Corradino Mineo |
CORRADINO MINEO
24 marzo 2014 alle ore 10.30
24 marzo 2014 alle ore 10.30
“Boom
dell’estrema destra”, la Stampa. “Balzo di Marine Le Pen, segnale all’Europa”,
Corriere della Sera. Da tempo scrivo che l’Unione Europea, se finirà, finirà
quando sarà scoppiata la crisi del regime in Francia, e a causa di tale crisi
della Quinta Repubblica. Non ci siamo ancora. Erano, quelle di ieri, solo
elezioni municipali e solo per il primo turno. A Parigi Anne Hidalgo, arrivata
seconda con un punto in meno della sua antagonista di destra Nathalie
Kosciusko-Morizet, è molto probabile che diventi sindaco: perché ha vinto
negli arrondissement considerati decisivi e può disporre di
una riserva di voti più importante, per esempio i verdi, con cui si è già
alleata. Ad Avignone, magnifica città del sud est, il candidato del Fronte
Nazionale arriva in testa superando la socialista, ma il candidato di quella
destra che in Francia si definiva un tempo “repubblicana” proprio per
distinguerla dalla destra “xenofoba” del Front National, ha grattato il 20 per
cento dei voti. Per chi voteranno questi elettori?
Interessante persino
Marsiglia, dove i socialisti prendono un bagno e arrivano solo terzi, ma perciò
sarà scontro duro tra Destra e Destra-Destra, in una triangolare, cioè in un
ballottaggio a tre.
“La percée
du FN, la fessée du Ps”: sfondamento del Front National, sculacciata ai
socialisti, scrive Liberation. Mentre Le Monde si chiede se sarà “sisme
politique”. La riforma costituzionale di De Gaulle, quella che Mitterrand
definì “colpo di stato permanente”, ha saputo ridurre per mezzo secolo la
dialettica democratica in Francia a un duello a due, la Destra, intorno al
partito gollista e post gollista, la sinistra, intorno ai socialisti. Costrette
le sinistre comuniste a portare acqua al PS, fuori gioco il Front National,
perché nessuno si sarebbe mai alleato con il “fascista” Jean Marie Le Pen. E
così è stato, tanto che nel 2000 quando Jospin arrivò solo terzo, gli elettori
di sinistra votarono in massa al ballottaggio l’odiato Chirac. Ora sembra
finita. La figlia bionda e sorridente del “legionario” e cattivo Le Pen,
raccoglie un voto troppo diffuso nel territorio - parteciperà ai ballottaggi in
229 comuni - e saldamente radicato nel sud. Oggi gli uomini della “destra
repubblicana” non sembrano più disposti a sacrificarsi per isolarla, mentre
molti elettori, un tempo di sinistra, votano Marine Le Pen perché non sanno più
cosa sono loro stessi e perché detestano la retorica socialista sul “motore
franco tedesco dell’Europa”, che ha sostituito l’illusione perduta della
grandeur.
“Stasera non
finisce solo il bipartitismo in Francia. Finisce la distinzione tra destra e
sinistra in Europa. La vera lotta è fra l’alto e il basso della società”. Ha detto, alle 21 di ieri, Marine
Le Pen. Hollande si è a tal punto sconnesso dalla realtà dall'aver preso
l’aereo presidenziale per recarsi a votare nel suo comune. La destra, tanto a
corto di candidati, che sta pensando di richiamare in servizio Alain Juppé,
primo ministro nel lontano 95, e da allora, dopo aver superato indenne un guaio
giudiziario, solo sindaco di Bordeaux.
C’è dunque
il rischio che il Front National finisca in testa già alle Europee e minacci
l’architettura costituzionale gollista. In quel caso la Germania sarà tentata
di ricostruirsi un’Europa a sua immagine, verso Est, nei territori dove vivono
genti tedesche e popoli da sempre al confine con la Germania. L’Italia, con il
suo debito fuori controllo, potrebbe trovarsi fuori dall’Euro senza averlo
scelto. Come la Francia. A questo punto Grillo, Salvini, secessionisti
immaginari del Veneto, Alba dorata, franchisti spagnoli dilagherebbero, come il
Front National in Francia. Ma tutti insieme, questi rappresentanti del “basso
dell’Europa” non farebbero una proposta. E da noi, probabilmente, aprirebbero
le porte al Capitale Criminale provando ad agganciarsi al dollaro.
La storia
corre e noi tiriamo il freno. Titoli intelligentissimi come “Dopo la casa, il
treno”, by il Giornale, o come “Renzi&Della Valle uniti nella lotta. Contro
CGIL e Moretti”, sfornato dal Fatto, non mi inquietano perché criticano Renzi,
ma perché sottovalutano quel pezzo dell’opinione pubblica che a Renzi sta
chiedendo di fare argine alla slavina verso l’irrazionale, verso la Babele dei
mal di pancia e dei rancori, che rischia persino di salvare i colpevoli veri
dello sfascio.
Gli 80 euro
in busta paga, solo una trovata elettorale? Sbagliato dimezzare lo stipendio di
Moretti perché così si avvantaggerebbero Montezemolo e Della Valle, soci in
Italo? Offensivo accomunare Squinzi a Camusso, quando entrambi sembrano
pretendere un diritto di veto a priori su ogni atto del governo? Io credo che
bisognerebbe riconoscere al premier il diritto di provarci, magari
confortandolo e spronandolo, mettendo in campo una vasta mobilitazione
popolare. L’auto in corsa si guida meglio.
Piuttosto è
la legge elettorale, scritta con Verdini, il parto di Renzi che regge peggio
alla prova francese. Mi chiedo se non sarebbe meglio pensare a una
rappresentanza meno strozzata, anche sacrificando qualcosa in termini di
governabilità, piuttosto che costruire un Frankestein istituzionale, col quale
un demagogo con appena il 20 per cento dei voti possa vincere il premio al
primo turno e regnare indisturbato su una sola camera. Se il demagogo è quello
sbagliato, poi che si fa?
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