Il senatore Giuseppe Lumia |
Lo Stato non può permettere che dopo la confisca per mafia le
aziende rischino di fallire e si perdano centinaia di posti di lavoro. Le
istituzioni devono garantire la continuità delle aziende confiscate ed i
livelli occupazionali. È questa la risposta che bisogna dare ai cittadini e a
quei lavoratori che in preda alla disperazione compiono gesti estremi. Ieri un operaio del Gruppo 6 Gdo,
azienda confiscata al prestanome del boss Matteo Messina Denaro, ha tentato di
darsi fuoco. Ecco perché ho
presentato un’interrogazione per chiedere ai ministri dell’i! nterno e della
giustizia: un'ispezione per verificare le difficoltà di gestione
dell'amministrazione giudiziaria e stabilire le cause che stanno portando al
fallimento del Gruppo 6 Gdo; se ritengano necessario intervenire attingendo
risorse dal Fondo giustizia per sostenere il risanamento dell'azienda al fine
di garantire la continuità aziendale e di conseguenza salvaguardare i posti di
lavoro dei dipendenti; se intendano istituire un tavolo presso il Ministero
dello sviluppo economico per facilitare in modo trasparente l'affitto o la
vendita del Gruppo 6 Gdo a soggetti di chiara affidabilità antimafia, di
garanzia finanziaria ed esperienza imprenditoriale nello stesso settore dell'azienda
confiscata.
Giseppe Lumia
LUMIA
- Ai Ministri dell'interno e della giustizia
Premesso
che:
con
provvedimento del Tribunale di Palermo, Ufficio del Giudice per le indagini
preliminari, numero 8282/07 RGNR DDA del 19 dicembre 2007, è stato disposto il
sequestro preventivo penale ex art. 321 del codice di procedura penale delle
quote dell'intero capitale sociale e del compendio aziendale del gruppo 6 Gdo
Srl appartenente a Giuseppe Grigoli, accusato di essere il cassiere nonché
braccio destro del noto latitante Matteo Messina Denaro. Successivamente, in
data 17 ottobre 2013, è stata disposta dalla V Sezione penale della Cassazione
sentenza definitiva di condanna a 12 anni per il Grigoli, con pena accessoria
di confisca definitiva di tutto il patrimonio, passando lo stesso all'Agenzia
nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla mafia;
in
particolare il Gruppo 6 Gdo Srl operava nell'ambito della grande distribuzione,
gestendo nel periodo antecedente all'amministrazione giudiziaria circa 50 punti
vendita tra supermercati con il marchio Despar, concessionaria per le province
di Trapani, Agrigento e in parte Palermo, e 40 punti vendita dati in
somministrazione. Inoltre, la società dal 2008 ha registrato il marchio 6Store
con il quale gestiva soft discount a seguito della necessità di riconvertire la
linea dei supermercati gestiti e/o in affiliazione, attraverso la propria
piattaforma di acquisto e di distribuzione, occupando per la sola Gruppo 6 Gdo
fino a 205 dipendenti, oltre a circa altri 300 lavoratori che orbitano nelle
aziende satellite, in quelle con contratto di somministrazione e dell'indotto;
si
tratta, quindi, di una complessa e vasta realtà commerciale. Basti pensare che
il Gruppo 6 Gdo aveva un capitale sociale di 14 milioni di euro e fatturava
circa 120 milioni di euro all'anno. Inoltre nel magazzino del centro di
distribuzione la merce inventariata aveva un valore di circa 10 milioni di
euro;
l'attività
dell'azienda, soprattutto negli ultimi tre anni, ha subito un forte calo di
fatturato, al quale si è aggiunta una drastica diminuzione delle merci nei
magazzini, fino a decretare già dal mese di novembre 2013 il blocco delle merci
in entrata e naturalmente in uscita, uno svuotamento totale del magazzino, con
conseguente fermo delle attività. Le ripercussioni sono state drammatiche
perché la maggior parte dei supermercati della rete, in mancanza di merce, è
stata costretta a chiudere;
gli
amministratori giudiziari hanno più volte lamentato il sorgere di numerosi
ostacoli che hanno reso certamente difficile la buona gestione delle attività
aziendali arrecando un grave danno all'azienda e ai lavoratori. Il dottor
Nicola Ribolla chiamato a testimoniare durante il processo a carico di Grigoli
ha dichiarato che "appena è arrivato il rappresentante dello Stato, perché
