Gli arrestati |
Il “Destino”, quello a cui non avrebbe potuto sottrarsi
il boss della famiglia mafiosa di Carini, Pipitone Angelo Antonino, che nel
corso di una conversazione con la figlia sembra quasi confidare la sua
rassegnazione, dimostrandosi pronto ad accettare qualunque conseguenza pur di
portare avanti i suoi malaffari: “…pazienza che posso fare, il mio destino è stato
questo…che posso fare!?”.
Lo stesso destino a cui non si sarebbe potuta sottrarre
la città di Carini.
Così, infatti, uno degli indagati si rivolge al boss,
commentando l’operato quotidiano dei Carabinieri: “…Sì, sono invasati, devono fare chissà cosa…ma tu da solo non puoi fare
niente, perché il territorio è questo…cioè, levatelo dalla testa che…cosa vuoi
fare?”.
L’operazione “Destino”, è scattata alle prime luci
dell’alba, quando i Carabinieri della Compagnia di Carini hanno dato esecuzione
all’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Palermo, Dott. Lorenzo
Jannelli, a conclusione di una prolungata attività investigativa condotta dai
magistrati della D.D.A. di Palermo.
In manette sono finite complessivamente 6 persone: il
boss PIPITONE Angelo Antonino (classe ’43), la moglie PELLERITO Franca (classe
’49), la figlia PIPITONE Epifania (classe ’80) e suo marito PIPITONE Benedetto
(classe’74), il cugino PIPITONE Francesco Marco (classe ’81) e CONIGLIARO Angela
(classe ’70), altra fedelissima del boss.
Nell’ambito della stessa operazione, i militari dell’Arma
hanno sottoposto a sequestro preventivo le quote sociali ed i complessi aziendali (circa 40 tra
fabbricati e terreni) di due società a responsabilità limitata con sede a
Carini, riconducibili alla consorteria mafiosa locale.
Numerosi gli obiettivi perquisiti, tra cui anche due
studi legali di Palermo e Carini.
I reati contestati a vario titolo sono: partecipazione ad associazione mafiosa,
estorsione aggravata continuata in
concorso, incendio aggravato in
concorso, uccisione di animali
aggravata in concorso, detenzione e
porto illegale di arma da fuoco aggravati
in concorso, trasferimento
fraudolento di valori aggravato in concorso.
L’attività d’indagine, svolta sotto la direzione della D.D.A.
di Palermo, è iniziata la notte di Capodanno 2013, a seguito dell’incendio
doloso di una stalla nelle campagne di Carini
e dell’uccisione, mediante colpi di arma da fuoco, di due equini e di un
suino custoditi all’interno della stessa.
Gli investigatori, dopo mesi di
lavoro, interrogatori e intercettazioni, sono riusciti ad individuare l’autore
del gesto in PIPITONE Benedetto ed il mandante nel suocero di
quest’ultimo (il boss PIPITONE Angelo Antonino), che all’epoca dei fatti era
detenuto in carcere per “Estorsione” e “Associazione per delinquere di stampo
mafioso”.
L’Atto intimidatorio era
finalizzato ad indurre con la forza il proprietario di
una stalla, a vendere la propria quota alla famiglia mafiosa (già
proprietaria al 50% dello stesso terreno sotto la copertura di una società di
Carini).
Per il concorso nell’estorsione
aggravata sono state arrestate anche PELLERITO Franca e PIPITONE
Epifania, rispettivamente moglie e figlia del boss.
La vicenda avrebbe sicuramente
avuto un seguito, se non fosse stato per l’incontro tra una pattuglia dei
Carabinieri ed il soggetto incaricato di compiere un secondo attentato
incendiario alla stalla.
Nel corso dell’attività
investigativa, inoltre, i Carabinieri sono anche riusciti a ricostruire una
fitta rete di prestanome, grazie ai quali l’anziano boss, pur trovandosi
recluso dal gennaio 2007, riusciva a gestire e ad accrescere un immenso
patrimonio occulto, fatto di ville, terreni, fabbricati industriali e società.
Tra gli indagati, oltre ai più
prossimi congiunti di PIPITONE Angelo Antonino, vi sono molti di quei
personaggi cosiddetti “colletti bianchi”.
Persone, quest’ultime, il cui
apporto è risultato determinante per consentire a PIPITONE Angelo Antonino di
conservare il proprio illecito patrimonio accumulato nel corso di decenni di
appartenenza a Cosa Nostra.
Proprio uno di questi, indagato
in stato di libertà, è stato intercettato mentre schernisce l’operato dei
Carabinieri di Carini, che etichetta come degli “invasati”.
Il riferimento è ad uno dei
tanti accertamenti eseguiti dai Carabinieri sugli immobili della nota “Rotonda”
dello svincolo autostradale di Carini, riconducibili alla stessa famiglia
mafiosa e già sottoposti a sequestro nell’estate 2003, per violazione della
normativa a tutela dell’ambiente.
Una vicenda, questa, che costituì un duro colpo per la
famiglia PIPITONE, oltre che per l’aspetto prettamente economico, anche e
soprattutto da un punto di vista dell’immagine.
La “Rotonda” di Carini, infatti, ha per decenni
costituito l’espressione del potere della famiglia mafiosa carinese.
A chiusura del cerchio, nel corso dell’operazione
“Destino”, gli stessi Carabinieri hanno nuovamente sottoposto a sequestro – e questa
volta per intestazione fittizia – uno dei fabbricati della “Rotonda”.
Palermo, 25 settembre 2014
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