giovedì, novembre 13, 2014

Palermo. Almaviva costretta ad assumere due lap palermitane con un contratto a tempo indeterminato



Il tribunale da’ ragione alle denunce della Cgil: “sentenza storica, che smaschera utilizzo improprio dei lap” 
Palermo 11 novembre 2014 – Da Lap, lavoratrici a progetto addette al call center  Almaviva di Palermo,  a lavoratrici assunte con contratto a tempo indeterminato. Una sentenza del Tribunale di Palermo, emessa dal giudice del lavoro Paola Marino,  smaschera per la prima volta in Italia l’utilizzo illegittimo di un’azienda, Almaviva Contact, nei confronti dei Lap, lavoratori  autonomi con contratto a progetto inseriti invece a tutti gli effetti nella catena di montaggio del call center con le mansioni e gli orari degli altri  addetti alle telefonate. E obbliga l’azienda ad assumere le lavoratrici  convertendo il rapporto in contratto a tempo indeterminato di natura subordinata.  

    A vincere la causa contro uno dei più grossi call center della città, portata avanti dalla Cgil di Palermo, assieme al Nidil e all’Slc, con il patrocinio dell’avvocato Pietro Vizzini,  sono state Francesca Malisano, 32 anni, Lap presso Almaviva dal 2010 al maggio 2013, e Antonia Lembo, 37 anni, in Almaviva dal 2008 al dicembre 2012.  La Malisano,  esausta per le condizioni difficili di lavoro, si rivolge al Nidil-Cgil di Palermo nel 2013. La Lembo segue la stessa strada per una motivazione diversa: non le viene rinnovato il contratto dopo 4 anni con la motivazione  della “scarsa produttività”.
    “Siamo pienamente soddisfatti dell’esito della sentenza del Tribunale di Palermo che ha confermato la denuncia che la Cgil fa da anni, cioè che i contratti a progetto nella maggio parte dei casi celano rapporti di lavoro subordinato a tutti gli effetti – dichiarano il segretario generale della Cgil di Palermo Enzo Campo e Laura Di Martino, a nome del Nidil -  Questa sentenza è importante perché riconosce la  natura subordinata del rapporto di lavoro partendo dall’organizzazione del lavoro all’interno dell’impresa. Le lavoratrici, come è stato dimostrato,  erano stabilmente inserite  nell’organizzazione aziendale  e sottoposte al potere direttivo del datore di lavoro, che ne controllava le mansioni oltre che la presenza”.  
    Le due lavoratrici che oggi celebrano la vittoria fanno parte del gruppo di 30 Lap di Almaviva che nel giugno del 2012, mese in cui si discuteva la legge Fornero,  si sono si sono rivolti al sindacato per fare causa all’azienda. Con la legge ancora in discussione in Parlamento,  Almaviva chiedeva ai lavoratori  a progetto di firmare una risoluzione consensuale del contratto  prima del tempo e,  nello stesso giorno, li invitava a firmare un contratto identico ma di durata maggiore, di sette mesi e non di tre,  per posticipare l’applicazione della nuova normativa ai contratti in scadenza.  Il Nidil sventa lo stratagemma. I 30 lavoratori portano avanti la loro vertenza.
   Oggi le prime due vittorie. “Dopo il successo delle cause per i lavoratori interinali e contro il precariato selvaggio, questa è la più importante battaglia vinta dall’Slc contro Almaviva – dichiara il segretario Slc Cgil Maurizio Rosso – Il diritto al lavoro è stato riconosciuto. Aziende che si stabiliscono nel nostro territorio, con gli aiuti della Regione siciliana, non possono trattare i lavoratori come Kleenex. Ci sono 20 mila lavoratori dei servizi in Sicilia, questa è la nostra industria del futuro e va sostenuta”.
Secondo l’avvocato Pietro Vizzini, legale della Cgil, sostanzialmente è stato dichiarato un utilizzo assolutamente illegittimo di una delle tante forme contrattuali cosiddette “atipiche” “Il giudice in pratica riconosce  che non ha nessun margine di  autonomia un  lavoratore a progetto che accede a un computer, è costretto a chiamare utenti ai numeri forniti dall’azienda e deve  attenersi alle disposizioni del  committente  – spiega  l’avvocato Pietro Vizzini – Si accerta con questa sentenza che l’utilizzo dei Lap, la cui prestazione lavorativa secondo la legge Biagi deve essere legata  a un progetto preciso,  è fatto contra legem. Il giudice ha condannato la società a riammettere  sul posto di lavoro le lavoratrici con il pagamento di 12 mensilità, il  massimo della pena pecuniaria consentita, un  indizio di colpevolezza dell’azienda  già di per sé molto pesante”.

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