Il tribunale da’ ragione alle denunce della Cgil: “sentenza
storica, che smaschera utilizzo improprio dei lap”
Palermo
11 novembre 2014 – Da Lap, lavoratrici a progetto addette al call center Almaviva di Palermo, a lavoratrici assunte con
contratto a tempo indeterminato. Una sentenza del Tribunale di Palermo, emessa
dal giudice del lavoro Paola Marino, smaschera
per la prima volta in Italia l’utilizzo illegittimo di un’azienda, Almaviva
Contact, nei confronti dei Lap, lavoratori autonomi con contratto a progetto
inseriti invece a tutti gli effetti nella catena di montaggio del call center
con le mansioni e gli orari degli altri addetti
alle telefonate. E obbliga l’azienda ad assumere le lavoratrici convertendo il rapporto in
contratto a tempo indeterminato di natura subordinata.
A
vincere la causa contro uno dei più grossi call center della città, portata
avanti dalla Cgil di Palermo, assieme al Nidil e all’Slc, con il patrocinio
dell’avvocato Pietro Vizzini, sono
state Francesca Malisano, 32 anni, Lap presso Almaviva dal 2010 al maggio 2013,
e Antonia Lembo, 37 anni, in Almaviva dal 2008 al dicembre 2012. La Malisano, esausta per le condizioni
difficili di lavoro, si rivolge al Nidil-Cgil di Palermo nel 2013. La Lembo
segue la stessa strada per una motivazione diversa: non le viene rinnovato il
contratto dopo 4 anni con la motivazione della
“scarsa produttività”.
“Siamo pienamente soddisfatti
dell’esito della sentenza del Tribunale di Palermo che ha confermato la
denuncia che la Cgil fa da anni, cioè che i contratti a progetto nella maggio
parte dei casi celano rapporti di lavoro subordinato a tutti gli effetti –
dichiarano il segretario generale della Cgil di Palermo Enzo Campo e Laura Di
Martino, a nome del Nidil - Questa
sentenza è importante perché riconosce la natura subordinata del rapporto di
lavoro partendo dall’organizzazione del lavoro all’interno dell’impresa. Le
lavoratrici, come è stato dimostrato, erano
stabilmente inserite nell’organizzazione
aziendale e sottoposte al
potere direttivo del datore di lavoro, che ne controllava le mansioni oltre che
la presenza”.
Le due lavoratrici che oggi celebrano
la vittoria fanno parte del gruppo di 30 Lap di Almaviva che nel giugno del
2012, mese in cui si discuteva la legge Fornero, si sono si sono rivolti al
sindacato per fare causa all’azienda. Con la legge ancora in discussione in
Parlamento, Almaviva
chiedeva ai lavoratori a
progetto di firmare una risoluzione consensuale del contratto prima del tempo e, nello stesso giorno, li invitava a
firmare un contratto identico ma di durata maggiore, di sette mesi e non di
tre, per posticipare
l’applicazione della nuova normativa ai contratti in scadenza. Il Nidil sventa lo stratagemma.
I 30 lavoratori portano avanti la loro vertenza.
Oggi le prime due vittorie. “Dopo il
successo delle cause per i lavoratori interinali e contro il precariato
selvaggio, questa è la più importante battaglia vinta dall’Slc contro Almaviva
– dichiara il segretario Slc Cgil Maurizio Rosso – Il diritto al lavoro è stato
riconosciuto. Aziende che si stabiliscono nel nostro territorio, con gli aiuti
della Regione siciliana, non possono trattare i lavoratori come Kleenex. Ci
sono 20 mila lavoratori dei servizi in Sicilia, questa è la nostra industria
del futuro e va sostenuta”.
Secondo
l’avvocato Pietro Vizzini, legale della Cgil, sostanzialmente è stato
dichiarato un utilizzo assolutamente illegittimo di una delle tante forme
contrattuali cosiddette “atipiche” “Il giudice in pratica riconosce che non ha nessun margine di autonomia un lavoratore a progetto che accede a un
computer, è costretto a chiamare utenti ai numeri forniti dall’azienda e deve attenersi alle disposizioni del committente – spiega l’avvocato Pietro Vizzini – Si
accerta con questa sentenza che l’utilizzo dei Lap, la cui prestazione
lavorativa secondo la legge Biagi deve essere legata a un progetto preciso, è fatto contra legem. Il giudice
ha condannato la società a riammettere sul
posto di lavoro le lavoratrici con il pagamento di 12 mensilità, il massimo della pena pecuniaria
consentita, un indizio di
colpevolezza dell’azienda già
di per sé molto pesante”.
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