Matteo Renzi |
E al taglio del nastro, fra coppie di russi che si sposano, ripartono strette di mano e saluti. «Il clima è buono, la gente vede che stiamo facendo. Sto girando come una trottola ovunque. E fin qui mi son preso un solo buh». Ecco, visto da qui, è difficile pensare a un Renzi fermo, seduto dietro un tavolo a discutere da segretario Pd con le forze alleate. È probabile che se l’8 dicembre vincerà le primarie il Pd dovrà abituarsi a vedere all’opera qualcosa di diverso, che proverà a cambiare (da vedere se ci riuscirà) anche il partito.
Mercoledì il presidente Napolitano sarà a Firenze per il congresso dell’Anci. Farete pace?
«Nessuno ha litigato. Per il Capo dello Stato ho massima stima e rispetto e anche gratitudine. Firenze è orgogliosa di Napolitano. Dissentire su alcune considerazioni non vuol dire litigare».
Su amnistia e indulto lei è stato durissimo.
«Ho spiegato che ora, dopo solo sei anni dall’ultimo indulto, sarebbe inaccettabile. Che s’è fatto in questi anni per riformare la giustizia? La vicenda Scaglia è devastante. Poco meno della metà dei detenuti è in attesa di giudizio».
Lei dice che la legalità va
rispettata, ma anche lo Stato sta violando la legge nei confronti dei detenuti.
«Non si risolve il problema con un indulto. O si costruiscono nuove carceri o si cambiano le leggi. Cancelliamo la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi, cambiamo la custodia cautelare, l’affido fuori dal carcere, la messa in prova. Altrimenti un indulto a distanza di sei anni dal precedente assume le sembianze di un condono».
A Confindustria e sindacati, che minacciano anche lo sciopero, non piace la legge di stabilità. A lei?
«Il Pd ha un segretario e spetta a lui parlare. Non faccio il controcanto al governo e nemmeno a Epifani a cui riconosco di aver fatto in questi mesi un buon lavoro».
Venerdì riapre la Leopolda. Lei a Bari ha ampliato la rottamazione anche ai poteri forti, industriali, baroni etc. Eppure ci sono renziani della prima ora...
«Chi si definisce renziano è un malato... Che sia della prima ora o dell’ultimo minuto, io non voglio correnti».
Va bene, ma c’è chi teme che lei abbia meno voglia di rottamare rispetto alle vecchie Leopolde dove si parlava di abolizione del valore legale del titolo di studio, di privatizzazione della Rai. Forse perché adesso ha molti nuovi sostenitori che un tempo non l’apprezzavano? Sindaco si sta annacquando?
«Non è un rischio che corriamo. Venga alla Leopolda e se ne renderà conto».
La vicenda Monti apre la strada alla nascita di una forza moderata di centro? Le spinte che vanno in quella direzione sono parecchie e non solo fra i politici ma anche nella società italiana, basta pensare a Comunione e Liberazione.
«Che ci siano ambienti politici e culturali che immaginano un grande centro è un dato di fatto. Ma sarebbe dannoso per l’Italia. È un disegno che va respinto. Per questo chiedo che dal congresso esca con forza l’indicazione per il bipolarismo, senza ambiguità. I nostalgici del grande centro sono certo anche in Scelta Civica, ma li abbiamo anche noi, li ha il Pdl. Però nel Paese sono minoranza. I cittadini vogliono scegliere: o centrosinistra o centrodestra».
Ma se le larghe intese diventano un modello e non più una parentesi non rischia anche il Pd?
«Non c’è dubbio. Per questo il congresso deve decidere. Se vinco io il Pd presenterà una proposta di legge elettorale molto netta che imponga il bipolarismo e l’alternanza. Io voglio che le larghe intese non tornino mai più. Se qualcuno immagina che le larghe intese siano il futuro, e non mi riferisco a Enrico Letta che è un convinto bipolarista, sappia che con noi non riusciranno».
È un messaggio alla presidente Finocchiaro?
