Il magistrato Teresa Principato |
di SALVO
PALAZZOLO
Confidente
svela: la Principato nel mirino del boss superlatitante Matteo Messina Denaro .
In arrivo una super scorta. Il procuratore Messineo: l'allerta è alta
Il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza è di nuovo in allerta.
Dopo Nino Di Matteo, un altro magistrato della procura di Palermo è finito nel
mirino del vertice di Cosa nostra. È il procuratore aggiunto Teresa Principato,
memoria storica del pool antimafia, che oggi coordina le indagini per la
ricerca di Matteo Messina Denaro, il boss della stragi, imprendibile dal 1993.
Quattro giorni fa, una fonte confidenziale ritenuta molto attendibile ha
svelato ad alcuni investigatori che il superlatitante sta cercando del tritolo
per un attentato eclatante nei confronti della Principato. La notizia è stata
subito comunicata al procuratore della Repubblica Francesco Messineo e al
procuratore generale Roberto Scarpinato. Il prefetto Francesca Cannizzo ha già
convocato per lunedì il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza.
Ma, intanto, il dispositivo di vigilanza attorno a Teresa Principato è stato
rafforzato. E una nota di allerta è stata diramata anche alle scorte di Paolo
Guido e Marzia Sabella, i sostituti procuratori che con la Principato indagano
su Messina Denaro e i suoi insospettabili complici. C'è grande fibrillazione
fra Palermo e Trapani. Venti giorni fa, la procura antimafia ha arrestato la
sorella e il nipote prediletto di Messina Denaro, assieme ad altri 28
favoreggiatori che si occupavano di finanziare la latitanza del padrino di
Castelvetrano. Di lui, nessuna traccia. Negli ultimi giorni, però, le microspie
disseminate nel ventre della provincia siciliana registrano un nervosismo
crescente nel popolo del latitante, proprio contro il pool di Palermo. E la
ragione sta nella crepa che l'ultimo blitz ha creato dentro il sistema Messina
Denaro, fino ad oggi una macchina quasi perfetta, senza pentiti, néaltri cedimenti.
È accaduto che poche ore dopo gli arresti un cugino acquisito del boss abbia chiesto ai carabinieri del Ros di parlare con i magistrati di Palermo. Ha esordito così: "Siamo stanchi di subire arresti, sequestri e condanne per causa di Messina Denaro, che pensa solo a se stesso e a gestire la sua latitanza ". Sono parole di Lorenzo Cimarosa, un imprenditore che faceva da bancomat al latitante. È ancora solo un dichiarante, e non un collaboratore di giustizia a tutti gli effetti, ma ha già messo in guardia sulle grandi manovre al vertice di Cosa nostra. "All'inizio di dicembre, il genero di Riina ha cercato Messina Denaro", questo ha messo a verbale Cimarosa. Parole che già venti giorni fa suonarono come inquietanti al pool coordinato da Teresa Principato. Adesso, dopo la notizia fornita da un confidente ad alcuni investigatori che danno la caccia al superlatitante, quelle parole di Cimarosa risultano ancora più preoccupanti. Perché il genero di Riina chiamato in causa sarebbe Tony Ciavarello, che da qualche tempo si è stabilito in Puglia. Una curiosa coincidenza: pugliese è il boss della Sacra Corona Unita Alberto Lorusso, che in questi mesi è stato intercettato in carcere con il capo di Cosa nostra Totò Riina, e ha raccolto i suoi ordini di morte contro il pm Nino Di Matteo, animatore del pool che indaga sulla trattativa mafia-Stato. Forse, il genero di Riina è diventato uno degli ambasciatori ufficiali del vertice di Cosa nostra? Al palazzo di giustizia di Palermo si torna a respirare un'aria pesante. Chi indaga avverte: "Messina Denaro, condannato all'ergastolo per le stragi del 1993, può contare ancora su un esercito di fedelissimi disposti a tutto per lui". E, intanto, il boss fantasma di Castelvetrano è diventato più guardingo, anche questo ha detto il dichiarante Cimarosa ai magistrati: "A metà dicembre, ha fatto sapere che per adesso non può incontrare il genero di Riina ". Una risposta "rispettosa", fa notare un investigatore, perché - come ha svelato Cimarosa - è passata tramite un vecchio mafioso fedelissimo di Riina e un contatto a Corleone. Nel linguaggio mafioso vuol dire una cosa sola: Matteo Messina Denaro, capomafia della nuova guardia, riconosce ancora l'autorità del vecchio padrino in carcere, Totò Riina. Che continua a dire: "A questi magistrati di Palermo gli dobbiamo far fare la fine del tonno, come a Falcone".
La Repubblica, 11.1.2014
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