Beppe Grillo |
La mafia aveva una morale e l’hanno guastata. I finanzieri, e non solo
loro, l’hanno corrotta. Colpa delle cattive compagnie. Parola di Beppe Grillo.
Ma niente paura, è teatro, fiction, satira, gioco di società. E’un ex
comico, che non ha smesso di calcare il palcoscenico, provoca a fin di
bene, recita senza copione, è un affastellatore di consensi, magari un
imbonitore intelligente. Beppe tocca le corde giuste, spiegano gli intimi,
sferra un pugno nello stomaco alla piazza, suona la sveglia, costringe a rimanere
desti, a capire al di là delle anime morte che frequentano il mondo
dell’informazione. Non dobbiamo farci il sangue acqua, esasperando i toni, e dando
significati che non hanno le parole dell’ex comico. Ma una volta che parte, il cerchio mediatico non lo ferma nessuno.
L’effetto domino è assicurato. Una parola sbagliata, un gesto incauto, una iniziativa superficiale e scatta il meccanismo delle solidarietà,dell’indignazione, della bacchettata solenne, della gogna.
L’effetto domino è assicurato. Una parola sbagliata, un gesto incauto, una iniziativa superficiale e scatta il meccanismo delle solidarietà,dell’indignazione, della bacchettata solenne, della gogna.
L’indignazione è affidata ai parenti delle vittime di mafia, la difesa ai
deputati pentastellati che rivendicano le loro buone azioni antimafiose, l’offesa
agli avversari di Grillo, in testa il governatore Crocetta (“cerca
voti dei boss”). Fra qualche giorno, grazie alle insipide liturgie, la morale
di Beppe Grillo, illustrata sotto le possenti mura di Palazzo dei Normanni, e
di essa non discetteranno nemmeno le firme eccellenti.
Il messaggio invece arriverà a destinazione. Non ovunque, non nella
Genova di Beppe, ma a Palermo, in Sicilia, dove è stato confezionato e
inviato. E’ bene prenderne atto.
Nessuno sospetta che l’ex comico abbia patteggiato con Cosa nostra le
puttanate siciliane, nessuno dubita dell’attività parlamentare siciliana dei
deputati a 5 Stelle. La questione è un’altra. I siciliani subiscono da secoli
le sopraffazioni e le prepotenze dei capibastone, hanno versato lacrime
e sangue a causa della “morale” mafiosa. Hanno le loro colpe, è vero,
avendo sopportato l’indicibile, ed avendo in alcuni casi patteggiato la
convivenza. Ma sono siciliani i morti di mafia. E della mafia non
si sono serviti i paria, la povera gente, ma i pezzi grossi, i governi –
nazionali ed esteri – grandi finanzieri ed imprenditori, colletti bianchi,
politici d’assalto e furbetti del quartierino. La Sicilia, perciò, ha diritto
di pretendere comportamenti, parole, gesti responsabili da coloro che ottengono
ascolto e credito nelle piazze e nei teatri.
In estrema sintesi, la spregiudicata affabulazione in materia di
mafia è una mezza carognata. Niente giustifica la sua irruzione nella
ambiguità “mafiosa”. Beppe Grillo si è comportato da coglione a
Palermo, in questa circostanza. Magari senza averne coscienza, o avendone
coscienza fino a un certo punto. La solidarietà va ai ragazzi che
pendono dalle sue labbra, sono loro – incolpevoli – a subire il danno
maggiore. Si fanno in quattro per dare un senso al loro lavoro, poi
arriva il capo che dice stronzate e rovina tutto.
Quando è che si
decideranno a sbattergli in faccia la verità? Magari capisce e si aggiusta.
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