Il bandito Salvatore Giuliano |
“Coloro che ci hanno fatto le promesse –
afferma Gaspare Pisciotta – si chiamano Bernardo Mattarella,
il principe Alliata, l’onorevole monarchico Marchesano ed anche il signor
Scelba, ministro dell’Interno. I primi tre si servivano dell’onorevole Cusumano
Geloso come ambasciatore… ed il tramite tra la banda Giuliano ed il governo di
Roma era l’onorevole Marchesano… Furono Marchesano, il principe Alliata e
Bernardo Mattarella ad ordinare la strage di Portella della Ginestra. Prima
della strage essi si sono incontrati con Giuliano”.
“Gli incontri tra i mandanti e Giuliano
furono quattro: il primo ad Alcamo al quale partecipò l’onorevole Mattarella; il
secondo a Boccadifalco al quale parteciparono il principe Alliata e l’onorevole
Marchesano; il terzo al Passo di Rigano, al quale partecipò l’onorevole
Cusumano Geloso; il quarto a Parrini, dopo le elezioni del 1948, con Cusumano e
Mattarella. Giuliano anzi ordinò anche il sequestro della famiglia
dell’onorevole Mattarella perché questi non aveva tenuto fede alle sue
promesse”.
“Ho letto i giornali; ho
letto anche le smentite di Mattarella, Cusumano, Alliata e Marchesano i quali
dicono che sono pazzo. Ma i pazzi sono loro. Indico ora altri nomi di persone
che conoscono tutta la verità e che lei Presidente può fare venire qui:
Domenico Albano da Borgetto, Giovanni Provenzano da Montelepre, Rosario
Costanzo da Terrasini. Sono i tre che andavano a prendere Cusumano e gli altri
e li portavano da Giuliano. La prima offerta di 50 milioni perché tacessi mi
era stata fatta dall’onorevole Cusumano Geloso in casa mia. Io avevo scritto
una lettera al principe Alliata subito dopo l’uccisione di Giuliano e Cusumano
era venuto subito a trovarmi. In quella occasione mi disse che potevo
espatriare, che mi sarebbero stati consegnati cinquanta milioni di lire.
Un’altra offerta mi fu fatta in carcere da persona che non voglio indicare. La
terza offerta la ebbi nel carcere di Viterbo e mi fu fatta dall’avvocato
difensore che ho cacciato via. Era l’avvocato Guccianti. Mi disse che i 50
milioni li aveva messi a mia disposizione il ministro Scelba”.
Le rivelazioni di Pisciotta determinarono
l’avvio di una indagine a conclusione della quale Mattarella, Alliata e
Marchesano furono prosciolti da ogni accusa. Ma chi e perché avrebbero ordito
questa infame macchinazione servendosi di Pisciotta? Il sospetto che si tratti
di una macchinazione nasce dalle dichiarazioni rese, nel corso del processo di
Viterbo, da un altro componente della banda Giuliano, Antonio Terranova.
Afferma Terranova: “L’avvocato Crisafulli,
(un separatista, n.d.r.) mi disse: «Dobbiamo fare nomi dei mandanti.
Pisciotta li conosce, ma tu devi dare pure aiuto perché sei innocente e sei
nella stessa barca e ti devi aiutare». E facciamo i nominativi:
«Ditemi chi sono e facciamoli». E mi fanno i nomi, che sono: Alliata,
Mattarella e Scelba e non mi ricordo se c’era qualche altro… e allora
l’avvocato Crisafulli mi dice così: «guarda, tu non sei uno stupido,
Alliata e Mattarella devono essere presi di fronte e uno di striscio…».
Mentì Pisciotta o Terranova? Il deputato comunista
Giuseppe Montalbano fece intendere ai Commissari dell’Antimafia di credere a
Pisciotta. Perché? “Pisciotta manifestò al procuratore Scaglione l’intenzione
di chiarire bene come sono andati i fatti di Portella della Ginestra e di
fornire prove più concrete delle responsabilità dei mandanti”.
Le parole di Montalbano, uno dei leaders
più influenti della sinistra, in quegli anni, furono “ascoltate”, ma
provenivano dal Pci, il partito nemico della DC, ed erano, inoltre, pur sempre
una testimonianza indiretta, un’opinione e nulla di più.
I deputati, i ministri e i dirigenti di
partito accusati da Pisciotta furono scagionati da ogni accusa.
Resta, tuttavia, il mistero della morte di Pisciotta. Se aveva raccontato la
verità, che bisogno c’era di farlo tacere per sempre dopo l’incontro in carcere
con il sostituto procuratore Pietro Scaglione?
