I Carabinieri della Compagnia di Palermo Piazza
Verdi hanno condotto, dalle prime ore del mattino, una vasta operazione antidroga
con l’esecuzione di 42 misure di custodia cautelare (di
cui 32 in carcere e 10 agli arresti
domiciliari), emesse dal G.I.P. del
Tribunale di Palermo su richiesta della locale D.D.A., nei confronti di
altrettanti indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di “associazione per delinquere finalizzata al
traffico illecito di sostanze stupefacenti” (art.
74 D.P.R. 309/1990), per
essersi associati tra loro al fine di commettere più delitti di acquisto,
detenzione, trasporto, cessione, commercio di sostanza stupefacente del tipo
hashish, cocaina e marijuana, e di “produzione, traffico e detenzione illeciti
di sostanze stupefacenti” continuata e in concorso, per avere, con
più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, detenuto ai fini di
spaccio e ceduto a più persone sostanza stupefacente del tipo hashish, cocaina
e marijuana (artt. 110 e 81 cpv
C.P. e 73 D.P.R. 309/1990).
GUARDA LE FOTO DEGLI ARRESTATI
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L’esecuzione dei provvedimenti conclude una
complessa attività investigativa sviluppata dai Carabinieri della Compagnia di
Palermo Piazza Verdi sotto la direzione della Procura della Repubblica presso
il Tribunale di Palermo – DDA
(Procuratore Aggiunto Teresa PRINCIPATO, Sostituti Procuratori Dott.
Sergio BARBIERA, Dott. Maurizio AGNELLO, Dott.ssa Amalia LUISE).
Le
indagini, sviluppate dal 2010, nascono dalle evidenze raccolte dai Carabinieri
nel corso di pregresse attività che avevano già mostrato l’importanza di “Piazza
Guadagna” nel mercato degli stupefacenti, nonché la capacità
dell’organizzazione che la gestiva di rinascere a nuova vita nonostante
numerose operazioni di contrasto portate a termine dalle Forze di polizia: da
qui il nome convenzionale dell’indagine “Araba Fenice”.
Con
l'intento di non fermarsi al primo anello della catena, gli investigatori hanno
sfruttato tutti i mezzi previsti dal quadro normativo di riferimento, compreso l'istituto
del ritardato arresto, attivando intercettazioni telefoniche, video-ambientali
e continuando ad osservare con mirati servizi i principali attori di questa
attività al fine di inquadrare l’organizzazione criminale nella sua interezza.
È
stato necessario oltre un anno di indagini per riuscire a raccogliere le prove
necessarie ad individuare due distinte associazioni finalizzate allo spaccio di
stupefacenti nonché un consistente numero di spacciatori che operosamente
cedevano la sostanza nel dedalo di vie difficilmente controllabili limitrofe a
Piazza Guadagna. Grazie al costante impegno si è riuscito a dimostrare come
“Piazza Guadagna”, immersa nel cuore dell'omonimo quartiere palermitano,
rappresentasse un vero e proprio ipermercato dello stupefacente in grado di
fornire ai sui avventori cocaina, eroina, hashish e marijuana, sia
al dettaglio che in quantità più consistenti che, acquistate, venivano a loro
volta tagliate e rivendute anche in altre province dell'Isola.
A
riscontro delle 42 ordinanze eseguite oggi sono state documentate centinaia di “cessioni”, talvolta
di pochi grammi per una decina di euro, altre di etti per parecchie centinaia
di euro, che hanno portato altresì a:
ü segnalare
69 persone alla Prefettura di Palermo ex art. 75 D.P.R. 309/90 (“uso
personale”);
ü arrestare
51 persone per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti;
ü arrestare 2 persone responsabili di coltivazione di
marijuana ed individuare 2 piantagioni di marijuana, una “indoor” ed un'altra mimetizzata tra le
coltivazioni, ad ulteriore riprova che parte dello stupefacente
commercializzato veniva direttamente prodotto sull'Isola;
ü sequestrare
oltre 6 kg di HASHISH , 8 kg
e 505 piante di MARIJUANA, nonché
COCAINA ed EROINA per un valore di
svariate migliaia di euro e la somma contate di 16.000 euro
Elemento
importante che emerge nel corso dell’intera attività d’indagine, è il fatto che
il quartiere “Guadagna” si propone quale
mercato di sostanze stupefacenti non solo per la città di Palermo perché si è
constatato che buona parte degli acquirenti all’ingrosso provenivano dalle province di Agrigento,
Trapani, Enna, Caltanissetta e Messina ove poi rivendevano lo stupefacente.
