),
con una preferenza particolare da parte della signorina Giovanna Pizzolato di
Chiusa Sclafani (103 anni), la quale fa colazione tutte le mattine, alle ore
10, con un po’ di pane e sette olive (sic); mentre il signor Antonino Altamore
di Giuliana, che ha superato i 101 anni (suo fratello Sebastiano i 100) le
olive se le mangiava “a munnedda”, secondo un’espressione iperbolica di una
delle nuore. Costante è l’uso di aglio (di cui sono abbastanza noti gli effetti
ipotensivi) e cipolla (quella rossa di Bisacquino, Allium cepa L., si segnala per i suoi effetti antinfiammatori e
antiallergici nonché per le sue proprietà inibitrici della sintesi del fattore
di aggregazione piastrinica), come pure la frutta di stagione e la verdura,
specie quelle colorate, ricche di pigmenti come le antocianine, che attivano la
longevità delle cellule, tra cui le ciliegie di qualità di Chiusa Sclafani e
gli ortaggi di Bisacquino; ma anche pesche di San Carlo e arance di Burgio, uva
di Sambuca e Contessa Entellina (i vigneti di Entella furono cantati in epoca
romana dal poeta Silio Italico), fichidindia di Santa Margherita, pere di
Giuliana (con le numerose varietà autoctone: pitirru, gaddina, gamma ‘i donna, zuccarinu, spatuni, santannaru, mastrunatali), pistacchi di Caltabellotta, nonché le nespole
d’inverno, comuni a tutto il territorio, che hanno dato luogo all’antico modo
di dire: «Quannu viditi nespuli chiangiti ca è l’ultimu fruttu di l’estati».
Alla mensa dei centenari dei Monti Sicani non può mancare
la bevanda tradizionale per antonomasia, il vino, quello che, come osserva
Umberto Eco, «è stato fin dal suo apparire un eccezionale marcatore culturale,
tra uomini e no, tra Greci e barbari, tra uomini e dèi». Sappiamo adesso che:
il vino contiene il resveratrolo, che stimolando la fabbricazione del collagene
costituisce una delle migliori molecole antinvecchiamento; l’olio d’oliva
contiene un acido polinsaturo, il linoleico, che agisce interferendo con la
fissazione del colesterolo nelle arterie; il frumento del Corleonese (comprendente
anche quello di Contessa e Bisacquino), che risulta tra i primi dieci al mondo
presenti alla “borsa del grano” di New York, contiene alcune proteine
particolari, i lignani, inibitori delle proteasi, che hanno un riconosciuto
ruolo antitumorale (pare infatti che l’incidenza dei tumori in questo territorio
sia inferiore alla media nazionale). Il risultato di questa dieta per i nostri
centenari, che praticamente non prendono medicine (poiché non ne hanno bisogno;
la zia Vincenzina prende soltanto mezza compressa al giorno di Doxazosina da 2
mg, un antipertensivo, che per la sua età si rivela praticamente un placebo) è
che hanno valori bassi di pressione arteriosa e bassi valori glicemici e di
colesterolo LDL.
Persino un poeta dialettale chiusese, Totò Mirabile, ha
voluto di recente magnificare questi tre prodotti che sono alla base della
piramide alimentare sostanzialmente vegetariana dei nostri centenari (grano,
olio, vino) in un suo componimento dal titolo “L’elisir di longa vita”, ove
l’autore, desideroso di conoscere il segreto della longevità, immagina di
correre di qua e di là e di girare intorno fino a chiedere lumi a lu zu Cola
Catalanu di Giuliana, a la za Vincenzina Butera di Chiusa e a lu zu Petru
Pillitteri di Bisacquino, non senza aver consultato anche un “dutturi” che gli
sembrava un “Marchisi”: «Caminannu caminnannu mi misi a pinsari / e a lu
ritornu versu lu lannaru m’assittai / vidennu lu dutturi un veru Marchisi
arrivari / ci gridai di luntanu ca l’elisir l’attruvai. / Lu pani di Chiusa e
l’ogghiu di Giuliana / e vinu di Busacchinu ca ponnu cangiari / l’ogghiu di
Chiusa e lu vinu di Giuliana / pani sempri di Busacchinu pi mangiari».