Si possono formulare due ipotesi:
Pisciotta si apprestava a raccontare dell’altro, fatti che non
avrebbero potuto essere confutati, oppure aveva intenzione di fare i nomi,
stavolta, di coloro che gli avevano suggerito la macchinazione, cioè i veri
mandanti dell’eccidio di Portella della Ginestra.
Non è semplice venir fuori dall’enigma. Il mistero era il
segno dei tempi che cambiavano: l’Italia cominciava a diventare il luogo del
Grande Intrigo, una Casablanca senza confini, che si affacciava pericolosamente
sull’altra parte del mondo, l’Europa rossa dell’Urss e i suoi satelliti.
L’ambasciatore dei “mandanti”, e cioè
l’onorevole Cusumano Geloso secondo Pisciotta, venne trovato in
una pozza di sangue sul pavimento della propria abitazione. Secondo il medico
legale la morte sarebbe stata causata da emofilia… Però, Cusumano aveva appena
33 anni. All’epoca si parlò di omicidio. Così come di omicidio si parlò a
proposito della morte di Ciro Verdiani, l’ispettore generale di Pubblica
Sicurezza. Morirono entrambi nel 1953. E Verdiani si sarebbe incontrato più
volte con Salvatore Giuliano, senza poterlo arrestare. Secondo il medico
legale, Verdiani se ne andò a causa di un collasso cardiocircolatorio.
Pisciotta avvelenato, Cusumano colpito da
emofilia, Verdiani ucciso da collasso cardiocircolatorio. La provvidenza aiutò
i mandanti? Il fatto è che la banda Giuliano non era un’accozzaglia di
delinquenti che razziava provviste e denari, questo è chiaro. Se ne servirono.
In un’audizione della Commissione antimafia,
o nel corso di una deposizione al processo di Viterbo, Frank Mannino,
caposquadra della banda Giuliano, fece uno strano racconto. Tornato a casa dopo
la guerra, nel ’45 Mannino aveva ripreso il suo mestiere di lattoniere. Fu
avvicinato da Filippo Ferrara, ex-sottotenente della Marina, che gli chiese di
eseguire “un lavoro, ma negli orari in cui vi era poca gente”.
“Di che lavoro si tratta?” domandò
Mannino. Ferrara allora mostrò un foglio di carta. C’era raffigurata “l’Italia, la
Sicilia, un soldato sullo Stretto e un soldato da una parte… Dall’altra parte
era raffigurata l’America. Tu dovresti intagliare la latta e ricavare sei
esemplari da questa stampa”, spiegò Ferrara.
Appena realizzato il primo esemplare,
Mannino lo mostrò a Ferrara e questi gli riferì lo scopo di quel lavoro. “Ho
aderito al separatismo”, disse. La Sicilia, secondo lui, avrebbe avuto migliore
futuro separandosi dal resto del Paese.
Ferrara fece anche i nomi di coloro che
erano diventati separatisti. “Abbiamo intenzione, disse, di fare
della Sicilia il 49° Stato americano… Così la facciamo fiorire”.
“Verso la fine dell’anno, racconta Mannino, ci fu una riunione
sopra il cimitero di Montelepre. Salvatore Giuliano si presentò per la prima
volta con il grado di colonnello dell’esercito volontario per l’indipendenza
della Sicilia, l’Evis. Giuliano indicò il luogo in cui avremmo trovato le armi…
Si partì alla volta di Bellolampo, dove assaltammo la caserma dei carabinieri…
Si arresero… Presi allora pennello, colori e le stampe di latta e imbrattai
mura, strada, tutto quello che mi capitava”.
Il racconto di Mannino offre un movente
alle morti inspiegabili di Pisciotta, Verdiani, Cusumano? E le bugie di
Pisciotta e Terranova?
Giuliano era il braccio armato della
strategia della tensione: la mafia era diventata Stato nel dopoguerra.
L’aiuto offerto agli alleati nello sbarco in Sicilia, l’aveva in qualche modo
legittimata, magari senza che ci fosse un progetto studiato a tavolino. Il
lavoro sporco non avrebbe potuto farlo in prima persona, così la mafia lo
commissionò a Giuliano che aveva bisogno di una identità virtuosa, di una
bandiera, di un futuro e si sentiva a capo di una Sicilia americana.
Restava da capire la confessione di
Pisciotta; anzi, che fine avesse fatto quella sua dettagliata ricostruzione degli
eventi, densa di nomi. Se uno come Pisciotta avesse parlato oggi, avrebbe
mandato in galera tutt’Italia.
Pubblicato da Siciliainformazioni.com
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