«È un messaggio a tutti. Il Pd non appartiene a qualcuno. Il Pd è di chi va alle primarie e di chi si iscrive. L’8 dicembre servirà proprio a dire il contrario di quanto sostengono i teorici delle larghe intese».
Sulla legge elettorale però c’è da trovare un’intesa col Pdl o no?
«L’intesa va ricercata con tutti ma il Pd deve avere le idee chiare, non cercare accordi al ribasso»
«Non si risolve il problema con un indulto. O si costruiscono nuove carceri o si cambiano le leggi. Cancelliamo la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi, cambiamo la custodia cautelare, l’affido fuori dal carcere, la messa in prova. Altrimenti un indulto a distanza di sei anni dal precedente assume le sembianze di un condono».
A Confindustria e sindacati, che minacciano anche lo sciopero, non piace la legge di stabilità. A lei?
«Il Pd ha un segretario e spetta a lui parlare. Non faccio il controcanto al governo e nemmeno a Epifani a cui riconosco di aver fatto in questi mesi un buon lavoro».
Venerdì riapre la Leopolda. Lei a Bari ha ampliato la rottamazione anche ai poteri forti, industriali, baroni etc. Eppure ci sono renziani della prima ora...
«Chi si definisce renziano è un malato... Che sia della prima ora o dell’ultimo minuto, io non voglio correnti».
Va bene, ma c’è chi teme che lei abbia meno voglia di rottamare rispetto alle vecchie Leopolde dove si parlava di abolizione del valore legale del titolo di studio, di privatizzazione della Rai. Forse perché adesso ha molti nuovi sostenitori che un tempo non l’apprezzavano? Sindaco si sta annacquando?
«Non è un rischio che corriamo. Venga alla Leopolda e se ne renderà conto».
La vicenda Monti apre la strada alla nascita di una forza moderata di centro? Le spinte che vanno in quella direzione sono parecchie e non solo fra i politici ma anche nella società italiana, basta pensare a Comunione e Liberazione.
«Che ci siano ambienti politici e culturali che immaginano un grande centro è un dato di fatto. Ma sarebbe dannoso per l’Italia. È un disegno che va respinto. Per questo chiedo che dal congresso esca con forza l’indicazione per il bipolarismo, senza ambiguità. I nostalgici del grande centro sono certo anche in Scelta Civica, ma li abbiamo anche noi, li ha il Pdl. Però nel Paese sono minoranza. I cittadini vogliono scegliere: o centrosinistra o centrodestra».
Ma se le larghe intese diventano un modello e non più una parentesi non rischia anche il Pd?
«Non c’è dubbio. Per questo il congresso deve decidere. Se vinco io il Pd presenterà una proposta di legge elettorale molto netta che imponga il bipolarismo e l’alternanza. Io voglio che le larghe intese non tornino mai più. Se qualcuno immagina che le larghe intese siano il futuro, e non mi riferisco a Enrico Letta che è un convinto bipolarista, sappia che con noi non riusciranno».
È un messaggio alla presidente Finocchiaro?
«È un messaggio a tutti. Il Pd non appartiene a qualcuno. Il Pd è di chi va alle primarie e di chi si iscrive. L’8 dicembre servirà proprio a dire il contrario di quanto sostengono i teorici delle larghe intese».
Sulla legge elettorale però c’è da trovare un’intesa col Pdl o no?
«L’intesa va ricercata con tutti ma il Pd deve avere le idee chiare, non cercare accordi al ribasso»
Su twitter circola una
battuta. È Letta il vero rottamatore: prima Bersani, poi Berlusconi e ora
Monti. Sarà lei il prossimo? Non teme di essere logorato da un governo che
dura?
«A ogni passaggio istituzionale dicono “adesso Renzi è finito, ha perso tutto”. Sono già finito sei o sette volte. Ma siccome sono molto pragmatico, faccio il sindaco, mi interessa cosa il governo fa per gli italiani, non quanto dura. Non mi interessa di essere logorato anche perché ho 38 anni ed è un rischio che non corro. Io posso aspettare, ma non so se può aspettare l’Italia».