Del resto, il frumento, l’olio e il vino, elementi base
nel menù dei nostri centenari, costituivano per la tradizione alchemica
medievale l’elisir di lunga vita, ovvero l’oro potabile. Una tradizione
alchemica peraltro abbastanza presente in Sicilia, se è vero che nella
Biblioteca comunale di Palermo si conserva, tra l’altro, un manoscritto
dell’alchimista umanista Giovanni Braccesco degli Orzinuovi, ma in copia del
sec. XVII, dal titolo Dialogo denominato Legno della vita, nel
quale si dichiara qual fosse la medicina per la quale i primi padri vivevano
novecento anni. Anche il famoso impostore palermitano del ’700, nonché
medico-ciarlatano, Giuseppe Balsamo detto il conte di Cagliostro, confezionò
degli elisir di lunga vita, dopo essere stato allievo a Messina dell’alchimista
d’origine greca Althotas.
Abbiamo già accennato alla scarsa incidenza della
genetica (meno del 30%) sul fenomeno della longevità nei Monti Sicani. Al
riguardo il genetista Giuseppe Passarino, dell’Università della Calabria, in
una sua intervista rilasciata a “Panorama” ha affermato che «invecchiare non è
qualcosa che la natura ha programmato: l’evoluzione ha selezionato i geni che
servono a vivere fino a riprodursi. Passata questa fase la selezione non si
occupa più di noi. Il processo di invecchiamento non è geneticamente
determinato, in altre parole». Lo studio dei centenari non è tuttavia fine a se
stesso, come apprendiamo da un’intervista rilasciata al Corriere della Sera dal professor Giovanni Scapagnini, biochimico
clinico dell’Università del Molise, ma serve «per capire che cosa fa
invecchiare e ammalare l’organismo». Dal canto suo, il professor Calogero
Caruso, patologo generale dell’Università di Palermo, in un’intervista al
“Giornale di Sicilia”, ha affermato: «Non è casuale se in Sicilia, sui Monti
Sicani, e in Sardegna, che è la regione più longeva, ha grande spazio la dieta
mediterranea, anche se sempre più bambini mangiano all’americana».
Tuttavia, nel determinare la longevità della popolazione
del “Triangolo del Triona”, oltre agli alimenti di qualità, prodotti a km zero,
e al mangiar leggero, incide certamente anche l’armonizzazione antropica con
l’ambiente naturalistico particolarmente salubre (peraltro indenne da rifiuti
tossici a carattere industriale), tale da presentarsi ai conquistatori arabi
del IX secolo come un “giardino dell’Eden”. Questo è infatti il significato del
termine arabo gennārt al-ārd da loro
dato al Monte Genuardo, alle cui falde fanno corona i centri di Bisacquino,
Chiusa Sclafani, Giuliana, Contessa Entellina, Campofiorito, Sambuca di
Sicilia, Santa Margherita Belice, Caltabellotta e Burgio, ove invecchiare in
buona salute costituisce la norma. Lo stile di vita (tale è del resto il senso
vero del termine greco di dieta) che sostiene il benessere di questa
popolazione, determinandone una vita sana e lunga, merita di fare inserire
questi luoghi tra le cosiddette “Zone Blu” del pianeta, affiancandosi così alle
quattro o cinque sino ad oggi conosciute (Sardegna, Isola di Okinawa,
California meridionale, Costa Rica, Isola di Ikaria), secondo la definizione data
da due famosi ricercatori, l’italiano Gianni Pes e il belga Michel Poulain.
