Monsignor Pennisi con don Ciotti |
PUBBLICHIAMO IL DISCORSO DI MONS. MICHELE PENNISI, ARCIVESCOVO DI MONREALE, PER IL CONFERIMENTO DELLA CITTADINANZA ONORARIA A DON LUIGI CIOTTI
Carissimo don Luigi, Signor Sindaco, Signor Presidente del
Consiglio, gentili autorità civili e militari, oggi per me è un motivo di
grande soddisfazione prendere parte alla cerimonia del conferimento della
Cittadinanza Onoraria a don Luigi Ciotti
da parte del Comune di san Giuseppe Jato appartenente alla arcidiocesi di Monreale, che sono stato
chiamato a servire dallo scorso anno. Ho
conosciuto don Luigi durante il mio episcopato a Piazza Armerina in
occasione di diverse visite alle scuole
e di alcune manifestazioni per ricordare le vittime delle mafie a Gela e
a Niscemi, comuni dei quali è cittadino onorario.
Gli esprimo il mio sincero apprezzamento e la mia fraterna solidarietà per la sua
missione di prete di strada che ha avuto
come parrocchia la strada e la periferie umane e di educatore delle coscienze, per il suo lavoro di coscientizzazione
della società nei confronti del fenomeno mafioso per il suo impegno a risvegliare il senso civile nei cittadini e
a promuovere la giustizia, la legalità,
la solidarietà e il bene comune. Egli con il Gruppo
Abele ha sempre cercato di mettere
al centro gli ultimi, e gli esclusi(carcerati, tossicodipendenti,
malati di AIDS, minori a rischio, immigrati) che la nostra società considera
degli scarti e colloca nelle periferie fisiche ed esistenziali per usare
espressioni care a Papa Francesco.
La sintonia con i gesti e le parole di papa
Francesco è stata messa in evidenza dal colloquio che don Luigi ha avuto con papa Francesco nella
residenza di Santa Marta, che ha toccato diversi temi: la necessità di un
maggiore impegno a sostegno delle persone povere e fragili, segnate dalla
violenza e dall'ingiustizia, con particolare riguardo all'attività a tutela
delle donne vittime di tratta, della lotta alle mafie e alla corruzione e del
sostegno ai famigliari delle vittime del
crimine organizzato.
Tutti poi
ricordiamo don Luigi che accoglie papa Francesco
prendendolo per la mano lo scorso 21 marzo
nella chiesa romana di San Gregorio VII nella veglia con i familiari delle vittime innocenti di mafia durante la quale
don Luigi ha donato al papa la stola di don Beppe Diana.
Nel
suo discorso don Ciotti, ha fatto appello alla politica
affinché "sia un servizio per il bene comune", ha sottolineato che
"occorre rafforzare la confisca dei beni dei mafiosi" e ha espresso
solidarietà ai magistrati che hanno subito minacce e ha sollecitato a "non
lasciare soli i cittadini onesti, i giornalisti, chi si è ribellato al racket” ed ha
affermato cher non si può esser cittadini a intermittenza e come ci dice il
Papa non si può essere cristiani da salotto".
L’impegno
di don Ciotti per i quattro pilastri su cui ,come
sosteneva san Giovanni XXIII si fonda la pace:la verità, la libertà, la
giustizia e l’amore , deriva dalla sua fedeltà al Vangelo che da senso alla sua
della sua missione animata da un
profondo desiderio di cambiare il mondo”.
Da questo deriva il suo stare dalla parte delle vittime e
degli esclusi, il suo richiamarci a una
fame e sete di giustizia che va vissuta a partire da questo mondo.
L’Associazione Libera fondata da don Ciotti , che
si propone di alimentare quel cambiamento etico, sociale, culturale necessario
per spezzare alla radice i fenomeni mafiosi e ogni forma d’ingiustizia,
illegalità e malaffare, organizza ogni anno all’inizio della primavera la Giornata
della Memoria e dell’Impegno.
All’associazione Libera grazie alla
raccolta di un milione di firme va dato il merito della approvazione della legge n.109/1996 sul riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati alla mafia, coinvolgendo
le associazioni del Terzo settore, i giovani e
varie categorie di cittadini promuovendo in questo modo i valori della
legalità legata allo sviluppo. Grazie
alla legge sono nate esperienze imprenditoriali e cooperativistiche importanti,
che hanno consentito a molti giovani di crearsi un lavoro onesto e a diversi
territori, soggiogati alla
nefasta influenza mafiosa, di vivere un riscatto sociale ed economico.
Restituire
alla comunità le ingenti ricchezze accumulate illegalmente , che colpisce la
mafia , con una specie di legge del contrappasso, al cuore nei suoi interessi
economici . La confisca dei beni mafiosi ha ricadute
importanti per l’ educazione alla
legalità e un grande valore simbolico a
livello culturale , morale e politico
per riaffermare il primato del bene comune e la rivincita dello Stato
sull’anti-stato mafioso per il quale il principale “idolo” rimane quello dell’accumulazione illecita di
denaro e di beni economici.