Le Associazioni
Nell’ambito
del quartiere sono state individuate due
associazioni finalizzate allo spaccio di sostanze stupefacenti, entrambe dotate
di una struttura tendenzialmente gerarchica e legate dalla consapevolezza del
singolo di aderire in maniera attiva e stabile ad un’organizzazione permanente
volta ad individuare le fonti di approvvigionamento della sostanza, condividere
le basi logistiche utili per lo stoccaggio, il taglio ed il confezionamento al
dettaglio della sostanza, piazzare sul mercato lo stupefacente e dividerne i
frutti. Mai in contrapposizione tra di loro, le due associazioni erano anzi
disponibili a scambiarsi reciprocamente lo stupefacente ed a collaborare per il controllo della piazza e la gestione
dei singoli pusher e vedette[1].
Delle
due associazioni[2], la più importante è
sicuramente quella capeggiata da LUCERA Antonino, classe 1976, detto anche “NINO”,
che rappresenta il vero e proprio punto di riferimento di tutta la piazza anche
per via delle parentele di spessore mafioso che lo stesso non esitava a
sfoggiare. A bordo della sua macchina, trasformata in ufficio mobile, LUCERA decideva
l’acquisto dello stupefacente, l’approvvigionamento da questo o da quel
produttore diretto ovvero “l’importazione” da fuori dell’Isola, commentava il
lavoro dei pusher e li avvicinava per dar loro delle dritte su come spacciare e
non farsi arrestare (“gliel'ho detto, a sto picciutteddu... siete
soci e lavori tu solo, e lui non c'è... almeno fatti guardare la strada,
l'altro ieri, qualche dieci che aspettavano là davanti, che aspettavano a...e
lui da solo... gli dissi, onestamente, non sono cose che... tu ti vai a cercare
la galera, così?... almeno quello ti guarda la strada... no, tu solo là davanti
significa, arrestatemi...ah”)
e sul quanto dovessero lavorare (“… e se vendi 20 stecche al giorno, di dieci euro…
guadagni 300 euro la settimana… con scommessa di sopra… 20 stecche al giorno
devi vendere…”), manteneva i conti dell’attività
lamentandosi spesso della presenza delle forze dell’ordine (“…lo sai cos’è,
cugino?…ci sono troppi sbirri e non possono lavorare certuni…ho… ho due di
DALLAS, che mi lavorano forte… ed ha quattro giorni che ci sono queste Kawasaki
che ci sca… e quello dice, NINO, per venti…per venti euro, dobbiamo perdere
tutte cose?”)
L’attività di
spaccio pare essere per il Lucera una questione di famiglia: dalle ultime
intercettazioni è infatti riemersa la vicenda della morte del padre, Luigi LUCERA,
che nel marzo del 1990 venne trovato morto unitamente allo zio SANTO
all’interno di un casolare ubicato in zona Villagrazia di Palermo, dove i due,
al termine di uno “schiticchio” a base di capretto e patate, vennero uccisi a
colpi di ascia. Il delitto, ancora irrisolto, venne inquadrato come un
regolamento di conti nell’ambito dello spaccio di stupefacenti:
nell’intercettazione Antonino pare essersi convito che il padre sia stato
tradito da una parte della sua “parentela” che allo stato attuale è “rovinata …chi è in galera, chi ha l’ergastolo,
chi si è fatto pentito, di loro…” e con la quale invita i propri soci a non
fare più affari. Nell’ambito dell’intercettazione emerge poi un particolare di
colore che fa ben comprendere come l’attività di spaccio in queste famiglie sia
spregiudicata ed intrinsecamente legata alla quotidianità: Arizzi si lamenta
con Lucera del comportamento del proprio figlio che a tre anni e mezzo “ripete tutte cose… è andato a dire… mio
padre vende il fumo… ahhh… e lo sai come fu… che gliel’ha detto… ed è venuto il
bidello della scuola…e sono venuti… mi fa, vedi che tuo figlio mi disse così…
che fa? …e che ti ha detto? … e che gli ho dovuto fare? …gli ho levato