La zia Vincenzina Butera in Catalano è nata agli esordi
del XX secolo, quando Chiusa Sclafani, come tanti altri paesi agricoli di
Sicilia, viveva un momento storico particolarmente drammatico per le lotte
contadine miranti alla conquista della terra, col supporto delle associazioni
cooperativistiche di ispirazione sia socialista (facenti capo al leader corleonese
Bernardino Verro, che aveva fondato i Fasci dei lavoratori) che cattolica
(facenti capo al giovane prete locale V. Fici, ispirato al “modernismo sociale”
di don Luigi Sturzo), in quell’anno fatidico 1904 (ovvero dieci anni prima
dello scoppio del Primo conflitto mondiale) compreso tra il primo volo di un
aeroplano dotato di motore (effettuato dai fratelli Wright, 1903) e la
formulazione della Teoria della relatività ristretta da parte di Albert
Einstein (1905). Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti del Po,
dell’Arno e del Tevere: la dittatura fascista (con l’episodio famoso della
“giornata della fede”, del 18 dicembre 1935, allorché anche la zia Vincenzina,
seguendo come tante altre spose italiane l’esempio della regina Elena, donò la
sua fede in oro alla patria per aiutare le operazioni militari italiane in
Etiopia) e la Seconda guerra mondiale, la nascita della Repubblica con
referendum costituzionale del 2 giugno 1946, la Guerra fredda, il boom
economico degli anni ’50 e ’60, con la rivoluzione industriale, la caduta del
muro di Berlino, nel 1989, che si è trascinato dietro l’edificio della nostra
Prima Repubblica, nel 1992, con la nascita della Seconda (che Leoluca Orlando
preferisce chiamare la Repubblica “di dopo”, allorché Clio passò da Chiusa
Sclafani per imbarcare un parlamentare locale nella figura del compianto
Salvatore “Totò” Pollichino, esponente del Movimento per la democrazia La Rete)
e l’attuale passaggio alla Terza (ma per taluni storici siamo ancora nella
Prima, secondo il paradosso zenoneo di Achille e la tartaruga).
Al tempo stesso, sotto il ponte del torrente Malotempo è
passato il cursus della microstoria
di Chiusa Sclafani, che fluisce nella memoria della zia Vincenzina, col suo
carico di 110 anni: dall’emigrazione oltreoceano dei primi decenni del secolo, da
parte di numerosi chiusesi, a quella nei paesi europei (Germania, Svizzera,
Belgio) del Secondo dopoguerra fino all’attuale fenomeno immigratorio da parte
degli extra-comunitari (con la presenza di numerose badanti rumene); dal semianalfabetismo
dei nostri nonni alla scolarizzazione di massa dei nostri figli; dal passaggio,
in età giolittiana, della linea ferrata a scartamento ridotto Palermo
(Sant’Erasmo)-Corleone-Bisacquino-San Carlo, all’arrivo, durante il Ventennio,
dell’energia elettrica (che sostituì la vecchia illuminazione a petrolio del
centro urbano) al terremoto della valle del Belice (1968) che avrebbe leso
gravemente anche la chiesa Madre di Chiusa, fino alla favola cinematografica di
“Nuovo Cinema Paradiso” (1988) di G. Tornatore, con protagonista l’enfant prodige chiusese Totò Cascio;
dalla scomparsa della civiltà contadina (ovvero “il tempo delle lucciole” di
Pier Paolo Pasolini) al fenomeno della globalizzazione, sostenuto dalla computer science. Del resto, come ha
affermato apertamente anche Noberto Bobbio, «il mondo dei vecchi, di tutti i
vecchi, è, in modo più o meno intenso, il mondo della memoria».
