La strage del pane del 19 ottobre 1948 |
Esattamente 70 anni fa, il 19 0ttobre del 1944 all’incirca verso mezzogiorno , in via Maqueda a Palermo davanti a palazzo Comitini, attuale sede della Provincia ed a quel tempo sede della prefettura cadevano sotto il proditorio fuoco del militi del 139° fanteria dell’esercito italiano al comando del sottotenente Calogero Lo Sardo 24 inermi cittadini palermitani, la maggior parte giovanissimi e lasciando anche sul selciato 158 feriti. Quel “mezzogiorno di fuoco” che passò poi allo storia della nostra città come la “ rivolta del pane” e che costò tante vittime innocenti si può dire fu una strage premeditata, la prima “strage di Stato dell’Italia repubblicana” voluta da chi intendeva pescare nel torbido e non si può spiegare altrimenti se l’ordine perentorio era quello di sparare ad altezza d’uomo e che addirittura poi finirono per essere lanciate contro la folla che gridava :” Pace,lavoro e pane” diverse bombe a mano.
Pare che prima di recarsi in via
Maqueda a reprimere la rivolta il sottotenente Lo Sardo con i suoi uomini era
passato dalla questura a prendere precisi ordini su come reprimere nel sangue
la rivolta e pare, a quanto si dice, che lì ci fosse in incognito quell’Ettore
Messana ex agente dell’Ovra e dei servizi segreti fascisti,e che ritroveremo
poi nel 1947 con le mani in pasta in un’altra strage , quella di Portella della
Ginestra del 1° maggio del 1947 con 11 morti e 27 feriti. . Ma per tornare alla
rivolta del pane dell’ottobre del 1944, che sfociò in una orrenda strage, essa
va contestualizzata nel drammatico periodo storico del dopoguerra in cui, in
quel fatidico 1944, le rivolte contro il governo italiano in tutta la Sicilia
furono all’ordine del giorno a causa della fame , della povertà e dei patimenti
in cui il popolo siciliano era stato costretto dal disastro della guerra
fascista. Una crisi di rigetto si manifestò ancor di più nei confronti del
governo italiano allorchè da parte dello stesso governo Bonomi fu emanato un decreto
di richiamo alla armi, che invitava i siciliani,per le classi comprese tra il
1914-24, a tornare a combattere a fianco degli americani dopo avere combattuto
a fianco dei tedeschi. I siciliani stanchi, stremati e affamati dalla guerra
insorsero al grido “non si parte” perché non volevano più essere come lo erano
stati sino allora strumentale “carne da macello”.
Si accesero, con questa parola
d’ordine, nelle varie province della Sicilia numerosi focolai di rivolta.
Addirittura, al soffiare di questo vento impetuoso, furono proclamate la
repubblica indipendente di Comiso che per otto giorni resse per poi arrendersi
agli assalti di un battaglione dell’esercito italiano dotato di artiglieria e
di mezzi pesanti, la repubblica contadina di Piana degli Albanesi che guidata
dal capopopolo Giacomo Petrotta resse anch’essa per molto tempo, circa
cinquanta giorni, agli assalti dell’esercito ed infine la repubblica di Palazzo
Adriano. A queste rivolte di renitenza alla leva ed antimilitariste si
aggiunsero le rivolte degli affamati contro gli accaparratori di grano e gli
speculatori che fecero andare alle stelle il prezzo del pane. E fu così
che per tutto il 1944 le sommosse antimilitariste e per il pane e la
sopravvivenza in Sicilia furono talmente numerose e partecipate che coinvolsero
cinque province con scontri armati, assalti agli uffici pubblici, barricate,
morti e feriti tra i popolani, ma anche nell’esercito e tra carabinieri. Ecco
perché in questo contesto di rivolte bisognava dare una dura lezione alla gente
e al popolo che protestava in tutta la Sicilia.E quale migliore occasione quel
19 ottobre del 1944 a Palermo che sparare sulla folla inerme e soprattutto sui
tanti giovani, donne e bambini che si trovavano tra i manifestanti. Ed il
popolo che gridava pane e lavoro, anziché del “pane e lavoro” ottenne le
scariche e il piombo dei fucili modello 91 con l’aggiunta di alcune bombe a
mano che causarono la proditoria strage di tante giovani vittime innocenti che
non ebbero mai giustizia.
Giuseppe Balistreri ( 16
anni),Vincenzo Cacciatore (38),Domenico Cordone(16), Rosario Corsaro(30),
Michele Damiano(12),Natale D’Atria(28),Andrea Di Gregorio (16), Giuseppe
Ferrante (12), Vincenzo Galatà ( 19),Carmelo Gandolfo ( 25),Francesco
Gannotta ( 22), Salvatore Grifati ( 9 ), Eugenio Lanzarone ( 20), Gioacchino La
Spia ( 17),Rosario Lo Verde (17), Giuseppe Maligno (22),Erasmo Midolo (19),
Andrea Oliveri (16), Salvatore Orlando (17), Cristina Parrinello (61), Anna
Pecoraro ( 37), Vincenzo Puccio (22 ), Giacomo Venturelli (60) e Aldo volpes (
23 ): questi furono i 24 morti quasi tutti giovani in aggiunta ai 158 feriti di
quel tragico ottobre del 1944 .Nessun ferito, se non in misura lieve, si contò
tra i militari che avevano perpetrato l’immane strage. Una strage come tante altre
stragi del nostro paese che non avrà, come al solito, un colpevole o dei
mandanti Le vittime di quel vile atto d’infamia furono uccise una seconda
volta, quando, al processo- farsa, il cui dibattimento durò appena due giorni,
celebrato presso il tribunale militare di Taranto, i colpevoli responsabili di
quell’immane e proditorio eccidio il 22 febbraio del 1947 furono riconosciuti
responsabili solamente di” eccesso colposo di legittima difesa” e di non
doversi procedere nei loro confronti essendo il reato estinto per amnistia .Una
sentenza scandalosa che non rese in alcuno modo giustizia alle vittime e alla
verità e che, ancora oggi, grida vendetta.
Un atto di giustizia finalmente sarà
compiuto, in questi giorni, nei confronti di quelle vittime dimenticate, nel
giorno del 70° anniversario del loro eccidio perché alla fine delle
commemorazioni di rito da parte delle istituzioni,di storici e di
intellettuali sarà finalmente, nel loro ricordo, attuato un atto di concreta,
significativa e dovuta memoria ossia l’intitolazione dell’ex vicolo S. Orsola(
vicolo che si trova accanto a palazzo Comitini luogo dell’eccidio)) alle “
Vittime della Strage del 19 ottobre 1944” Un atto di tardiva riparazione da
parte delle istituzioni e della toponomastica cittadina che a proposito di
memoria storica hanno molte cose da rimproverarsi e farsi perdonare.
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