«Reportage» storico sulla distruzione materiale dell’Islàm in Sicilia: una
vicenda lontana ma nodale nella vicenda mediterranea, che porta anche a
riflettere sui radicalismi etnici e religiosi del tempo presente.
È appena arrivato in libreria Il crepuscolo della Sicilia islamica,
firmato da Carlo Ruta e pubblicato da Edi.Bi.Si.
(Editoriale Biblioteca Siciliana), editrice di Messina specializzata in
letteratura di viaggio e in testi di storia siciliana. Si tratta di un agile
lavoro d’indagine, di appena 100 pagine ma denso sul piano analitico, sulla
fine disastrosa dell’Islam siciliano, e in particolare sulla sua dissoluzione
materiale, che rimane ancora oggi una vicenda controversa e di difficile
spiegazione. Caso rarissimo nella storia e probabilmente unico nella storia del
Mediterraneo, gli oltre due secoli della Sicilia islamica non hanno lasciato,
sul terreno, alcuna traccia materiale. Tutto ciò che di materiale nell’isola
richiama tecniche e stili architettonici del mondo arabo (la Zisa, il chiostro
del Duomo di Monreale, San Giovanni degli Eremiti e altro) è riconosciuto
infatti come di epoca normanna, di un periodo cioè in cui in Sicilia gli arabi
erano ormai, anche giuridicamente, una etnia sottomessa.
In questo «reportage» storico vengono poste allora delle domande: perché
poté verificarsi e quando cominciò ad accadere questo disastro? Perché una
distruzione del genere, nei modi radicali in cui avvenne in Sicilia, non si
ebbe in Spagna, dove resistono oggi grandi testimonianze materiali dei secoli
arabi? Oltre le oleografie con cui viene spesso rappresentata la Sicilia
normanna, scorrono i modi di una violenza lunga, che alcune storiografie
tendono ad archiviare ed eludere con facilità. Scorrono, più in particolare, i
modi di adozione e di attuazione di un modello aggressivo estremo, già molto
prima (ed è questa una delle tesi di fondo dell’autore) che Federico II
attuasse, nel corso di pochi anni nella prima metà del XIII secolo, il lavoro
di sradicamento conclusivo dell’Islàm dall’isola, con i mezzi e i modi che gli
studi storiografici hanno ampiamente documentato.
Il «reportage» del saggista siciliano contribuisce allora a far giustizia
di luoghi comuni e rimozioni che opprimono ancora oggi l’indagine su questa
importante vicenda del Mediterraneo. Ma, leggendolo con attenzione, può offrire
anche spunti di riflessione che riguardano il presente. Anche oggi viene
invocato lo scontro di civiltà, si incita a «guerre giuste» contro l’Islàm e,
spesso con la copertura di obiettivi «umanitari», si pianificano genocidi
etnici. In altre parole, il modello violento che sempre più si è fatto strada
in questi anni nell’Occidente liberal non appare, a ben
vedere, del tutto distante da quello che nell’età di mezzo portò, appunto, alla
distruzione materiale della Sicilia araba. Il monito che deriva da quel
passato, pur lontano, è allora evidente.
Carlo Ruta, Il crepuscolo della Sicilia islamica, Edi.Bi.Si., Messina, ottobre 2014.
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