È per questo che rifarà il sindaco di Firenze?
«No, la scelta è legata all’idea che ho di partito».
Che Pd sarà quello di Renzi?
«Aperto, trasparente, partecipato. Un partito vero che si basa su tre gambe: parlamentari, amministratori e circoli. Fra Camera e Senato abbiamo circa 400 eletti. Siamo la maggioranza eppure fin qui è sembrato che l’agenda la gestisse solo Brunetta. Facciamoli giocare. Sono una ricchezza del Pd, vanno valorizzati. Se eletto, li riunirò una volta alla settimana, al massimo ogni 15 giorni perché un segretario non decide da solo. Poi abbiamo i circoli. Siamo ovunque, nei luoghi di lavoro, in ogni città. Apriamoli, facciamoli vivere, spalanchiamoli. Valorizziamo gli iscritti. Chi prende la tessera è perché decide di partecipare a una scommessa collettiva. Facciamo un partito veramente radicato, ma ricco di idee, non di dipartimenti nazionali. Nei territori da 800mila iscritti siamo scesi a 250mila, da 12 milioni di voti siamo calati a 10. Qualcosa non ha funzionato. E poi ci sono gli amministratori, la terza gamba. Governiamo oltre 5mila comuni su 8mila. Non vanno più lasciati soli, messi da parte e richiamati solo ogni 5 anni. Come se fossero amministratori di condominio. Perché sono uomini e donne che ogni giorno si confrontano coi problemi reali delle persone e cercano soluzioni, non parole. Ecco perché voglio fare il sindaco. Perché il segretario del Pd non deve più essere quello che si vede nei pastoni del Tg mentre esce o entra a via del Nazareno. Ma quello che inaugura un giardino o una biblioteca o aggiusta una strada. Il Pd non sarà più il partito delle auto blu e delle riunioni nelle stanze chiuse».
Segretario e sindaco però è un doppio incarico. Guidare il Pd, dice D’Alema, non è un hobby.
«Perché se diventa segretario Cuperlo, che è parlamentare, non c’è doppio incarico? E Civati, anche lui deputato? E Pitella, che è al Parlamento europeo? Chissà perché questa cosa vale solo per Renzi».
L’altra sera in tv un anziano militante del Pd spiegava: «Ho sempre votato a sinistra, ma questa volta scelgo Renzi». Che gli direbbe?
«Che sono molto più a sinistra di tanti ex Pci. Lo dicono le cose fatte a Firenze a cominciare dal piano regolatore che blocca l’espansione del cemento, dagli investimenti aumentati per il sociale alla cultura. Però una sinistra con la puzza sotto il naso non ci serve. Il Pd alle prossime elezioni deve vincere e quindi andare a conquistare i voti».
Con Cuperlo già si parla di gestione unitaria dopo le primarie.
«È prematuro. Ma io quando dico che voglio rottamare le correnti non faccio propaganda. Sono andato al mio circolo per votare come segretario uno (Incatasciato, sindaco di Fiesole ndr) che alle primarie voterà Cuperlo. Non voglio che il Pd viva di correnti. Non sono per i più fedeli, ma per i più capaci. Gianni lo stimo, come anche Civati e Pittella, ma ho idee diverse e le differenze stanno emergendo. Il dopo si vedrà. Ora voglio vincere le primarie perché voglio che il Pd vinca le prossime elezioni. L’altra volta abbiamo fatto grandi discorsi e poi abbiamo riportato al governo Brunetta e Alfano. Questa volta non si può sbagliare».
Il suo Pd sta dentro il Pse?
«Io dico assolutamente sì. Spero lo dicano anche tutti i sostenitori di Cuperlo. Nel Pse per cambiarlo e allargarlo a tutte le forze democratiche e progressiste, perché c’è da cambiare l’Europa».
«A ogni passaggio istituzionale dicono “adesso Renzi è finito, ha perso tutto”. Sono già finito sei o sette volte. Ma siccome sono molto pragmatico, faccio il sindaco, mi interessa cosa il governo fa per gli italiani, non quanto dura. Non mi interessa di essere logorato anche perché ho 38 anni ed è un rischio che non corro. Io posso aspettare, ma non so se può aspettare l’Italia».