questo è l'amministratore giudiziario, improvvisamente molti supermercati associati
hanno chiesto di disdire il contratto con noi, i fornitori non ci hanno fatto
più credito e anche le banche ci hanno chiuso i rubinetti". Affermazione
seria, ma anche l'assunzione, da parte degli amministratori, di personale di
fiducia "specializzato" non ha portato nessun beneficio ed è
diventato motivo di ulteriore e discutibile appesantimento finanziario;
dopo,
diversi e infruttuosi confronti, anche in sede prefettizia, la società in data
11 luglio 2013 ha aperto una procedura di mobilità per il licenziamento di 40
lavoratori, indicando tra i motivi della crisi, oltre agli "effetti
involutivi dell'andamento del mercato", una grave crisi di liquidità
conseguente alla "difficoltà di gestire i rapporti con le banche";
a
seguito di un confronto con le organizzazioni sindacali presso l'Ufficio
regionale del lavoro, è stato deciso di far ricorso alla mobilità su base
volontaria e all'istituto della cassa integrazione straordinaria, per la
restante parte dei lavoratori, così da garantire alla società un risparmio sul
costo del lavoro, consentendo all'azienda di recuperare una parte di liquidità;
in
questi anni si è assistito alla chiusura di vari punti vendita Despar e ad un
ridimensionamento generalizzato della forza lavoro impiegata, nonostante
l'apertura di alcuni punti vendita con il marchio 6Store. Inoltre nell'universo
imprenditoriale del boss Grigoli si è assistito dopo la confisca al fallimento
della "Provenzano Mozzarelle" con circa 50 dipendenti, alla
liquidazione dalla "SpecialFruit" che occupava 27 dipendenti e della
"Ciuri di Grano" con 10 dipendenti;
ad
oggi il fatturato del Gruppo si è azzerato, i magazzini sono vuoti e il
capitale sociale è stato dilapidato, mentre i tentativi di affitto o di
compravendita dell'azienda da parte di altri soggetti presenti nel settore
della grande distribuzione alimentare sono falliti, anche a causa di
problematiche di carattere burocratico;
i
lavoratori e le loro famiglie vivono momenti di preoccupazione o di vera e
propria angoscia, per l'incertezza del loro futuro. Comincia a serpeggiare il
pessimismo e la sfiducia. Se non ci saranno solleciti interventi si rischia di
alimentare la convinzione, sbagliata e devastante, che con "la mafia si
lavora e con lo Stato si muore di fame";
nel
territorio patria del boss latitante Matteo Messina Denaro lo Stato deve fare
di tutto per vincere questa battaglia di legalità e sviluppo. Per questo deve
coniugare i preziosi risultati della magistratura con interventi che
garantiscano il mantenimento delle attività produttive e la tutela della
stabilità occupazionale del territorio. Bisogna sostenere, e non vanificare,
l'attività degli organi di polizia e della magistratura con opportune e
tempestive iniziative a sostegno dell'occupazione e dello sviluppo;
il
sistema sequestro, confisca, gestione dell'azienda da parte dello Stato non ha
funzionato, anzi si rischia il fallimento, come sta avvenendo per molte altre
realtà aziendali,
si
chiede pertanto di sapere:
se
i Ministri in indirizzo intendano verificare dove si è fallito, accertare le responsabilità
interne ed esterne e chiedere sia all'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e
confiscati alla mafia sia all'Autorità giudiziaria competente di avviare
un'ispezione per verificare le difficoltà di gestione dell'amministrazione
giudiziaria e stabilire le cause che stanno portando al fallimento del Gruppo 6
Gdo;
se
ritengano necessario intervenire attingendo risorse dal Fondo giustizia per
sostenere il risanamento dell'azienda al fine di garantire la continuità
aziendale e di conseguenza salvaguardare i posti di lavoro dei dipendenti;
se
intendano istituire un tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico per
facilitare in modo trasparente l'affitto o la vendita del Gruppo 6 Gdo a
soggetti di chiara affidabilità antimafia, di garanzia finanziaria ed
esperienza imprenditoriale nello stesso settore dell'azienda confiscata.
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