Un momento del ricordo di B. Verro |
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L'ha accertato la Polizia scientifica:
non sono di Calogero Bagarella le ossa trovate l'anno scorso nel loculo di B. Verro
Non erano i resti del boss mafioso Calogero
Bagarella, cognato di Totò Riina, morto a Palermo nella strage di viale Lazio
il 10 dicembre 1969, quelli trovati il 26 ottobre dello scorso anno nel
cimitero di Corleone, dentro il loculo intestato a Bernardino Verro. E nemmeno
quelli di altri boss mafiosi morti di “lupara bianca” nel corso della
sanguinosa “guerra di mafia” combattuta a Corleone tra liggiani e navarriani
dal 1958 al 1963. L’hanno accertato i tecnici della Polizia scientifica di
Palermo, mediante la comparazione del Dna tra i profili estratti dalle ossa
rinvenute nel loculo e quelli dei familiari degli “scomparsi” di mafia degli
anni ’60. Molto probabilmente si tratta dei resti di cittadini comuni,
“sistemati” provvisoriamente nel loculo intestato a Verro, che era rimasto
vuoto dopo la traslazione dei resti nel cimitero dei Rotoli di Palermo, voluta
dalla figlia Giuseppina il 21 marzo 1959. Fortunatamente, non c’è stata nessuna
beffa della mafia nei confronti dell’antimafia, come pure in questi mesi si è
si temuto. “Solo” un “incidente”, un imbarazzante incidente, avvenuto il 26
ottobre dell’anno scorso, quando in quello che si credeva il loculo del sindaco
antimafioso furono trovati due teschi. Allora passò la tesi dell’ufficiale
sanitario, secondo cui, fino a qualche decennio fa, nei
paesi era in uso la prassi di mettere più corpi di persone imparentate in una
stessa sepoltura. E nessuno pensò di fermare la cerimonia di
traslazione dei presunti resti di Verro dal vecchio malandato loculo alla cappella
gentilizia, attigua a quella dove il 24 maggio 2012, dopo i funerali di Stato,
era stato seppellito Placido Rizzotto. In fondo, l’idea dell’allora sindaco
Nino Iannazzo era buona. Aveva proposto alla Cgil di mettere Verro accanto a
Rizzotto, nelle due tombe monumentali limitrofe, proprio all’ingresso
principale del cimitero. Correva voce in paese che nel loculo con la scritta
“Bernardino Verro” non ci fossero più i resti dell’eroe dell’antimafia, che la
figlia aveva portato a Palermo. Ma nessuno ne aveva la certezza. Proprio per
questo, prima di decidere la traslazione, sempre su disposizione del sindaco
Iannazzo, il 21 marzo 2012 fu ispezionato il loculo, constatando, come si legge
dall’apposito verbale, «la presenza di resti di un feretro e resti mortali di
salma». Non contento di ciò, il sindaco Iannazzo fece effettuare anche una
ricerca presso l’archivio del cimitero, riscontrando il permesso di
seppellimento della salma di Bernardino Verro in data 7 novembre 1915, ma
nessuna successiva autorizzazione alla traslazione in altro cimitero. A questo punto si pensò che quelli contenuti
nel loculo fossero davvero i resti di Bernardino Verro e si mise in moto “la
macchina” per la cerimonia di traslazione, che si sarebbe poi svolta il 3
novembre dell’anno scorso. La doccia fredda a gennaio scorso, quando un ex
consigliere comunale di Corleone, Ettore Piccione, scrisse al nuovo sindaco
Leoluchina Savona, sostenendo che il corpo di Verro riposasse nel cimitero dei
Rotoli a Palermo. E che, quindi, i resti traslati nella tomba monumentale di
Corleone non appartenessero al leader dei contadini. In effetti, com’è stato
subito verificato, al cimitero dei Rotoli a Palermo (sez. 143, n. 59) c’è una
tomba intestata a Verro, con la sua foto e quella della moglie Maria Rosa
Angelastri e della figlia Giuseppina. E nell’archivio vi sono “le carte” del
trasferimento della salma di Verro da Corleone a Palermo, avvenuto il 21 marzo
1959. Stranamente, però, di questa traslazione non c’è traccia nell’archivio
del cimitero di Corleone. Il sindaco si rivolse alla polizia, che, su
disposizione della Procura della Repubblica di Palermo, sequestrò le ossa
contenute in una cassetta di zinco e le trasferì nel laboratorio della Polizia
scientifica. Il sospetto che non faceva dormire gli inquirenti era che quelle
ossa potessero appartenere al boss mafioso Calogero Bagarella, fratello di
Ninetta e Leoluca, nonché cognato di Totò Riina. Di sicuro era stato assassinato
nella strage di viale Lazio, ma il suo corpo non era stato mai ritrovato. In
base al racconto dei pentiti, pare che il fratello e il cognato l’abbiano seppellito
in una località segreta. «Che sia proprio il loculo intestato a Bernardino
Verro questo luogo segreto?», si chiedevano polizia e magistratura. Adesso c’è
la certezza che non è così.
Dino Paternostro
La Sicilia, 3.11.2013
La Sicilia, 3.11.2013
1 commento:
Se a Corleone si è divisi anche nel ricordare Bernardino Verro, cari Concittadine e Concitatdini, abbiamo toccato il fondo.
Non so in quale ristorante il sindaco lo abbia ricordato, ma il suo rifiuto a "guardare ufficialmente Bernardino Verro negli occhi" indica, che il sindaco incomincia a vergognarsi del suo operato personale (falsificazione della firma in documenti ufficiali del Comune di Corleone) e dell'inefficienza della Giunta da lei guidata!
Da persona intelligente qual è, farebbe bene a trarne le conclusioni lei stessa!
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