È per questo che rifarà il sindaco di Firenze?
«No, la scelta è legata all’idea che ho di partito».
Che Pd sarà quello di Renzi?
«Aperto, trasparente, partecipato. Un partito vero che si basa su tre gambe: parlamentari, amministratori e circoli. Fra Camera e Senato abbiamo circa 400 eletti. Siamo la maggioranza eppure fin qui è sembrato che l’agenda la gestisse solo Brunetta. Facciamoli giocare. Sono una ricchezza del Pd, vanno valorizzati. Se eletto, li riunirò una volta alla settimana, al massimo ogni 15 giorni perché un segretario non decide da solo. Poi abbiamo i circoli. Siamo ovunque, nei luoghi di lavoro, in ogni città. Apriamoli, facciamoli vivere, spalanchiamoli. Valorizziamo gli iscritti. Chi prende la tessera è perché decide di partecipare a una scommessa collettiva. Facciamo un partito veramente radicato, ma ricco di idee, non di dipartimenti nazionali. Nei territori da 800mila iscritti siamo scesi a 250mila, da 12 milioni di voti siamo calati a 10. Qualcosa non ha funzionato. E poi ci sono gli amministratori, la terza gamba. Governiamo oltre 5mila comuni su 8mila. Non vanno più lasciati soli, messi da parte e richiamati solo ogni 5 anni. Come se fossero amministratori di condominio. Perché sono uomini e donne che ogni giorno si confrontano coi problemi reali delle persone e cercano soluzioni, non parole. Ecco perché voglio fare il sindaco. Perché il segretario del Pd non deve più essere quello che si vede nei pastoni del Tg mentre esce o entra a via del Nazareno. Ma quello che inaugura un giardino o una biblioteca o aggiusta una strada. Il Pd non sarà più il partito delle auto blu e delle riunioni nelle stanze chiuse».
Segretario e sindaco però è un doppio incarico. Guidare il Pd, dice D’Alema, non è un hobby.
«Perché se diventa segretario Cuperlo, che è parlamentare, non c’è doppio incarico? E Civati, anche lui deputato? E Pitella, che è al Parlamento europeo? Chissà perché questa cosa vale solo per Renzi».
L’altra sera in tv un anziano militante del Pd spiegava: «Ho sempre votato a sinistra, ma questa volta scelgo Renzi». Che gli direbbe?
«Che sono molto più a sinistra di tanti ex Pci. Lo dicono le cose fatte a Firenze a cominciare dal piano regolatore che blocca l’espansione del cemento, dagli investimenti aumentati per il sociale alla cultura. Però una sinistra con la puzza sotto il naso non ci serve. Il Pd alle prossime elezioni deve vincere e quindi andare a conquistare i voti».
Con Cuperlo già si parla di gestione unitaria dopo le primarie.
«È prematuro. Ma io quando dico che voglio rottamare le correnti non faccio propaganda. Sono andato al mio circolo per votare come segretario uno (Incatasciato, sindaco di Fiesole ndr) che alle primarie voterà Cuperlo. Non voglio che il Pd viva di correnti. Non sono per i più fedeli, ma per i più capaci. Gianni lo stimo, come anche Civati e Pittella, ma ho idee diverse e le differenze stanno emergendo. Il dopo si vedrà. Ora voglio vincere le primarie perché voglio che il Pd vinca le prossime elezioni. L’altra volta abbiamo fatto grandi discorsi e poi abbiamo riportato al governo Brunetta e Alfano. Questa volta non si può sbagliare».
Il suo Pd sta dentro il Pse?
«Io dico assolutamente sì. Spero lo dicano anche tutti i sostenitori di Cuperlo. Nel Pse per cambiarlo e allargarlo a tutte le forze democratiche e progressiste, perché c’è da cambiare l’Europa».
L’Unità, 20 ottobre 2013
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