venerdì, febbraio 14, 2014

"A testa Alta", il nuovo film di Alberto Castiglione

Alberto Castiglione sul set di "A testa alta"
Inserito tra i 100 siciliani emergenti da Sicilia Informazione, Alberto Castiglione ha la passione per il genere documentaristico nelle vene. Dal 2002, anno di uscita del suo primo documentario, sono passati 11 anni, ha prodotto nove opere di grande successo e vinto premi internazionali. Adesso, il giovane regista palermitano torna dietro la macchina da presa con "A testa Alta"un’opera cinematografica per non dimenticare gli importanti avvenimenti storici siciliani, un legame tra il passato e il presente, un’esortazione a combattere per i diritti.


Dopo la storia di Aldo Moro, in "A testa Alta" racconta i fatti che portarono alla morte di Placido Rizzotto ed Epifanio Li Puma. Scelte non facili per un documentario. Cosa l'ha spinta a raccontare questa storia?
«La mia filmografia è da sempre stata contrassegnata da scelte di questo tipo, cioè di storie e biografie "forti" dal punto di vista sociale e politico, ritengo che il cinema in tal senso possa offrire innumerevoli stimoli e provocare reazioni importanti negli spettatori. Credo nella funzione politica, nel senso più ampio e nobile del termine, dell'arte in generale, nella rigenerazione culturale che è crescita civile, proprio partendo dalla memoria di una città, di una regione e di un'intera  nazione. L'alchimia che porta poi un autore su un tema  è davvero strana, sempre sconosciuta, ed è bene che rimanga tale».

Qual è la trama di “A testa Alta”?
«"A testa alta" é un film sulle lotte sindacali in Sicilia nel secondo dopoguerra, tra gli anni 1946-1949, anni cruciali non soltanto per la nostra Regione ma in generale per l'Italia. Si usciva dal disastro della seconda guerra mondiale, e proprio in quel mondo contadino, tra quelle persone, forte era la spinta di libertà e di ricostruzione, proprio attraverso azioni di civiltà democratica, come l'occupazione delle terre promosse dal famoso Decreto Gullo, legge che ripartiva di fatto le terre ai contadini, strappandole al potere secolare dei baroni che comandavano su quelle stesse terre e sulle vite dei contadini che le coltivavano, con la complicità della violenza mafiosa. In questo mio film voglio da un lato raccontare quelle vicende, in modo del tutto autorale e personale, ma al tempo stesso creare un ponte col presente, mostrando quali persone, associazioni, gruppi oggi proseguono le stesse lotte per cui hanno perso la vita tanti coraggiosi sindacalisti in quegli anni».

Le riprese sono iniziate a Petralia Soprana. Quali altri comuni del palermitano toccherà il film?
«I comuni coinvolti come set di ripresa sono: Corleone, Petralia Soprana, Giuliana e Piana degli Albanesi. Prossimamente torneremo a Giuliana dove ricostruiremo Portella delle Ginestre».

Lello Analfino è stato riconfermato come attore dopo aver preso parte al suo ultimo documentario. Com’è il rapporto tra voi due e com’è lavorare sul set con il leader dei Tinturia?
«Lello Analfino è stato una scoperta per me, non come musicista ovviamente, da quel punto di vista lo conoscevo, ma sono fiero di averlo incoraggiato, dandogliene possibilità, ad approfondire e a lavorare su questo suo enorme talento da attore: quel suo aspetto comico e tragico allo stesso tempo e quella capacità di interpretare, di far vibrare le parole sono caratteristiche che perfettamente si sposano con i personaggi  a cui do vita nel film. Un vero artista, sensibile e umile, spero che anche il pubblico lo apprezzerà».
OGGIMEDIA.IT
MARTEDÌ 19 NOVEMBRE 2013 16:37
Fonte foto: Ufficio Stampa Koinè Film


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