L'intervento di Lo Monaco al convegno |
Una tre giorni dedicata a Andrea Raia, ucciso settanta
anni fa dalla mafia a Casteldaccia, organizzata da un gruppo di ventenni, tra i
quali un suo nipote, col patrocinio del Comune. Presente per la prima volta
alla commemorazione la figlia ultraottantenne. Raia, prima vittima comunista
nel dopoguerra, è stato ricordato anche in chiesa con una messa dedicatagli
esplicitamente quale vittima politica dalla mafia. Chiamato in quanto informato
dei fatti, assieme a studiosi di storia,quali Pippo Oddo e il sen. Nicola
Cipolla, ho cercato di contestualizzare il primo delitto politico-mafioso del
dopoguerra che come tutti gli altri successivi subì l’ingiustizia del
depistaggio, la mancanza di un processo e il proscioglimento dei mandanti e
degli esecutori accusati dalla coraggiosa mamma e dalla vedova. GUARDA IL VIDEO
Col passaggio
dei poteri dall’amministrazione militare al governo italiano si costituì il
primo governo Bonomi con i partiti del Comitato di liberazione nazionale (Azionisti,
Comunisti, Socialisti, Liberali, Monarchici); riprese l’attività la Cgil; si
riavviò la vita politica soppressa dal fascismo. Anche a Casteldaccia si aprì
una Camera del Lavoro dove operarono insieme comunisti e socialisti. Andrea
come tutti i comunisti e la sinistra sosterrà la direttiva del suo partito per
i Granai del Popolo decisi per fronteggiare l’emergenza alimentare della
popolazione (il razionamento prevedeva 150 gr di pane e 15 gr di pasta al
giorno). Ai Granai del popolo doveva essere conferito tutto il grano prodotto
escluso quello per uso familiare. Ciò provocò forti resistenza anche da parte
dei piccoli e medi produttori subito strumentalizzati dagli agrari, dai
separatisti e dai mafiosi unitisi in un solo blocco per condizionare il futuro
dell’Italia senza perdere quel dominio che anche il fascismo aveva loro
assicurato. Il delitto nasce in questo clima di scontro sociale e politico il
cui esito condizionerà il futuro del paese. Andrea Raia è ucciso nella notte
del 5 agosto dopo aver denunciato pubblicamente (fatto riportato dai carabinieri)
l’imboscamento del grano grazie alla compiacenza del molino Tomasello dove
sembra fosse finito anche il grano di una finta rivolta un anno prima
capitanata dal capomafia Francesco Tomasello, detto testa di cane o crozza di
morto, contro il pastificio Piraino approfittando della confusione della fuga
dei nazisti e dell’arrivo degli americani di Patton. I mafiosi locali
politicamente apparentati con l’ex deputato prefascista Giuseppe Scialabba poi
finito con i suoi sodali castedaccesi nel Pri di Ugo La Malfa, sentitisi
accusati più volte dal Raia provvidero a sopprimerlo. Gli inquirenti , ancora
tutti di cultura fascista pur denunciando i fratelli Tomasello, che si erano
presentati dopo qualche minuto dell’uccisione per verificare che ciò fosse
avvenuta, negarono la matrice sociale e politica dell’omicidio e cercarono di
incolpare addirittura i suoi compagni di partito. Nonostante gli interventi del
Ministro di Grazia e Giustizia, il comunista Palmiro Togliatti, e di Girolamo
Li Causi, prestigioso capo del nuovo Pci in Sicilia, Raia non ebbe un processo
né giustizia. I mafiosi si attivarono anche presso l’anarchico Michele Abbate
perché intervenisse su Li Causi, conosciuto al confino di Ponza, per negare la
matrice politica del delitto causato, secondo il capomafia, dalla lingua troppo
lunga del Raia. L’uccisione consentì però dopo qualche mese che un uomo
designato dai mafiosi diventasse sindaco per quasi vent’anni. Con Raia scompare
l’organizzazione comunista che rinascerà dopo le elezioni del 1963 quando dagli
storici 48 voti supera 200 voti grazie a un gruppo di giovani che con i pochi
antichi compagni riaprono la sezione del Pci intitolandola a Raia, con grande
scandalo dei ben pensanti paesani. Essendo stato io il primo segretario di
quella sezione e poi il primo consigliere comunale posso legare la memoria
storica a quella personale e testimoniare dell’opposizione antimafiosa che
seppur minoritaria fu forte e coraggiosa continuò dopo la morte di Andrea. Essa
fu proseguita dal gruppo dei socialisti di cui fecero parte il commerciante
Ignazio Di Domenico, diventato segretario della Camera del Lavoro dopo Raia,
l’avvocato Piddu Martorana, Gianni Guaita, ex-azionista, genero del Duca Enrico
di Salaparuta, mastro Tano Russo, piccolo imprenditore edile, ai quali si
aggregarono Carlo Oreto, poi Nino Modica, ex mastro infortunatosi, e Elvezio
Petix, ragioniere nell’azienda del Duca e poeta. L’opposizione antimafiosa
riguardò, nei modi del tempo, cioè nella chiesa di Ruffini, anche i preti,
ruvido e schietto Padre Paolo Fiorentino e poi più colto e mediato Padre Russo
Rocco, i quali tentarono nello spirito di allora di frenare il dominio mafioso.
Spirito antimafioso che uscì dagli steccati politici quando la seconda guerra
di mafia fece di Casteldaccia l’epicentro dello scontro tra corleonesi e
palermitani. Nel marzo dell’ottantuno scompare per lupara bianca il nuovo
capomafia di Casteldaccia, Piddu Panno, transitato dal Pri alla DC, prosciolto
per insufficienza di prove al processo di Catanzaro per la strage di Ciaculli;
sono uccisi anche tanti suoi complici e killer, e politici locali ritenuti
traditori degli interessi mafiosi. Il paese terrorizzato seppe reagire
appoggiando l’iniziativa del primo Comitato Popolare Contro la Mafia che fu
proposto e promosso da me e da padre Cosimo Scordato. Quel paese condizionato
nel suo sviluppo economico, edilizio, sociale sempre dalla logica del
predominio politico mafioso ebbe un moto di ripulsa e si ribellò partecipando a
tutte le iniziative in massa sino alla famosa marcia antimafia Bagheria
Casteldaccia del febbraio del 1983 ricordata recentemente nel suo trentennale,
ripercorrendo la strada dei Valloni, oggi intitolata a quella marcia. Da Raia,
mai dimenticato dai suoi compagni sino a citarlo tra le vittime di mafia riconosciute
con legge regionale e a intitolargli una piazzetta, a oggi corre un filo rosso
che lega la sua uccisione all’evoluzione di uno spirito critico antimafia
trasversale alle generazioni e alla società civile. Il ruolo delle scuole oggi,
quello delle amministrazioni civiche che si costituiscono parte civile nei
processi di mafia tramite il Centro La Torre, gli imprenditori che denunciano
le estorsioni, la Chiesa di Papa Francesco, che dopo la scomunica dei mafiosi,
assume un impegno non solo occasionale di condanna, indicano che qualcosa si è
mosso. La mafia non è scomparsa dalla nostra terra e dal nostro paese, ma
l’antimafia sicuramente è più forte.
Vito Lo Monaco
Centro Studi Pio La Torre
Nessun commento:
Posta un commento