di Paolo Flores d’Arcais
Che la riforma elettorale Renzi-Berlusconi
sia pessima o resti invece nell’ambito della decenza dipende da un paio di
dettagli, che i due non hanno discusso e che saranno decisivi. Il modello
spagnolo (comunque ribattezzato) favorisce infatti smodatamente ogni lista
locale. Incoraggerebbe perciò non solo la nascita di “Forza Trinacria”, “Forza
camorra” o “Forconi emiliani”, ma poiché i collegi sarebbero 118, su base ben
più piccola delle dimensioni regionali, anche di “Benevento con Nunzia”,
“Salerno ama De Luca” e “Forconi della Brianza”, in un’orgia di potentati
locali di ogni specie e abiezione. La prospettiva sarebbe devastante per il
paese, perché consegnerebbe definitivamente e strutturalmente le istituzioni in
mano a ogni lerciume di società incivile, spingendo anche i grandi contenitori
nazionali (che già sono strumenti di una indifendibile “casta”) a diventare
meri collettori di tutti gli spurghi affaristici e gli intrecci corruttivi,
clientelari e mafiosi. A meno che la riforma Renzi-Berlusconi non stabilisca
che solo le liste che presentano il loro simbolo in tutti i collegi (o comunque
in un numero altissimo, minimo i tre quarti) e superino in tutti una
determinata soglia, possano concorrere al premio di maggioranza, sia da soli
sia come componenti di un’alleanza.
Sembrano questioni di lana caprina, ma mai come in fatto di leggi elettorali “il diavolo è nei dettagli”. Qualche esempio. Se per concorrere al premio di maggioranza bisogna aver presentato il simbolo in (quasi) tutti i collegi, e aver raggiunto in tutti almeno il 5%, è evidente che a Berlusconi non converrà allearsi con liste di capi-bastone locali, perché così disperderebbe una parte dei suoi voti. In questo caso, anzi, non potrebbe allearsi neppure con la Lega, che al sud il 5% non lo raggiunge in nessun collegio. Se però per concorrere al premio di maggioranza basta superare quella soglia in un numero limitato di collegi (ad esempio un terzo) i voti di Berlusconi e della Lega possono sommarsi. Cui si aggiungerebbero quelli delle infinite listerelle dei boss locali, se bastasse superare una soglia anche alta ma in un singolo collegio. A una tale accozzaglia e anzi orgia di intreccio affaristico-partitocratico-delinquenziale basterebbe raggiungere un totale del 35% per ottenere un illimitato potere parlamentare. Che definire raccapricciante sarebbe zuccheroso eufemismo. Come si vede alcune minuzie, che quasi nessun cittadino nota e di cui i tg non parlano, decidono di una differenza colossale.
Dunque, la questione cruciale è proprio questa: al premio di maggioranza potranno contribuire solo vere liste nazionali, e in alleanze che non possano turlupinare gli elettori, oppure l’esproprio della volontà dei cittadini conoscerà un nuovo e più efferato diapason? La direzione della riforma Renzi-Berlusconi sembra proprio questa. E del resto se non fosse questa Berlusconi non la firmerebbe (nel calcolare con esattezza i proprio interessi il delinquente di Arcore non ha eguali). Staremo comunque a vedere, se sarà Berlusconi a fregare Renzi o viceversa (oltretutto, una norma democratica ovvia dovrebbe essere la proibizione di nomi e cognomi nei simboli). Infatti con il sistema spagnolo aggravato dal premio di maggioranza, e senza le clausole anti liste locali che ho richiamato, Renzi sarebbe fregato, esattamente come lo fu D’Alema, che pensava di aver messo nel sacco il futuro pregiudicato con gli amorosi sensi della bicamerale. Oggi Renzi ha la vittoria in tasca, il “suo” Pd ha dieci punti di vantaggio su Forza Italia, il partito di Berlusconi è dilaniato dalle lotte delle varie componenti (falchi e superfalchi, politici e aziendalisti, giovani e vecchi, ecc., una regione contro l’altra, e dentro ogni regione una cordata contro l’altra), e con Berlusconi per molti mesi agli arresti imploderebbe.
Di conseguenza, con un sistema elettorale a doppio turno e collegi uninominali, Berlusconi e il suo partito sarebbero definitivamente spazzati via, e la partita, almeno per la prossima legislatura, si giocherebbe tutta e sola tra Renzi e Grillo, tra il Pd e il M5S (al secondo turno, tra un berlusconiano e un grillino quasi ogni elettorale Pd sceglie il grillino, e tra un berlusconiano e un Pd quasi ogni elettore M5S sceglie il Pd). Resta perciò enigmatico perché sia Renzi che Grillo continuino a osteggiare il collegio uninominale a doppio turno (con eventuali primarie incorporate, come ho illustrato più volte su MicroMega) che oltre a essere oggi come oggi decisamente migliore dal punto di vista dell’interesse generale del paese (perché quando le forze in campo sono tre tutti i maggioritari a turno unico espropriano la volontà degli elettori avvicinando il risultato elettorale a una roulette) sarebbe anche più vantaggioso per il “particulare” di entrambi.
Infine: quale miglioramento porti la riforma Renzi-Berlusconi rispetto al Porcellum resta un mistero gaudioso. I parlamentari sarebbero sempre dei nominati dai vertici dei partiti. Che lo siano in tanti collegi o in pochi o in un solo collegio nazionale, cosa cambia per l’elettore? E ogni coalizione/accozzaglia, con poco più di un terzo dei voti arrafferebbe la maggioranza assoluta in entrambe le Camere.
Ma se il “passo avanti” è tutto qui, tanto valeva tenersi il Porcellum, estendendo al Senato il meccanismo premiale della Camera. Perché questo realizza la riforma Renzi-Berlusconi.
Che conferma la legge italiana fondamentale: “Al peggio non c’è mai fine”. Senza i radicali emendamenti alla riforma Renzi che ho descritto sopra, perciò, sarebbe di gran lunga meno peggio votare col proporzionale puro che, dopo la sentenza della Corte costituzionale, è il sistema attualmente vigente.
da Il Fatto quotidiano, 22 gennaio 2014
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