di DAVIDE PATERNOSTRO
Lettera aperta al dottor Massimo Bernardini, conduttore del programma RAI Educational “Il Tempo e la Storia”
Gentile dottor Bernardini, ho
avuto il piacere di seguire, come molti, l’interessante programma “Il tempo e
la Storia” da lei così ben condotto. In particolare, mi riferisco alla puntata
sulle lotte contadine del 23 giugno 2014, dove si è fatta un’ampia panoramica
delle vicende che hanno riguardato il diritto alla terra, al lavoro e in definitiva
ai diritti umani basilari, di cui sono stati protagonisti donne e uomini in
molte parti d’Italia a cavallo tra la seconda metà del ’800 e la prima del
‘900.
Ho seguito il programma dall’inizio alla fine nella trepidante attesa di
sentire parlare, dal vostro punto di osservazione, anche delle tormentate lotte
in terra siciliana, nonché l’opinione del Suo autorevole ospite. Scorsi però i
titoli di coda la mia speranza andava delusa, alla costatazione che il vostro “treno
della storia” partito dalle campagne padane, aveva fatto ultima tappa in
Calabria, senza seguitare ad oltrepassare lo Stretto di Messina.
Il mio non vuole essere patriottismo Siculo, per quanto
orgoglioso delle mie origini, ma volevo solo sottolineare che una persona della
sua cultura ed un programma della qualità de “Il tempo e la Storia”, per la
stima che nutro nei vostri confronti, non dovrebbero rimanere all’oscuro di
certe vicende e di certi personaggi siciliani, che da soli vi sarebbero bastati
per riempire il programma.
Comprendo tuttavia che non a tutto lo scibile sul
movimento contadino italiano avreste potuto dare spazio e non lo pretendo.
Immagino che anche i cugini Sardi o altri eredi di contadini combattenti da
tutto il resto d’Italia potessero muovere le stesse obiezioni.
Voglio solo scriverle qualche spunto di approfondimento,
quelli che mi sono venuti in mente durante la puntata di oggi e che ancora
vivono nella mia mente, dato che scrivo a pochi minuti dalla sigla di chiusura.
Deve sapere egregio dottor Bernardini, che le lotte
contadine in Sicilia, (quelle nel periodo storico da voi affrontato) si
scatenano nel 1892 con il moto dei “Fasci Siciliani”: il movimento operaio più
grande d’Europa dopo la Comune di Parigi; ben prima delle mondine e l’accordo sindacale per le 8
ore del 1909, mirabilissimo ottenimento, ma non certo il primo accordo
sindacale d’Italia (o pseudo-tale).
Consideri che in conseguenza dello sciopero dei
braccianti del 1893, si costrinsero per la prima volta allo stesso tavolo
contadini e padroni, la seduta si risolse in un documento passato alla storia
come “I Patti di Corleone”,definito come “Il primo accordo sindacale
dell’Italia capitalista”; a dirigere quell’incontro per parte dei braccianti, tale
Bernardino Verro, capo del fascio contadino di Corleone e personaggio
conosciuto e stimato anche al di fuori dei confini siciliani, tanto che, come
Lei stesso potrà costatare, esiste una via intitolata a suo nome a Milano (http://www.tuttocitta.it/percorso/milano-via-bernardino-verro-89_milano-via-bernardino-verro-89).
Il movimento dei Fasci Siciliani veniva poi represso nel sangue dal Governo
Crispi, degno anticipatore dei metodi che conosciamo come mussoliniani.
Vorrei poi porre l’attenzione sulla questione che
vedrebbe il Sud Italia come carente di Leader sindacali di peso nazionale, Di
Vittorio a parte: ribadisco ancora il carisma del già citato B.Verro ucciso
dalla mafia il 3 novembre del 1915 e rilancio con Placido Rizzotto,
sindacalista CGIL, ancora una volta Corleonese, di cui si erano perse le tracce
dopo l’omicidio mafioso del 10 marzo 1948 che lo vide vittima. Le sue ossa
rinvenute qualche anno fa nella foiba dove fu gettato, sono state seppellite
solo nel maggio del 2012, il giorno dei funerali di Stato alla presenza del
Presidente Napolitano.
