Di vecchio e nuovo cemento illegale si è parlato recentemente a Roma in un
convegno organizzato da Legambiente dal titolo:
Abusivismo edilizio, l'Italia frana il parlamento condona. Il dossier
presentato fornisce dati su cui riflettere.
Ci racconta un Paese malato di illegalità. Nel 2013, secondo la stima
del Cresme,
sarebbero stati costruiti, tra ampliamenti e nuove costruzioni, 26mila
immobili illegali, oltre il 13% del totale delle nuove edificazioni.
L’abusivismo edilizio è un’autentica piaga nazionale. Prospera indisturbato
dagli anni Cinquanta. Un dissennato e illegale consumo di suolo ha
riempito senza sosta le coste, le aree golenali dei fiumi, i pendii delle
montagne, senza pensare al danno paesaggistico che arrecava e nemmeno al pericolo
di costruire case, terrazze, uffici, persino alberghi e scuole, in aree a
rischio idrogeologico, dove cioè non si dovrebbe nemmeno piantare una tenda da
campeggio. Nel 2013 qualche significativa demolizione si era vista, ma
accompagnata da numerosi tentativi di far passare un nuovo condono edilizio. Applicare la legge
non solo risponde a un principio di giustizia e tutela del paesaggio, ma anche
a un problema di sicurezza delle persone. C'è infatti la necessità, non più
eludibile, di delocalizzare gli insediamenti sorti nelle aree a rischio. Una
pratica pressoché sconosciuta in Italia, dato che tra i 1354 comuni,
interpellati dalla ricerca Ecosistema a Rischio 2013 condotta da Legambiente e
Dipartimento di protezione civile, solo 55 hanno dichiarato di aver avviato
nell’ultimo biennio procedure di delocalizzazione.
Il miglior deterrente all'abusivismo è l'abbattimento degli immobili
fuorilegge, mentre ogni ipotesi di sanatoria alimenta nuovo cemento, come
dimostrano i tre condoni edilizi fatti. Andrebbe anche ricordato che abbattere
un immobile illegale non è una facoltà, ma un preciso obbligo delle amministrazioni
comunali, previsto dal Dpr 380/2001.
L’abusivismo edilizio alimenta anche una vera e propria filiera del cemento illegale: dalle
cave, agli impianti di calcestruzzo, fino alle imprese edili, tutto è pagato in
nero, arricchendo la malavita. Una analisi dei decreti di scioglimento, per
legami con la mafia e la camorra, delle amministrazioni locali della Campania
evidenzia un dato impressionante ed inequivocabile: dal 91 ad oggi l’81% dei
Comuni ha tra le motivazioni di scioglimento un diffuso abusivismo edilizio,
speculazione immobiliare e pratiche di demolizione inevase. In Campania il
fenomeno è così vasto che non ha risparmiato nemmeno l’area archeologica di
Pompei, dove nel gennaio del 2013 i carabinieri hanno scoperto tre
villette edificate senza autorizzazione, proprio a ridosso degli scavi. Nel
2013 è la Sicilia, con i suoi 476 illeciti a guidare la classifica
dell’abusivismo edilizio nelle aree demaniali costiere. Sono ancora in
piedi le 560 case costruite illegalmente nella zona di massima tutela
della Valle dei Templi e le 400 della Riserva della Foce del Simeto a
Catania. Campania e Sicilia sono solo la punta dell'iceberg del fenomeno:
l'intero territorio nazionale ne è colpito.
Il cemento illegale prospera per la quasi matematica certezza che
l’immobile abusivo non verrà abbattuto. Il rapporto tra ordinanze ed esecuzioni
è bassissimo: le demolizioni superano di poco il 10%.
Ci sono poi i condoni dimenticati. Sommando i tre condoni (1983, 1994 e
2003) nei capoluoghi di provincia italiani sono state depositate 2.040.544
domande di sanatoria. Di queste, il 41,3% risulta ancora oggi inevaso.
Oltre alle analisi, dal convegno di Legambiente è emersa una proposta: per
restituire al Paese i luoghi violati, eliminando manufatti, è stata
lanciata la campagna nazionale “abbatti l’abuso” a cui hanno aderito
Il Consiglio nazionale dei Geologi, il Consiglio nazionale degli Architetti,
l'associazione Libera e Avviso Pubblico, la rete degli enti locali per la
formazione civile contro le mafie.
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