L'autore, dirigente del partito,
nella sua opera rievoca le gloriose lotte degli anni '60 per l’emancipazione e
il riscatto dei contadini, ma anche le miserie morali di alcuni dirigenti
coperte dalle cortine fumogene del “centralismo” comunista
(di pippo la
barba) Amarcord
del vecchio Pci nell'ultimo libro di Gaetano D'Andrea, “Piazza Bagni”, che è un
luogo storico, una piazza tuttora esistente di Termini Imerese dove avvenivano
tutte le discussioni politiche che riguardavano la classe operaia, una sorta di
agorà moderna che non aveva per oggetto solo i fatti di Termini, ma di
un’intera zona circostante. Termini Imerese era allora il terminale di tutte le
rivendicazioni e le aspettative di un territorio emblematico della Sicilia, le
Madonie. Tanino D’Andrea, con la consueta onestà intellettuale, scrive questo
libro di memorie che non sono per nulla agiografiche, ma costituiscono uno
spaccato di vita vissuta in un ambiente in cui convivevano vizi privati e
pubbliche virtù.
D’Andrea, che è stato esponente di spicco del Pci e poi dei DS, funzionario di partito, sindaco di Alia, amministratore di aziende sanitarie, componente della Commissione Provinciale di Controllo, parla a cuore aperto di quegli anni, delle lotte per l'emancipazione e il riscatto dei contadini, che rappresentarono indubbiamente un’epopea e un’esperienza politica e umana straordinaria per chi ne fu a capo, ma che indussero anche tante amarezze per i diktat di un “centralismo” che non sempre premiava i migliori e che copriva con cortine fumogene i comportamenti privati di chi doveva apparire a tutti i costi in linea con l’immagine pubblica. D’Andrea per convinzione e per temperamento è stato sempre insofferente ad ogni forma di condizionamento, la sua è una condizione “anomala” di militante inquieto, di intellettuale restio a divenire “organico” alle politiche calate dall’alto. E’ questa la sua “cifra”, una condizione vissuta con determinazione ma anche con sofferenza, senza mai tuttavia operare rotture, ma continuando a essere un comunista critico, proteso al raggiungimento degli obiettivi di emancipazione e di giustizia sociale senza mai rinunziare però alle libertà individuali
D’Andrea, che è stato esponente di spicco del Pci e poi dei DS, funzionario di partito, sindaco di Alia, amministratore di aziende sanitarie, componente della Commissione Provinciale di Controllo, parla a cuore aperto di quegli anni, delle lotte per l'emancipazione e il riscatto dei contadini, che rappresentarono indubbiamente un’epopea e un’esperienza politica e umana straordinaria per chi ne fu a capo, ma che indussero anche tante amarezze per i diktat di un “centralismo” che non sempre premiava i migliori e che copriva con cortine fumogene i comportamenti privati di chi doveva apparire a tutti i costi in linea con l’immagine pubblica. D’Andrea per convinzione e per temperamento è stato sempre insofferente ad ogni forma di condizionamento, la sua è una condizione “anomala” di militante inquieto, di intellettuale restio a divenire “organico” alle politiche calate dall’alto. E’ questa la sua “cifra”, una condizione vissuta con determinazione ma anche con sofferenza, senza mai tuttavia operare rotture, ma continuando a essere un comunista critico, proteso al raggiungimento degli obiettivi di emancipazione e di giustizia sociale senza mai rinunziare però alle libertà individuali
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22/02/2014
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