A sostituire Rizzotto alla Camera del Lavoro di Corleone,
pensi, allora arrivò il giovane Pio La Torre sul quale mi pare banale dilungarmi,
sicuro che una persona della sua cultura non ha certo bisogno di una mia
presentazione su un personaggio di tale levatura.
A proposito, in fine, delle stragi di contadini, mi sono
rammaricato dell’assenza di cenni alla strage di Portella delle Ginestre, dove
per mano del bandito Salvatore Giuliano (mano armata forse dai fascisti, forse
dai mafiosi, forse dagli Americani...forse da tutti e tre) venivano trucidate
11 vittime e numerosi feriti (anche lì “cristiani e animali”) il 1 maggio del
1947. Le faccio presente che di quella strage ci sono ancora viventi 3
ottantenni arzilli testimoni: Mario Nicosia, Serafino Petta e Giacomo Schirò,
disposti a narrare la vicenda e a cercare giustizia, come fecero il giorno dei
funerali di Rizzotto, quando la chiesero direttamente al Capo dello Stato
Giorgio Napolitano, che si recò a Portella subito al termine della cerimonia di
Corleone (il primo Presidente della Repubblica a recarsi sul luogo di una
strage che porta ancora oggi la vergognosa apposizione del segreto di Sato). (https://www.youtube.com/watch?v=TgGA8smhufU)
Le scrivo accoratamente e senza polemiche proprio per la
stima che di Lei ho fin da quando la seguo e per la qualità dei programmi da
lei condotti.
Come dicevo, non si pretende che nello spazio di una
puntata possiate esaurire temi così ampi, o che abbiate avuto modo di indagare
su tutte le vicende di lotte contadine nel Paese, d’altra parte anch’io, se non
avessi avuto la possibilità di prestare Servizio Civile presso una cooperativa
che lavora sui terreni confiscati alla mafia a Corleone, tante delle cose che
ho scritto non le avrei forse mai conosciute.
Di converso anch’io grazie a voi oggi ho scoperto tante
vicende che accomunano tanta parte d’Italia alla mia amata Sicilia e alla mia
amata Corleone, tristemente rinomata per i mafiosi che vi son nati e non per la
brava gente che a Corleone è nata, come Verro e Rizzotto e che a Corleone ha
operato come Pio La Torre; per brevità non allargo la trattazione alle decine
di capipopolo che hanno animato le lotte siciliane per la terra e alle migliaia
di contadini che hanno combattuto e sperato nelle rivoluzioni che potevano
migliorare la loro condizione di povertà estrema...ecco se la mafia non ce li avesse
sterminati tutti ( solo nel secondo dopoguerra oltre 50 dirigenti sindacali
uccisi e centinaia di contadini) forse non ci sarebbe venuta a mancare quella
classe dirigente, politica e sindacale, che avrebbe dato il giusto impulso alla
ripresa del Sud prima e all’Italia intera poi, permettendole di dispiegare le
ali del progresso in direzione dei diritti dei lavoratori.
Se le cose fossero andate diversamente forse oggi si
parlerebbe di Corleone non come del
luogo in cui è nata la mafia ma come il luogo dove la mafia si è combattuta ancor
prima che si organizzasse nella moderna forma in cui la conosciamo oggi, fin
dal 1892, fin dai Fasci Siciliani.
La mia preghiera direttore è che il “treno della Storia”
da Lei guidato, la prossima volta varchi lo Stretto di Messina, indagando sulle
vicende storiche di un pezzo di terra che è pur tuttavia ancora Italia, spesso
isolato e non solo “isolano”; non le posso però chiedere di portare il treno a
Corleone, dato che qui i binari non ci sono più dagli anni ’50...grazie alla
mafia!
Cordiali saluti e grazie per l’attenzione
Davide Paternostro
Nessun commento:
Posta un commento