giocattoli… la play station gli ho levato… gli ho levato… “legnate abbuscò”
L’attività di spaccio: pusher e vedette
Nella piazza operavano costantemente tra i dieci ed
i quindici soggetti che fungevano sia da “pusher” che da vedette. Per rendere
più complessa l’individuazione della cessione e la configurazione del reato,
gli spacciatori operavano in totale sintonia tra loro effettuando gli scambi in
concorso (chi riceveva i soldi
non era mai chi consegnava la singola dose così come nessuno aveva mai la
disponibilità diretta ed immediata di un quantitativo di droga che potesse di
per sé integrare la detenzione ai fini di spaccio)
sotto la stretta sorveglianza dell’area da parte delle vedette che a bordo di
potenti scooter “pattugliavano” tutto il giorno la zona “Guadagna”, sia per
avvertire del passaggio di pattuglie delle Forze dell’ordine che per indirizzare
qualche acquirente spaesato. Nell’ambito dell’organizzazione, i ruoli di Pusher
o Vedetta erano assolutamente intercambiabili anche nell’arco della medesima
giornata. Intercambiabili erano anche i clienti che spesso si fidelizzavano
alla piazza e cominciavano a fare ordini di quantitativi ben precisi via
telefono a quello che era diventato il loro spacciatore di fiducia che poi li
indirizzava, al momento dell’acquisto, al pusher di turno.
Pur non potendo documentare una gerarchia tra gli
spacciatori si è potuto notare come questi fossero più o meno capaci nel loro
“mestiere” sia per le accortezze utilizzate che per i richiami ricevuti dal
“capo-piazza”: solo a titolo di esempio si nota come i più accorti e capaci tra
i pusher avessero un loro giro di clientela ben selezionata e molto attenta a “non sbagliare a parlare per telefono”,
utilizzassero delle vere e proprie “schede
di servizio” dedicate unicamente allo spaccio ed intestate a terzi, spesso
tossicodipendenti, che erano disposti a cedere la loro “sim” in cambio di una
dose. Anche nel parlare i più “anziani”
non facevano mai apertamente riferimento alla droga chiacchierando al più dei caffè
da prendere al bar piuttosto che dell’acquisto di macchine, motori, scarpe,
borse o ancora di appuntamenti con Maria o Marilena. I meno esperti invece utilizzavano
telefoni intestati a loro stessi, o a parenti prossimi, parlavano con i clienti
in maniera chiara di fumo, erba e quantitativi da cedere e non si curavano di
farsi guardare le spalle mentre spacciavano: questo comportamento veniva ripetutamente
criticato dal capo piazza, irritato dal rischio di interrompere l’attività per
l’arrivo delle forze dell’ordine con la conseguente perdita dello stupefacente che
doveva essere immediatamente buttato via.
Nell’arco dell’indagine sono stati documentati
centinaia di scambi che hanno permesso infine di arrestare 35 spacciatori al
dettaglio i quali, in concorso tra di loro, operavano mantenendo attiva la
piazza giorno e notte, per conto dei promotori dell’associazione.
Palermo, 22 ottobre 2013
[1] Le
indagini hanno comprovato che tutto lo stupefacente veniva ceduto con identico
confezionamento (un involucro di cellophane trasparente chiuso con nastro
adesivo/isolante di colore bianco/grigio/nero/verde/rosso) e che, a secondo dei
periodi, panetti di hashish da 100 gr. dello stesso tipo, come dimostrato dai
simboli su di essi stampati, veniva
ceduto all’ingrosso da entrambe le associazioni;
[2] La
prima capeggiata da LUCERA Antonino,
detto anche “Nino”, coi sodali ARIZZI
Carmelo Francesco, PALAZZO Raimondo, MARSALONE Salvatore, detto anche “U GIGI
BULL”; la seconda capeggiata da ALGOZZINO Matteo unitamente alla moglie
BILLITTERI Rosalia e RAGOLIA Marco Antonio
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