La zia Vincenzina esprime ancora chiaramente quella sua gioia
di vivere che l’ha accompagnata sino alla veneranda età di 110 anni, per cui risulta
insufficiente l’augurio di una canzone popolare polacca Vivi 100 anni, dovendosi ricorrere invece all’augurio cinese, che
auspica 10000 anni di vita! Gioiosa nella sua innocenza, quanto fragile nel suo
candore, la nonnina dice di avere meno anni di quelli anagrafici. «Cci voli
furtuna a campari», avverte un vecchio adagio giulianese, ma l’artefice della propria
fortuna è l’individuo stesso, come dimostrano altre “colleghe” della nostra
Vincenzina che le insidiano lo scettro di regina del reame della longevità dei
Monti Sicani (da lei acquisito dopo la morte, sei mesi fa, della signora
Carmela Nicolosi di Caltabellotta, deceduta all’età di 110 anni e 6 mesi);
iniziando dalla signorina Giovanna Pizzolato (103 anni) e dalla signora
Antonina Puccio (103 anni), sue compaesane, per arrivare alle signore di
Giuliana Emanuela Santa Rumore (101 anni), Maria Santa Rollo (100 anni) e
Pietra Purrazzella (100 anni), passando per le signore Vincenza Giangrosso e
Vincenza Gennusa (entrambe di 100 anni) di Bisacquino. Anche queste donne
possono ben dire, come Rita Levi Montalcini, «il mio corpo può invecchiare, la
mia mente no». In proporzione di 1 a 3 rispetto alle donne sono i centenari di
sesso maschile di questo territorio, di cui meritano una menzione particolare,
oltre al Catalano di Giuliana, Pietro Pillitteri di Bisacquino (deceduto a 103
anni), Epifanio Pinzarrone di Chiusa Sclafani (100 anni) e il sacerdote Carmelo
Amato di Prizzi (104 anni). Intanto i centenari dei Monti Sicani, già da tempo
alla ricerca di un santo protettore della loro vecchiezza, pare lo abbiano
individuato naturaliter nella figura
di San Leoluca abate da Corleone, un taumaturgo dell’Alto Medioevo, fondatore
di vari monasteri in Calabria, vissuto proprio 100 anni esatti (dall’815 al
915), come ci informa il parroco della chiesa eponima di Corleone, don Calogero
Giovinco.
Va ricordato, infine, come il sindaco di Bisacquino,
prof. Tommaso Di Giorgio, d’intensa con il sindaco di Contessa Entellina, Sergio
Parrino, abbia programmato per la prossima primavera (in concomitanza con
l’Expo 2015 di Milano) un convegno di studi sul fenomeno della longevità nei
Monti Sicani, affidato alla cura organizzativa dello scrivente, con la
consulenza scientifica del professor Calogero Caruso e sotto il patrocinio del
Rotary Club di Corleone, dell’Anci-Sicilia e dell’Associazione Nazionale Borghi
Autentici d’Italia, ove l’argomento verrà indagato non soltanto sotto l’aspetto
biomedico-scientifico bensì anche dal punto di vista
storico-antropologico-ambientale e socio-sanitario, con attenzione anche alla
produzione agroalimentare del territorio. All’iniziativa hanno già aderito i
comuni di Campofiorito, Sambuca di Sicilia, Santa Margherita Belice e
Caltabellotta, nonché la sezione regionale dell’Acli-Terra.
