Il prefetto Giuseppe Caruso |
di Giorgio Petta
Dopo l'appello di Roberto Saviano la riforma è stata annunciata dal premier. «Un mese dopo la mia
nomina a direttore dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati, dissi che la
legge istitutiva andava rivista se si volevano raggiungere gli obiettivi della
Rognoni-La Torre. Per tre anni ho detto e scritto quello che pensavo. Senza risultato.
Sarebbe bastato poco perché l'Agenzia avesse funzionato. Invece ha prevalso
l'ideologismo dei professionisti dell'antimafia che non ha portato e non
porterà a nulla. Adesso voglio vedere se le cose cambieranno dopo l'impegno
assunto da Matteo Renzi con Roberto Saviano». Non nasconde la rabbia il prefetto Giuseppe Caruso.
All'Agenzia per i beni
confiscati ha dedicato i suoi ultimi tre anni di fedele servitore dello Stato
prima di andare in pensione. Di amarezze e di rospi ne inghiottiti parecchi. Inascoltato
e criticato. Come se le sue proposte per rendere finalmente efficace l'attività
dell'Agenzia - «tutte nero su bianco e verificabili» - dessero fastidio a chi,
tra i professionisti dell'antimafia, la politica, gli intrecci inestricabili
della burocrazia, privilegia comunque il dire al fare. «Speriamo - dice - di
voltare pagina con Renzi».Il tema della riforma dell'Agenzia dei beni confiscati - in attesa della nomina del nuovo direttore - rientra tra i cinque punti della strategia antimafia del Governo così come lo stesso Renzi li ha elencati nella risposta all'appello contro la mafia lanciato da Saviano: «Faremo - ha scritto il premier - un lavoro serio e puntiglioso, insieme con la Commissione parlamentare d'inchiesta sulla mafia. Con una proposta organica sulla base del lavoro fatto dalla commissione presieduta da Garofoli istituita a Palazzo Chigi, con Cantone e Gratteri». Autoriciclaggio: «Prevedo l'introduzione del delitto di autoriclaggio per punire così l'estorsore o il pusher che reimpiega il provento dei delitti»;
certificazione antimafia: «Va ripensata: troppo spesso si riesce ad aggirare. Servono controlli più severi»; Agenzia nazionale per i beni confiscati: «Con urgenza porrò il tema della riforma per restituire ai cittadini quanto i clan hanno loro sottratto»; Comuni sciolti per mafia: «Vanno inviati manager che possano operare a tempo pieno anche in deroga alle regole del patto di stabilità»; corruzione: «Ha un costo che ammonta a 60 miliardi di euro ogni anno» ed «è fondamentale dare piena attuazione alle legge 190 del 2012. Mi impegno a nominare immediatamente, a partire già dai prossimi giorni, il Commissario anticorruzione, come previsto dalla stessa legge».
«Renzi - replica Saviano, dopo avere letto l'intervento del premier - risponde con questa pubblica promessa. La prendo sul serio, come un impegno vero. Il compito di chi come me ha fatto della propria vita denuncia è osservare e descrivere ciò che vede. E non abbassare la guardia. Mai».
E ancora di confisca di beni si parlerà oggi e domani a Palermo, in Prefettura e a Palazzo dei Normanni, in occasione delle audizioni, già programmate, dei vertici delle forze dell'ordine e della magistratura, davanti alla Commissione parlamentare antimafia guidata dal presidente Rosy Bindi. Due giorni di intenso lavoro e in particolare oggi pomeriggio, quando saranno ascoltati a Villa Withacker i presidenti delle Sezioni misure di prevenzione del Tribunale di Palermo e Caltanissetta, i magistrati delle stesse sezioni nonché gli amministratori giudiziari di beni confiscati, le associazioni antimafia, Confindustria, Confcommercio e le organizzazioni sindacali.
Domani mattina, infine, a Palazzo dei Normanni, l'incontro con la Commissione speciale d'inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia.
«Il primo ad essere ascoltato dalla Commissione Garofoli - ricorda il prefetto Caruso - fui io. Dissi che la legge istitutiva dell'Agenzia nella fase di applicazione presentava parecchie criticità. Dissi quali erano e come andavano superate. Comunicai, inoltre, che avevo depositato presso il Ministero dell'Interno una rivisitazione totale, scritta di mio pugno, della legge. Accanto a ciascuna norma avevo annotato, infatti, in neretto le piccole modifiche che occorrevano. Le mie proposte furono accettate "in toto" dalla Commissione. Ma le conclusioni furono rimesse in discussione dalla legge di iniziativa popolare per i beni confiscati promossa dalla Cgil prendendo spunto proprio dalla mia relazione. Purtroppo - conclude Caruso - la Cgil ha ampliato l'intervento a tal punto che difficilmente potrà trovare coperture finanziarie e attuazione».
La Sicilia, 3 marzo 2014
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