Augusto Cavadi |
La tendenza a rifugiarsi nel privato estraniandosi da ogni coinvolgimento nella vita pubblica è oggi assai diffusa, non solo nelle nuove generazioni. E’ una scelta che i tanti che la compiono solitamente giustificano accusando la politica di sporcizia, il mondo sindacale di mistificazione, le associazioni di guardare ai propri tornaconti. Argomenti in verità troppo vaghi per non fare sospettare che dietro quella scelta vi sia, oltre a comprensibile disorientamento dinanzi a realtà inquinate e contraddittorie, pigrizia e carenza di riflessione sul senso dell’esistenza, soprattutto della propria.
Augusto
Cavadi, saggista
dai molteplici interessi e consulente filosofico, nel suo ultimo libro “La
rivoluzione, ma a partire da sé” edito da Ipoc ci invita a meditare
sulla propria vita e a considerare come la si possa arricchire con l’impegno
civile, sociale e politico. Cavadi, a sostegno del proprio punto di vista,
sviluppa, articolandole con sapienti e puntuali richiami, svariate
argomentazioni, sorrette dalla logica coniugata alla passione che, lungi dal
ridimensionarne la cifra razionale, le rafforza. L’autore de “Il Dio dei
mafiosi”(pamphlet di successo che ha fatto luce sulla religiosità sinistra di
Cosa nostra), pur nell’accorato appello all’impegno, non si erge mai a
depositario della verità e a distillatore ex cathedra di ricette salvifiche.
Lo scrittore
palermitano ci spiega che la vita di ciascuno di noi ruota attorno a un progetto,
cioè ad una selezione di priorità di valori e comportamenti a guida
dell’operato quotidiano. Molti, nel momento in cui orientano la propria
esistenza senza interrogarsi sul suo significato e sul significato dell’agire
con gli altri e per gli altri rinchiudendosi in se stessi e privilegiando il
disimpegno, detengono comunque un progetto inconsapevole, che gli ritaglia un
ruolo di spettatori passivi degli accadimenti pubblici. E’ preferibile, secondo
Cavadi, elaborare consapevolmente un proprio progetto esistenziale, e che
questo progetto sia ancorato al mondo reale, fondato sulla fiducia negli uomini
– che, per quanto contraddittori e non affrancati da impulsi egoistici,
rivelano spesso vitalità positive -, rinsaldato dalla forza dell’amore. Se si
riesce a predisporre un progetto esistenziale orientato in tal senso è
possibile praticare la via dell’impegno in varie direzioni, richiedendosi
sforzi anche non trascendentali. Una di queste è la “vigilanza intellettuale”,
e cioè la consapevolezza di far parte del contesto pubblico in cui si vive, che
si sostanzia nel seguire, attraverso un’attenta informazione, letture
selezionate, studi non superficiali, il corso degli eventi per averne una visione
autonoma e critica.
La
“vigilanza intellettuale” costituisce la premessa per raggiungere ulteriori
livelli di partecipazione alla vita pubblica. Che consentono, con la “fruizione
della bellezza”, di discernere la volgarità da ciò che è esteticamente
apprezzabile e di adoperarsi perché il bello non sia offuscato dalla piattezza o
da omologazioni consumistiche, e di acquisire la “ ‘cultura’ della sobrietà e
del rispetto ecologico” e la ricchezza del dialogo, fondamentali per un
ambiente migliore e una convivenza civile più solida. Cavadi osserva inoltre
come l’impegno abbia una sua imprescindibile dimensione sociale. Se si ha cuore
di operare dei cambiamenti lo sforzo individuale non basta, occorre incontrarsi
con gli altri che sono mossi dallo stesso intento. Associandosi si possono
perseguire obiettivi ambiziosi. E il condividere le proprie esperienze in
associazioni ha più vantaggi: fa conoscere i lati positivi, altrimenti più
difficili da scorgere, degli altri e fa scoprire le ricchezze che si celano
dentro noi stessi. Secondo Cavadi, tuttavia, la dimensione sociale dell’impegno,
per quanto preziosa, non è sufficiente per incidere in modo significativo sulla
realtà. Se ci si arresta a tale stadio si rischia di limitare la propria azione
in ambiti parziali e settoriali.
Occorre
perciò una progettualità, una visione d’insieme che solo la politica può
offrire. La
politica cui si riferisce Cavadi naturalmente è quella immune da interessi
particolari o da tornaconti individuali: è una politica di servizio alla
collettività, che supera gli steccati ideologici, oggi anacronistici, ma che
esige una scelta di parte a beneficio di chi ha più bisogno e nel segno della
solidarietà umana. Il saggio di Cavadi seppure breve (appena 105 pagine) è
assai pregnante. Lo arricchiscono molte colte e suggestive citazioni e, nel
finale, illuminanti consigli di lettura. La sottigliezza dei ragionamenti
sprona a praticare uno stile di vita dedito al bene comune e aperto all’ascolto
e al soccorso del prossimo, soprattutto di chi è più debole. La sapienza del
filosofo è accompagnata dalla chiarezza espositiva del giornalista, e ciò rende
la lettura del saggio oltre che edificante gradevole.
Nessun commento:
Posta un commento