Sempre Libera si è fatta promotrice della campagna
Riparte il futuro, che ha permesso
la modifica dell’articolo 416 ter del codice penale in tema di voto di scambio
politico - mafioso il 16 aprile 2014.
Commentando le minacce di Totò Riina che lo accomunava a don Pino Piglisi, don Ciotti ha aggiunto:« io non oso paragonarmi,
sono solo un uomo piccolo e fragile. Però mi riconosco nella Chiesa che
immaginava don Pino, una Chiesa che interferisce, come l’ha definita un ex
mafioso pentito. Una Chiesa che accoglie, che tiene la porta aperta a tutti,
anche a chi, criminale mafioso, è mosso da un sincero, profondo desiderio di
cambiamento, di conversione».
Papa Francesco nella veglia per le
vittime della mafia ha terminato con un accorato appello ai mafiosi alla
conversione che si rifà al vangelo.
Nella maturazione nella coscienza
ecclesiale di una chiara, esplicita e ferma convinzione
dell'incompatibilità dell'appartenenza mafiosa con la professione di fede
cristiana ha avuto un ruolo importante il magistero di papa Giovanni Paolo II
che ha contribuito alla interpretazione e alla condanna della mafia a partire dalle tradizionali e originali categorie cristiane.
Gli interventi pontifici hanno avuto un indubbio influsso nei pronunciamenti di
condanna delle mafie pronunciati da vari episcopati delle Chiese meridionali,
dalla CEI nel documento”Per un paese solidale:Chiesa italiana e mezzogiorno” e
avranno un influsso nel giudizio che
in futuro i cristiani avranno nei confronti degli appartenenti alle varie
mafie.
Alla
chiara coscienza di radicale incompatibilità tra mafia e vita cristiana e
di conseguente rifiuto di ogni
compromissione della comunità ecclesiale col fenomeno mafioso, la Chiesa non
può non sentirsi legata. Essa non può tornare indietro su questa
via. Tanto più che questo cammino storico della Chiesa è stato, per così dire,
suggellato dalla splendida testimonianza del martirio del beato don Pino
Puglisi, ucciso dalla mafia solo perché fedele al suo ministero. La memoria di
questo martirio è impegnativa per la Chiesa siciliana e per la Chiesa tutta.
Il suo "martirio" è venuto a
siglare questa stagione di impegno ecclesiale anche se questo martirio non va
disgiunto e isolato da quello di numerosi altri uomini tra cui magistrati ,
appartenenti alle forze dell'ordine, giornalisti e sacerdoti tra i quali don
Peppe Diana e don Cesare Boschin.
E' compito della
Chiesa sia
aiutare a prendere consapevolezza che tutti, anche i cristiani, alimentiamo l'
humus dove alligna e facilmente cresce la mafia, sia indurre al superamento
dell'attuale situazione attraverso la conversione al Vangelo, capace di creare
una cultura antimafia fondata sulla
consapevolezza che il bene comune è frutto dell'apporto responsabile di
tutti e di ciascuno.
La lotta alla mafia passa , anche se non si esaurisce, attraverso
un rinnovato impegno educativo e pastorale che porti ad un cambiamento della
mentalità e dei comportamenti concreti, ad una profonda "conversione"
personale e comunitaria.
La Chiesa sente di
avere una sua responsabilità per la formazione di una diffusa coscienza
civile di rifiuto del costume e della mentalità mafiosi e si impegna nell'opera
educativa e formativa dei suoi fedeli e, più in generale, di quanti, anche non
credenti, vengono a contatto con le strutture educative da essa condotte o
animate. Essa non si sente estranea all'impegno, che è di tutta la società
siciliana, di liberazione dalla triste piaga della mafia.
Nel suo appello
alla conversione la Chiesa non può
non fare presenti le esigenze proprie della conversione cristiana , che non può essere ridotta a
fatto intimistico ma ha sempre una proiezione
storica ed esige comunque la riparazione. Nel caso del mafioso, la
conversione non potrà certo ridare la vita agli uccisi, ma comporta comunque un
impegno fattivo affinché sia debellata
la struttura organizzativa della mafia, fonte costante di ingiustizie e
violenza.
Alla
comunità cristiana si richiedono dei
gesti originali che interpellino cattolici e laici ad interrogarsi sulle
modalità di una prevenzione dei reati
collegati col fenomeno mafioso impegnandosi per la diffusione di una cultura
della legalità e all’educazione ad un
uso modigerato del denaro che non ne faccia l’idolo a cui sacrificare tutto.
Grazie don Luigi per il tuo impegno animato dalla fede
operante attraverso la carità che sollecita l’impegno di tutti noi per un
futuro aperto alla speranza.
San Giuseppe
Jato 9 ottobre 2014
+Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale
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