Margherita Hack |
Astrofisica di rilevanza internazionale, Margherita Hack è morta a Trieste
all'età di 91 anni. Intellettuale molto amata per la sua attività di
divulgazione scientifica e l'impegno politico. Prima donna a dirigere un osservatorio.
Militante della ragione e del razionalismo, non si tirava mai indietro davanti
alle battaglie per i diritti civili. Margherita Hack è morta a Trieste nella
notte di ieri, all'età di 91 anni. Per sua scelta, recentemente non si era
sottoposta a un intervento chirurgico per alleviare i problemi cardiaci che da
tempo l'affliggevano. «Preferisco morire sorridendo», aveva confessato al
giornalista e amico Federico Taddia, a cui aveva raccontato i suoi primi
novant'anni in una recente autobiografia.
Astrofisica di rilevanza
internazionale, Margherita Hack è stata un'intellettuale molto amata dal grande
pubblico, cui l'avevano avvicinata l'attività di divulgazione scientifica e
l'impegno politico, sempre orientato a sinistra. Era nata a Firenze nel 1922, e
tutta la sua educazione scientifica e sentimentale si compì durante il
fascismo: si era sposata nel '44 con Aldo De Rosa, e nel '45, a guerra appena
finita, si era laureata alla facoltà di fisica dell'ateneo fiorentino. La
carriera scientifica l'allontanò ben presto da casa: prima a Milano e poi a
Trieste, dove approdò ne 1964 alla guida dell'Osservatorio astronomico. Era
giunta alla cattedra grazie alle sue ricerche sulla spettroscopia stellare,
cioè sull'analisi della luce emessa dagli astri. Tale radiazione è composta da
onde diverse e sovrapposte, un po' come le varie note che formano il suono di
un'orchestra. Dalla scomposizione della luce possiamo imparare molto sulla
chimica e sulla fisica delle stelle e delle galassie, così come il timbro
sonoro ci fa capire se nell'orchestra suonino gli archi o i fiati. In questo
modo riusciamo a classificare corpi celesti lontanissimi. E proprio questa era
la specialità di Margherita Hack, cui nel 1995 l'Unione Astronomica
Internazionale aveva dedicato la denominazione di un asteroide scoperto da due
ricercatori italiani, Andrea Boattini e Luciano Tesi. A Trieste è poi rimasta
tutta la vita, anche quando a settant'anni aveva dovuto abbandonare la sua posizione
accademica. Non si era trattato certo di un ritiro a vita privata, anzi. Negli
ultimi vent'anni, Margherita Hack è stata presente più che mai sulla scena
pubblica. Ancora pochi mesi fa non era difficile ascoltarla in incontri su
tematiche scientifiche. D'altronde, l'attività di divulgazione l'aveva
appassionata sin dagli inizi della carriera, visto che i suoi primi saggi per
il grande pubblico risalgono agli anni '50 (alla fine, saranno una
cinquantina). Quasi involontariamente, con le sue apparizioni pubbliche era
finita per diventare un'icona dell'Italia anti-Berlusconi, di cui pareva
interpretare anche nelle apparenze l'esatto opposto. La dialettica schietta ne
aveva fatto un beniamino dei media alla ricerca di posizione inequivoche in
tempi di inciuci e larghe intese. E Margherita Hack non si tirava indietro.
Mai, però, si era trasformata in un rissoso personaggio da talk show. Semmai,
erano proprio la sua semplicità e le frasi dritte al punto a strappare
applausi. L'unica fede, o meglio militanza, l'aveva riservata alla ragione e al
razionalismo. Alle ultime elezioni era candidata nella lista «Democrazia atea»,
ma lei stessa sminuiva, «non me n'è mai fregato nulla della religione, a esser
sincera». E della morte, gliene fregava? «Quando c'è lei non ci sono io, e
quando ci sono io non c'è la morte. Della malattia sì, ho paura. Per questo
sono favorevole all'eutanasia», aveva risposto in un'intervista a Repubblica di
qualche anno fa. Aborto, Pacs, cellule staminali: non c'era battaglia civile a
cui non abbia prestato sostegno, senza risparmiare nulla nemmeno ai
tentennamenti del centrosinistra. Infatti sono stati altri a candidarla: i
Comunisti Italiani nel 2005 in Lombardia, poi la Federazione della Sinistra nel
2009. Ci metteva volentieri la faccia, ma il palazzo la interessava poco, visto
che a ogni elezione lasciò il seggio ad altri. La vivacità del suo impegno
civile non deve oscurare la scienziata Hack, figura assai moderna non solo in
quanto prima donna a dirigere un osservatorio. Margherita Hack è stata una
straordinaria manager della ricerca, capace di condurre l'Osservatorio di
Trieste dalla marginalità alla ribalta internazionale in vent'anni. Sapeva che
la ricerca è un'impresa da tutelare perché l'azionista principale, che è
pubblico, non è dei più solidi. Per questo, invece di aspettare la pensione
come altri colleghi divulgatori, aveva iniziato presto a convincere gli
italiani che, oltre alle strade, dopo la guerra anche la ricerca di base doveva
essere costruita. Hack fu così una delle principali fautrici della
partecipazione italiana alle missioni internazionali in ambito astrofisico e si
dedicò in prima persona alla loro organizzazione nei gruppi di lavoro
internazionali all'Esa e alla Nasa. Se in questo momento in orbita sulla Stazione
Spaziale Internazionale c'è un italiano, Luca Parmitano, lo dobbiamo anche a
lei.
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