Settanta gli omicidi attribuiti alla
mafia nel 2012, i crimini sono stati compiuti tutti nelle regioni meridionali,
e cioè in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Nel 1992 erano stati 340. Il
Rapporto delle Nazioni Unite, “Global Study on Homicide 2013″, offre
un quadro oggettivamente ottimistico, pur avvertendo che il dato non deve
suggerire una sottovalutazione del fenomeno e della sua pericolosità. Il numero
degli omicidi attribuiti alla mafia in Italia, ciò appare incontrovertibile,
subisce un autentico crollo dell’80% tra il 1992 e il 2012.
Il fatto che siano stati commessi meno
delitti non significa che le mafie sono meno potenti, piuttosto più caute e
meglio organizzate. I numeri non traggano in inganno, si legge esplicitamente
nel Rappoorto Onu: “non significa, in sè, che le associazioni di tipo mafioso
stanno perdendo il loro controllo in certe regioni italiane, queste
organizzazioni operano solitamente sotto copertura, tanto da rendere
estremamente impegnativa una valutazione della sfera e dell’intensità delle
loro operazioni”.
Un altro Rapporto analizza il
crimine mondiale. E’ lo “Small Arms
Survey 2013″. Qui si spiega che il
calo degli omicidi “potrebbe essere dovuto a strategie ad hoc”, decise
dai clan della criminalità organizzata al fine di muoversi meglio nel
territorio, allargare i confini ”sui mercati legali e nelle operazioni di
business”.
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