Post
Scriptum: Avevo appena finito di scrivere il presente articolo
per il giornale online “Città Nuove” di Corleone, diretto da Dino Paternostro,
allorché il signor Nicolò Catalano di Giuliana mi espresse il desiderio di
voler incontrare la “collega” Vincenzina Butera di Chiusa Sclafani per porgerle
il suo doveroso omaggio per il compleanno da record. Ho preso, quindi, contatti
con la figlia della signora, Gina, fissando l’appuntamento per sabato 6
dicembre alle ore 16 (giusto il giorno di San Nicola di Bari, patrono di Chiusa
Sclafani, in cui ricorre l’onomastico del Giulianese). Era un pomeriggio
piovoso e dall’area frizzante (ormai da pochi giorni era uscita infatti di
scena la lunga estate siciliana, conclusasi con quel caldo sciroccale cantato
persino da Lucio Piccolo di Calanovela, nella sua famosa lirica “Scirocco”,
facente parte della silloge Canti
barocchi), tale, comunque, da non scoraggiare nella sua impresa il nostro
zu Cola. Ad accompagnarci in macchina a Chiusa Sclafani è stato il figlio Nino,
impiegando i dieci minuti occorrenti per percorrere i pochi chilometri che
separano i due paesi “gemelli”, a conversare del più e del meno, sebbene i discorsi
dello zio Cola fossero cadenzati dai motti del vecchio calendario agricolo:
«Ddoppu ‘a Mmaculata né siritina né matinata», «Ddoppu Natali ’u friddu e ’a
fami».
Lo “storico” incontro tra i due arzilli supercentenari è
avvenuto in casa della zia Vincenzina, in vicolo Puleo n. 13 (nel quartiere di
Santa Caterina), in un salotto a primo piano, raggiungibile per una ripida
scala. Sembrava proprio che i due fossero stati dei vecchi amici d’infanzia rivistisi
dopo tanti anni (appena 100!), portando subito la loro conversazione su fatti e
personaggi della cronaca locale dei primi del ’900, menzionando tra l’altro, la
figura di un noto personaggio dell’epoca come il barone Greco, nel cui palazzo
Nicolò aveva trascorso quattro anni della sua infanzia (dai 10 ai 14 anni) come
collaboratore domestico (picciottu).
Al dialogo tra i due supernonni assisteva una piccola comitiva: le due figlie
della zia Vincenzina, Giuseppina e Gina, col nipote Nino Doria, il figlio del
signor Catalano, Nino, nonché l’amico Giuseppe Lombardi, sempre pronto a
testimoniare questi eventi col suo “FUIT HIC” affidato alla macchina
fotografica.
Un incontro giulivo, insomma, conclusosi con assaggio di
pasticcini locali e relativo brindisi con spumante. Tra questi pasticcini
spiccavano quelli tipicamente natalizi della tradizione gastronomica
giulianese: viscuttuna e viscotta cu i ficu (quest’ultimi
denominati, inspiegabilmente, mustazzoli
in Chiusa Sclafani). L’evento mi è apparso la prova tangibile dell’assunto del
sommo antropologo francese Marc Augè che recita: «La vecchiaia non esiste», e
che fa da sottotitolo ad un suo libro, fresco di stampa (per l’editore Carocci,
2014), dal titolo Il tempo senza età, ove l’autore, muovendo dall’humanitas di Cicerone (autore del Cato Maior de senectute), afferma apoditticamente
che «Certo, i corpi si logorano ma la soggettività resta, in qualche modo fuori
dal tempo ed è così che tutti muoiono giovani». Non a caso il professor Mario
Barbagallo, ordinario di Geriatria nella Scuola di Medicina dell’Università di
Palermo, preferisce chiamare gli anziani col neologismo «diversamente giovani».
(Per chi volesse
approfondire l’argomento dal punto di vista scientifico, si rimanda
all’articolo Mediterranean Diet and
Longevity in Sicily: Survey in a Sicani Mountains Population, di Sonya
Vasto, Giovanni Scapagnini, Claudia Rizzo, Roberto Monastero, Antonino
Marchese, and Calogero Caruso, in «Rejuvenation Research», Volume 15, Number 2,
2012; per un inquadramento storico-antropologico-sociale del fenomeno vedi:
Antonino G. Marchese (ed.), La Quarta Età
tra Umanesimo letterario e Biomedicina. Indagine sulla longevità nei Monti
Sicani, Rotary International, Distretto 210 Sicilia e Malta, Club di
Sciacca, Palermo 2011; referenze fotografiche: G. Lombardi, P. Verchiani).
ANTONINO GIUSEPPE MARCHESE
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