Totò Riina |
di SALVO PALAZZOLO
Durante uno spostamento in carcere,
il capo di Cosa nostra si rivolge agli agenti della penitenziaria: accusa
Provenzano e Ciancimino di avere avuto un ruolo nella sua cattura. Una
relazione della polizia è stata inviata alla Procura di Palermo
"Sono stati loro a venire da me, non io da
loro". E poi: "Mi hanno fatto arrestare Provenzano e
Ciancimino". Il boss Totò Riina lancia altri messaggi sibillini, questa
volta con un chiaro riferimento alla trattativa Stato-mafia. Qualche settimana
fa, mentre stava per essere trasferito dalla sua cella alla saletta delle
videoconferenze, ha detto agli agenti penitenziari alcune frasi che suonano
come una conferma alle indagini della Procura di Palermo.
"Sono stati loro a venire da me, non io da loro", sembra un riferimento al dialogo segreto che nel giugno del 1992 venne avviato da alcuni ufficiali del Ros con l'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino. L'altra frase - "Mi hanno fatto arrestare Provenzano e Ciancimino - sembra invece una conferma alle parole di Massimo Ciancimino, che ha descritto gli incontri riservati del padre Vito con l'ex comandante del Ros Mario Mori.
MAFIA: LUMIA (PD), TOTO' RIINA LA SMETTA DI GIOCARE E COLLABORI CON LA GIUSTIZIA
"Le frasi pronunciate dal boss Totò Riina durante una pausa del processo sulla trattativa Stato-mafia - dice il senatore Giuseppe Lumia, capogruppo Pd in Commissione Giustizia - confermano quanto già emerso dalle indagini condotte dalla magistratura e dalle forze dell'ordine. Non è la prima volta che Riina pronuncia frasi sibilline su una vicenda che ha segnato col sangue la storia del nostro Paese. Pertanto la smetta di giocare in questo modo e decida una volta per tutte di collaborare con la giustizia. Non c'è più tempo per i segreti".
"Sono stati loro a venire da me, non io da loro", sembra un riferimento al dialogo segreto che nel giugno del 1992 venne avviato da alcuni ufficiali del Ros con l'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino. L'altra frase - "Mi hanno fatto arrestare Provenzano e Ciancimino - sembra invece una conferma alle parole di Massimo Ciancimino, che ha descritto gli incontri riservati del padre Vito con l'ex comandante del Ros Mario Mori.
Queste frasi sono contenute in una relazione di servizio stilata da alcuni
agenti del Gom, il gruppo speciale della polizia penitenziaria che si occupa
della gestione dei detenuti eccellenti. La relazione è stata inviata ai
magistrati della Procura di Palermo che si occupano della trattativa
Stato-mafia, Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia. Questa
mattina, la relazione è stata depositata al processo per la trattativa, che si
svolge nell'aula bunker dell'Ucciardone di Palermo.
I magistrati hanno deciso per il momento di non interrogare Riina, che è imputato nel processo della trattativa. Sono stati invece ascoltati gli agenti della penitenziaria a cui il capomafia ha rivolto quelle frasi, nel carcere milanese di Opera. Gli agenti hanno confermato il contenuto della loro relazione.
E' la prima volta che il capo di Cosa nostra parla della trattativa. Nei suoi interrogatori ha sempre negato. E soprattutto ha difeso il suo complice Bernardo Provenzano. Adesso, invece, Totò Riina cambia strategia, proprio all'inizio del processo per la trattativa. Ed è una strategia tutta da interprestare, posto che il capo di Cosa nostra continua a non avere alcuna intenzione di collaborare con la giustizia.
Il processo
Nel corso dell'udienza di questa mattina, i pubblici ministeri Di Matteo e Tartaglia hanno risposto alle eccezioni presentate dagli avvocati della difesa: "Il reato di falsa testimonianza contestato a Nicola Mancino - hanno detto - non è ministeriale perchè è stato commesso quando l'imputato non rivestiva più incarichi di governo, e in ogni caso non vi è un legame funzionale con tali incarichi". Per questa ragione, la Procura ritiene che il processo debba restare a Palermo e non essere traferito a Roma, come hanno chiesto i legali di Nicola Mancino. La corte deciderà nell'udienza di giovedì prossimo.
I magistrati hanno deciso per il momento di non interrogare Riina, che è imputato nel processo della trattativa. Sono stati invece ascoltati gli agenti della penitenziaria a cui il capomafia ha rivolto quelle frasi, nel carcere milanese di Opera. Gli agenti hanno confermato il contenuto della loro relazione.
E' la prima volta che il capo di Cosa nostra parla della trattativa. Nei suoi interrogatori ha sempre negato. E soprattutto ha difeso il suo complice Bernardo Provenzano. Adesso, invece, Totò Riina cambia strategia, proprio all'inizio del processo per la trattativa. Ed è una strategia tutta da interprestare, posto che il capo di Cosa nostra continua a non avere alcuna intenzione di collaborare con la giustizia.
Il processo
Nel corso dell'udienza di questa mattina, i pubblici ministeri Di Matteo e Tartaglia hanno risposto alle eccezioni presentate dagli avvocati della difesa: "Il reato di falsa testimonianza contestato a Nicola Mancino - hanno detto - non è ministeriale perchè è stato commesso quando l'imputato non rivestiva più incarichi di governo, e in ogni caso non vi è un legame funzionale con tali incarichi". Per questa ragione, la Procura ritiene che il processo debba restare a Palermo e non essere traferito a Roma, come hanno chiesto i legali di Nicola Mancino. La corte deciderà nell'udienza di giovedì prossimo.
(La Repubblica, 01 luglio 2013)
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