Il sen. Giuseppe Lumia |
La Direzione del Partito
Democratico tenutasi a Palermo ha riproposto uno schema di pensiero che è stato
motivo di drammi storici per la Sicilia e che oggi tenta di ripresentarsi
prodromico di una tragedia tremenda. Dietro, infatti, l’attacco
violento ed inusitato al Presidente Crocetta e l’opposizione alla candidatura
alle elezioni europee del sen. Lumia si cela, anzi si malcela, la volontà di
farla finita con l’avvìo delle riforme. La parola d’ordine è
quella di sempre, e cioè che la legalità bloccherebbe lo sviluppo. I catanesi conoscono bene
questo binomio satanico, è lo stesso che a Catania fece prosperare Mafia e
Politica ai tempi dei quattro Cavalieri dell’Apocalisse, è lo stesso che ha
fatto dire a qualcuno che con la lotta alla Mafia è scomparso anche il lavoro –
dimenticando questi smemorati con dolo che il lavoro che offre la Mafia si
chiama omicidio, estorsione, spaccio di droga, corruzione.
Cosicché, oggi le ragioni
della crisi non risiederebbero in decenni di spoliazione delle risorse dei
siciliani, con un sistematico assalto mafioso alla diligenza bensì sarebbe
colpa di quanti vogliono riportare la legge ed i cittadini (non i delinquenti)
al centro del governo.
Ma vuoi vedere che la
colpa della crisi è di Crocetta?
Vuoi vedere che in Sicilia
c’è il più alto tasso di disoccupazione giovanile per colpa delle battaglie
antimafia di Lumia?
Sinceramente, lo
spettacolo che è andato in scena oggi a Palermo ha del paradossale e
persino del grottesco, poiché ci saremmo aspettati tutti che unanimemente da
quei lavori venisse fuori l’appoggio totale a Crocetta perché vada avanti e
completi il suo lavoro con l’appello a Lumia a candidarsi.
Ed invece, anche a mezzo
di sofisticati pensatori - che potrebbero soltanto invocare l’esimente di chi
non sa ciò che dice – si è mosso un attacco senza precedenti al progetto
legalitario del governo Crocetta, mentre si sono ricercati sofismi legulei per
dire no alla candidatura europea di Lumia.
La parola d’ordine, in
nome dello sviluppo, sarebbe dunque la normalizzazione.
Poco importa a costoro di
un dato ineluttabile, confermato non solo dal buonsenso ma anche da ricerche di
economisti e studiosi del settore, che conferma come il presupposto dello
sviluppo sia proprio la legalità, con una concorrenza vera finalmente
ripristinata, con regole chiare che attraggano gli investimenti, con
responsabilità precise che diano sanzioni certe a quanti violano le leggi,
perché oggi va in sena il processo a quanti hanno osato portare la lotta a Palazzo
d’Orleans, serve farla finita con questo Presidente della Regione che si
permette ancora di tenere i partiti alle corde.
Eppure, non c’è convegno,
seminario, dibattito, in cui non si spieghi che senza legalità non potrà
esserci sviluppo, purché appunto non si passi dalle parole ai fatti, secondo la
comica già conosciuta di chi scriveva “la Mafia fa schifo” per poi finire
recluso proprio per concorso esterno nell’associazione mafiosa.
Poco importa se si butta a
mare l’esperienza storica della Confindustria di Montante e Lo Bello, perché è
meglio discutere con quell’impresa che, complice piuttosto che libera, collude
con la politica anziché proporre e dialogare da pari a pari.
Qualcuno ignora anche che
l’additare Crocetta e Lumia come coloro che hanno la colpa di bloccare tutto
con la fissa della legalità significa operare un volontario isolamento di
costoro, come a dire chissà a chi che occorre prendere le distanze da questi
matti che propongono nuove leggi sul voto di scambio politico-mafioso e che
si permettono di fare gli sbirri con i magistrati.
Per carità, ci sarà anche
chi sarà in buonafede in questa messinscena ma, consentiteci di dire che la
buonafede in questi casi è persino più tragica di chi invece assume certe
posizioni per interesse.
La verità è che Crocetta
da governatore e Lumia da sostenitore primo del governo regionale hanno dato un
colpo mortale al sistema diabolico e sanguinario di Cosa Nostra e che mai si
era vista un’alleanza seria tra Governo e Magistratura per assicurare alla giustizia
i delinquenti che hanno depredato il popolo siciliano.
Occorre, quindi,
condizionare il governatore nella fase delicata del rimpasto, serve che
ciascuno torni al suo posto che è quello di una Sicilia consolare, che prenda
ordini da Roma e che lasci in pace la Mafia sviluppo S.p.A.
Incredibile allucinazione
quella che si vuole propinare, facendo fuori un parlamentare come Lumia che da
Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia e dopo con l’attività di
legislatore ha denunciato e perseguito i mafiosi, facendo sempre nomi e
cognomi.
Vuoi vedere che Lumia
candidato poi magari ti diventa Presidente della Commissione Parlamentare
Antimafia Europea e si mette in testa di lottare la Mafia anche dall’Europa?
Il rovescio della medaglia
sarebbe lo sviluppo di cui sarebbe rappresentante un tizio come quel Cappedazzu
di Enna, al quale invece si riconosce per delega una candidata alle europee.
Vedi caso quello stesso
Crisafulli che Lumia e Crocetta hanno messo all’angolo, lo stesso intercettato
dai Carabinieri mentre apre in uno studio privato le buste contenenti le
offerte di una gara pubblica, lo stesso che parlava con il boss Bevilacqua e
non solo.
Possibile che qualcuno
immagini di potere tornare impunemente agli anni ’80, dimenticando cosa è
costata ai siciliani una stagione di lotte e di morti?
Attenzione, perché questa
volta l’errore – se qualcuno davvero fosse in buonafede – sarebbe tragico e
vorrebbe dire riconsegnare la Sicilia a Cosa Nostra che ne ha fatto da sempre
la sua enclave internazionale, una sinecura del crimine che ha programma
di governo di affamare e soggiogare un popolo con la violenza garantendosi in
cambio fiumi di denaro da investire.
Crocetta resista e
rilanci, Lumia non rinunci a porre la sua candidatura, che è simbolo di una
svolta epocale, Crisafulli e compagni si rassegnino ad accettare una Sicilia
diversa che non può tornare indietro: sarebbe contro la Storia ma soprattutto
sarebbe un crimine contro il nostro popolo.
Quanti sono in buonafede
invece riflettano, perché nel dna del PD c’è la storia di Portella della
Ginestra, di Danilo Dolci, di Pio La Torre, e quanti altri sotto le insegne
della sinistra storica hanno letto le ragioni di una lotta di liberazione della
Sicilia.
Tratto da
sudpress.it
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